Scritture di comparazione

Le scritture di comparazione sono indispensabili per poter eseguire un corretto confronto con lo scritto in verifica, la cui identità deve essere ancora provata – “contestata” nel civile, “indiziata” nel penale: l’obiettivo dell’indagine peritale sui manoscritti è sostanzialmente quello di stabilire, attraverso uno studio comparativo, se provengano o no dalla stessa mano.

Come ho già menzionato in altri articoli, le suddette scritture devono essere numerose nonché coeve alla data del documento da esaminare, ma soprattutto omologhe; il che vuole dire che se devo svolgere una perizia su un testamento olografo scritto in corsivo ho bisogno di altri scritti in corsivo per la comparazione; se lo scritto in verifica è in stampatello ho necessità di avere altre scritture in stampatello; se trattasi di analizzare una firma devono essere prodotte altre firme certe e così via.

Una breve ma utile premessa per introdurre un caso che ho affrontato recentemente.

Sono stata contattata poco tempo fa tramite e-mail da un Avvocato del Foro di Roma, il quale mi chiedeva di esaminare un testamento olografo scritto in stampatello e con la firma in corsivo, dal padre di una sua assistita, la quale riteneva di poterlo impugnare perché sicura che si trattava di un falso.

Come da premessa, rispondevo facendo presente che, per effettuare una adeguata disamina preliminare del documento in verifica, avevo bisogno di altri scritti in stampatello e di firme coeve alla data del testamento da parte del “de cuius”; ma anche di quelle scritte che si sono susseguite nel corso degli anni.
Ciò al fine di potermi rendere conto della coerenza di stile grafico dello scrivente, della sintassi, nonché della variabilità grafica naturale. Infatti, quest’ultima appartiene a ciascuno di noi, e soltanto questo metodo – che confronta corsivo con corsivo, stampatello con stampatello e firme con firme – mi permette di arrivare ad una conclusione fondata, nel rispetto della metodologia alla quale ogni grafologo professionista si dovrebbe attenere.

Il giorno dopo ricevo invece una e-mail con allegato soltanto una copia di due firme grafometriche – firma elettronica avanzata (FEA) –, apposte in banca per prelevare dei soldi contanti poco tempo prima di redigere il testamento.

Mi rendo conto che sicuramente il professionista era in buona fede, ma è impossibile fare un confronto tra una firma apposta su un foglio di carta con una penna biro – quella vergata sul testamento – ed una grafometrica che viene apposta su tablet con uno speciale pennino elettronico e che rileva i parametri biometrici della persona che sta apponendo la propria firma.

I dati che vengono raccolti attraverso l’individuazione e l’approfondita ricerca delle costanti dimensionali, soprattutto proporzionali (come le misurazioni degli elementi che costituiscono la scrittura, il rapporto lettere maiuscole/ minuscole; minuscole basse/ minuscole alte; valori angolari), vengono trasposti in statistiche e in grafici, che successivamente verranno messi a confronto con altre firme grafometriche. Perciò, stessa tipologia di firma, stesso metodo di valutazione.

Per quanto riguarda invece l’analisi di una firma scritta su carta con penna biro, ci sono tre fondamentali istanze alle quali fare riferimento per arrivare ad una conclusione certa, e sono: 1) l’analisi preliminare ovvero l’osservazione immediata, il così detto “ colpo d’occhio” (qui viene in gioco molto l’esperienza) ; 2) l’analisi strumentale, quindi l’osservazione mediata, perché viene effettuata mediante apposita strumentazione; 3) illuminazione raggi UV e IR, che consentono di rilevare se ci sono cancellature di tipo chimico oppure tracciati sottostanti: con lenti a diversi gradi di ingrandimento quando l’osservazione richiede una maggiore attenzione sul giudizio dei tratti; con microscopio in alcuni casi specifici.

Come si può evincere, i metodi per redigere una perizia di una firma cartacea ed di una grafometrica sono ben distanti, e per questo motivo non si possono effettuare confronti tra scritture che richiedono un differente metodo di analisi.

