Il testamento olografo in una lettera

Il testamento olografo, scritto di proprio pugno dal testatore, riveste una peculiare importanza nell’ambito del diritto civile e della grafologia giudiziaria sicché appare opportuno porre all’attenzione una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Sent. n. 26791/2016). Detta pronuncia dei giudici di legittimità riguarda la possibilità di qualificare come testamento olografo ex. art. 602 c.c. una lettera autografa indirizzata ai nominati eredi.

Secondo la Corte di Cassazione, la lettera, indirizzata a una o più persone  può essere considerata un valido testamento.

Tale atto deve contenere le ultime volontà del testatore e deve a lui essere riferibile.  Pertanto, la lettera deve essere scritta e firmata dal testatore e non deve essere stata anche redatta con computer e/o altri strumenti tipografici o informatici e poi inviata ai destinatari.

La Suprema Corte ha affermato, inoltre, che non rileva che il testamento non sia stato scritto nelle forme classiche, ma solamente con una lettera indirizzata a uno dei beneficiari.

Risulta sufficiente che dal documento si possano ricavare con sufficiente certezza la volontà e l’identità del testatore.

La lettera, purché firmata, può essere inviata anche a uno dei beneficiari, purché sussistano tutti i presupposti di legge, tra cui la certezza della sottoscrizione e sia chiara l’effettiva volontà del testatore, comunque essa sia espressa.

La pronuncia in parola è conforme alla consolidata giurisprudenza secondo la quale il testamento olografo può essere redatto in qualsiasi forma, purché in presenza di elementi univoci, quali la sottoscrizione del testatore e l’espressione della sua volontà testamentaria.

Si può concludere affermando la rilevanza della manifestazione inequivoca della  volontà del testatore di lasciare i beni secondo lo schema indicato nella missiva e l’autografia della stessa.

Gabriele Colasanti

Progetto di grafologia aziendale

Da anni mi dedico allo studio della grafologia, disciplina complessa ed affascinante. Dedicandomi alle sue varie sfaccettature ed agli impieghi  di tale disciplina nei vari ambiti,  mi sono particolarmente interessata al suo utilizzo nell’ambito  professionale e lavorativo. Il mio interesse nasce da  una mia pluriennale esperienza lavorativa maturata in una grande azienda ed avendo in tal modo potuto conoscere le problematiche relative alla gestione di una grandissima risorsa per l’azienda qual è la gestione delle risorse umane.

In questo spazio che mi è stato offerto,  volevo lanciare un messaggio ai lettori riguardante il mio progetto di avviare uno studio sull’applicazione della grafologia all’orientamento professionale.

Invito per tale motivo, se qualcuno fosse interessato a conoscere  generalmente quali siano le sue inclinazioni o le sue maggiori propensioni professionali, ad inviare  uno scritto autografo di circa 10/15 righe di contenuto assolutamente libero, indicando soltanto l’età, il titolo di studio e l’eventuale occupazione, rimanendo i dati personali del tutto anonimi.

Sperando in una fattiva collaborazione, auguro a tutti “Buon lavoro!”

Claudia Ducci

 

