Quale grafologa giudiziaria, recentemente, sono stata contattata da una signora la quale mi ha posto due quesiti.
Il primo quesito aveva ad oggetto un confronto tra alcune scritture certe, in quanto si trattava di una perizia tecnica compilata interamente a mano da un Architetto e poi firmata (e non come avviene di solito redatta con un computer e poi sottoscritta), ed altre scritture e firme dello stesso professionista, e fin qui ho avuto la possibilità di esprimere il mio parere come grafologa.
L’altro quesito invece riguardava la datazione degli inchiostri, in quanto la Signora era convinta che alcuni “estremi catastali” fossero stati apposti in epoca diversa, successiva alla perizia tecnica, accertamento alquanto difficile da eseguire giacché ciò è possibile soltanto su inchiostri provenienti da penne a sfera (tipo “bic”) e non da penna gel o stilografica, che non sono databili, allora occorre eseguire preventivamente una analisi in microscopia ottica per individuare quale tipologia di penna è stata utilizzata.
Purtroppo, attribuire ad uno scritto o firma una datazione precisa risulta essere alquanto improbabile, anche perché è impossibile risalire al giorno e nemmeno al mese in cui sono state redatte scritture o firme, i risultati sono espressi in “probabilità” più o meno elevata, vi è un range di qualche mese, circa cinque o sei, dove non si nota la differenza tra uno scritto e l’altro oppure tra un testo manoscritto e una firma, la situazione ottimale sarebbe che fosse trascorso come minimo un anno affinché gli esperti del settore notino la differenza.
Ho consigliato comunque alla Signora di rivolgersi ad un laboratorio specializzato preposto a questo tipo di accertamenti dove vi lavorano dei chimici forensi che possono rilasciare una perizia giurata spendibile ai fini di un eventuale procedimento giudiziario.
Anche per quanto concerne i testamenti olografi vengo spesso interpellata per sapere se è possibile stabilire se una firma del “de cuius” è stata apposta prima del testo manoscritto, quindi in molti hanno il sospetto che al loro congiunto sia stato fatto firmare il foglio in bianco, una volta accertato che la firma è autentica.
Come sopra illustrato, non è semplice pervenire a tale accertamento, perché in primo luogo l’esame dell’inchiostro deve essere eseguito su un manoscritto che non sia una fotocopia, quindi sempre su originale, poi tra la firma che si ritiene essere stata apposta prima ed il testo deve essere trascorso un lasso di tempo significativo, parliamo di uno o più anni, al fine di accertare il differente invecchiamento dell’inchiostro, inoltre la tecnica con la quale viene eseguito l’accertamento è distruttiva quindi il manoscritto non sarà più utilizzabile, parliamo di un esame irripetibile.
Un modus operandi molto diffuso è quello del c.d. “foglio bianco”, quando una persona, spesso anziana, si fida di un parente o conoscente e firma un foglio privo di contenuto. Ritengo che nel caso dell’abuso del foglio firmato in bianco si tratti di un inganno ancora peggiore di quello che riguarda la falsificazione, e di solito queste persone non si preoccupano nemmeno di imitare la scrittura del “de cuius” perché di sicuro conoscono molto bene la vittima probabilmente è una persona piuttosto anziana con scarsa attitudine alla scrittura, spesso con scarso livello di istruzione ed in grado soltanto di apporre il proprio nome e cognome. In questi casi, questi soggetti sono al corrente che sarebbe anche molto difficile individuare scritture certe di comparazione qualora un parente estromesso dall’eredità volesse impugnare il suddetto testamento, per cui essendo la firma autentica – e quando non vi sono scritture la consulenza si basa soltanto sulla firma – si sentono al sicuro ma non abbastanza perché un esperto grafologo saprà individuare la giusta via per dare voce a chi non ha più la possibilità di farlo.
Patrizia Belloni
Grafologa Giudiziaria e Giornalista
Specializzata in analisi e comparazione di testamenti olografi
www.patriziabelloni.it