Patrizia Belloni
Grafologa giudiziaria

Il grafologo consulente tecnico nelle indagini difensive

Nel corso di programmi televisivi ci siamo abituati a sentire il parere di esperti in merito a fatti di cronaca giudiziaria e, pertanto, il pubblico ha “familiarizzato” con le ricostruzioni della scena del crimine, profili psicologici del possibile autore del crimine e, per quanto concerne la grafologia, con l’analisi di scritti anonimi relativi ad una scomparsa, ad un delitto particolarmente atroce, etc.
Nel nostro ordinamento, tuttavia, il c.d. “processo mediatico” costituisce un mero corollario del diritto di cronaca, della libertà di opinione ed anche una delle moderne forme di pubblicità del processo penale atteso che, com’è noto, la legge è amministrata “in nome del popolo italiano”.
Tralasciando, quindi, l’analisi dei possibili risvolti negativi della “spettacolarizzazione” dei fatti di cronaca nera, va precisato che nel sistema processuale italiano, guardando a quello penale, è prevista la possibilità di far intervenire degli esperti, tra i quali i grafologi giudiziari, nella veste di consulenti tecnici. Detta facoltà di avvalersi di consulenti tecnici riguarda anche le “indagini difensive” dell’avvocato.
Invero, la Legge 397 del 2000 «Disposizioni in materia di indagini difensive» ha introdotto nel nostro ordinamento le «indagini difensive» estendendo il concetto di «diritto di difesa» e trovando fondamento e legittimazione nell’art. 24, comma 2, Cost. ove è stabilito che «La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento».
Pertanto, la possibilità per il difensore di svolgere attività di investigazione ha ridotto il divario esistente fra diritti dell’accusa e quelli della difesa, dando voce al principio della parità delle parti (art. 111 co. 2 Cost.) ed al principio del contraddittorio nella formazione della prova (art. 111 co. 4 Cost.).
L’art. 327 bis c.p.p. prevede che fin dal momento dell’incarico professionale, risultante da atto scritto, il difensore ha facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito e che tali attività (di investigazione difensiva) previste possono essere svolte, su incarico del difensore, dal sostituto, da investigatori privati autorizzati e, quando sono necessarie specifiche competenze, da consulenti tecnici .
Nel caso dell’art. 327 bis c.p.p. ricorre la figura del consulente tecnico di parte, il difensore munito di procura con atto scritto è il “responsabile” delle investigazioni difensive.
In tale contesto, il consulente tecnico è quel soggetto munito di particolari competenze tecniche che fornisce ausilio al il difensore nella ricerca di prove ed elementi di prova favorevoli al proprio assistito; nella valutazione degli elementi di prova già raccolti nonché nell’ individuazione delle strategie difensive.
Orbene, la consulenza grafologica (grafologia giudiziaria) rappresenta una delle materie oggetto della consulenza tecnica nell’ambito delle investigazioni difensive tanto per l’indagato quanto nell’interesse della persona offesa.
Numerosi sono i campi di applicazione della grafologia nel corso delle investigazioni potendo riguardare, ad esempio, una richiesta estorsiva, una ipotesi di diffamazione, la circonvenzione di incapace, la segnalazione di una persona scomparsa, etc.
Possiamo affermare che la consulenza tecnica grafologica nelle investigazioni difensive spesso riguarda l’analisi degli scritti anonimi c.d. «anonimografia» che si esprime attraverso diversi canali (biglietto o lettera anonima, murales, volantino, etc)
In conclusione, il consulente tecnico nelle indagini difensive svolge un’attività di fondamentale importanza per l’esercizio del diritto di difesa e per l’attuazione dei principi costituzionali del giusto processo.
Il grafologo giudiziario costituisce una figura professionale di riferimento talvolta indispensabile per l’esatta ricostruzione della fattispecie al vaglio dell’Autorità Giudiziaria.

Gabriele Colasanti
Avvocato
Giornalista pubblicista