L’istituto di credito è tenuto a verificare la corrispondenza della firma con lo specimen di firma depositato all’atto dell’apertura del conto corrente. Tuttavia, una recente pronuncia della Cassazione ha statuito che la responsabilità della banca sussiste solo laddove la falsificazione sia palese e rilevabile “a colpo d’occhio”.
Invero, i giudici di legittimità, con l’ordinanza n. 18641 del 3 luglio 2023 hanno affermato che in caso di pagamento da parte di una banca di un assegno con sottoscrizione apocrifa, l’ente creditizio può essere ritenuto responsabile non a fronte della mera alterazione del titolo, ma solo nei casi in cui tale alterazione sia rilevabile ictu oculi, in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo.
La suddetta pronuncia si fonda sui principi di diritto espressi dalle Sezioni Unite della Cassazione che, componendo un contrasto di giurisprudenza, hanno affermato, in che la banca negoziatrice chiamata a rispondere del danno derivato, per errore nell’identificazione del legittimo portatore del titolo, dal pagamento dell’assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola non trasferibilità a persona diversa dall’effettivo beneficiario, è ammessa a provare che l’inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’art. 1176, comma 2, c.c. (Cass. Sez. U. 21 maggio 2018, n. 12477).