Consulenza tecnica d’ufficio un caso di nullità da evitare

La contraddittorietà tra le parti in sede di contenzioso civile deve essere sempre salvaguardata e qualora il Consulente tecnico d’ufficio nell’espletamento dell’incarico ricevuto dal giudice non si conformi a tale principio acquisendo irritualmente dati e documenti da una delle parti in causa, rischia di vedere vanificato il proprio lavoro dalla successiva dichiarazione di nullità della C.T.U. che potrà essere rilevata in qualsiasi grado di giudizio. Una recente sentenza del 23 giugno 2015, la n.12921 della Suprema Corte di Cassazione – Sezione terza civile ha infatti ribadito che la documentazione oggetto dell’esame tecnico del consulente deve essere conosciuta da entrambe le parti in causa. Dal corpo della sentenza abbiamo estrapolato alcuni passi significativi per comprendere le censure mosse all’operato del consulente tecnico d’ufficio e più in particolare per individuare quei possibili errori che il Consulente grafologo chiamato a svolgere l’incarico di CTU dal giudice civile potrebbe commettere seppure in piena buona fede “ La corte d’appello ha deciso di non avvalersi delle risultanze della consulenza tecnica perché ne ha dichiarato la nullità, in quanto solo in sede di consulenza tecnica, in violazione sia dei termini per la produzione documentale che del principio del contraddittorio, una delle parti (1)ha trasmesso direttamente al consulente una serie di documenti atti a comprovare…. suscitando le immediate contestazioni della controparte.” Nello specifico il CTU ai fini dell’espletamento del suo incarico acquisiva direttamente da una delle parti in causa dati documentali necessari per elaborare una risposta ai quesiti del giudice, ritenendo che potesse avvalersi del principio secondo il quale al consulente tecnico è consentito acquisire aliunde i dati necessari per svolgere l’accertamento affidatogli in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, da ultimo con la sentenza n.1901 del 2010 della Cassazione. Invero precisano i giudici della sentenza in commento “La giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che in tema di consulenza tecnica d’ufficio, rientri nel potere del consulente tecnico d’ufficio attingere “aliunde” notizie e dati, non rilevabili dagli atti processuali e concernenti fatti e situazioni formanti oggetto del suo accertamento, quando ciò sia necessario per espletare convenientemente il compito affidatogli, e che dette indagini possono concorrere alla formazione del convincimento del giudice purché ne siano indicate le fonti, in modo che le parti siano messe in grado di effettuarne il controllo, a tutela del principio del contraddittorio (Cass. n. 13686 del 2001, Cass. n. 3105 del 2004; Cass. n. 13428 del 2008; Cass. n. 1901 del 2010). E tuttavia occorre chiarire entro che limiti è legittimo l’esercizio di tale facoltà da parte del consulente e quali siano i dati, le notizie, i documenti che egli può acquisire aliunde. Il criterio guida è che si tratta di un potere funzionale al corretto espletamento dell’incarico affidato, che non comporta alcun potere di supplenza, da parte del consulente, rispetto al mancato espletamento da parte dei contendenti al rispettivo onere probatorio. Esso viene legittimamente esercitato in tutti i casi in cui al consulente sia necessario, per portare a termine l’indagine richiesta, acquisire documenti in genere pubblici non prodotti dalle parti e che tuttavia siano necessari per portare a termine l’indagine e per verificare sul piano tecnico se le affermazioni delle parti siano o meno corrette … Potrà anche, nel contraddittorio delle parti, acquisire documenti non prodotti e che possano essere nella disponibilità di una delle parti o anche di un terzo qualora ne emerga l’indispensabilità all’accertamento di una situazione di comune interesse … Può acquisire inoltre dati tecnici di riscontro alle affermazioni e produzioni documentali delle parti, e pur sempre deve indicare loro la fonte di acquisizione di questi dati per consentire loro di verificarne l’esatto e pertinente prelievo. Quindi l’acquisizione di dati e documenti da parte del consulente tecnico ha funzione di riscontro e verifica rispetto a quanto affermato e documentato dalle parti. Non è invece consentito al consulente sostituirsi alla stessa parte, andando a ricercare aliunde i dati stessi che devono essere oggetto di riscontro da parte sua, che costituiscono materia di onere di allegazione e di prova (ovvero gli atti e i documenti che siano nella disponibilità della parte che agisce e dei quali essa deve avvalersi per fondare la sua pretesa) che non gli siano stati forniti, acquisendoli, come è avvenuto in questo caso, dalla parte che non li aveva tempestivamente prodotti, nonostante l’opposizione della controparte, in quanto in questo modo verrebbe impropriamente a supplire al carente espletamento dell’onere probatorio, in violazione sia dell’art.2697 c.c.(2) che del principio del contraddittorio”. In conclusione è bene che il consulente grafologo incaricato della CTU dal giudice civile si attenga all’esaminare la documentazione già presente agli atti processuali o comunque prodotta dalle parti nel rispetto del principio della contraddittorietà, riservando alla sua iniziativa l’acquisizione di documenti pubblici ritenuti necessari a meglio espletare il proprio incarico. Osservando queste semplici ma essenziali raccomandazioni eviterà di incorrere nella dichiarazione di nullità della C.T.U.

Roberto Colasanti

1 Nota inserita dal redattore in luogo del nominativo di una delle parti in causa

2 Codice civile – Libro sesto – della tutela dei diritti – titolo II delle prove – art. 2697

Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.
Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda.