A cura di Gabriele Colasanti
Con il termine scrittura privata nel linguaggio comune si intende quell’accordo firmato tra i cosiddetti privati cittadini senza l’assistenza di un pubblico ufficiale come il notaio, così per esempio si fa riferimento ad un contratto di locazione.
Dal punto di vista giuridico, invece, si definisce scrittura privata qualsiasi documento, non emanato da un pubblico ufficiale, recante la dichiarazione di volontà o di scienza avente rilevanza giuridica e la sottoscrizione dell’autore.
Elemento essenziale, quindi, è la sottoscrizione la quale consente di ricondurre il contenuto della scrittura privata ad una determinato soggetto che ne subirà gli effetti giuridici. Proprio chi intende ottenere la produzione di determinati effetti giuridici, in genere obblighi contrattuali quali il pagamento di una somma di denaro a fronte di un impegno assunto per iscritto, deve far valere la scrittura privata.
Di conseguenza, potrà essere richiesto in giudizio l’adempimento di un obbligo che trova fondamento in una scrittura privata.
Tuttavia, tale documento potrebbe non essere riconosciuto dall’apparente sottoscrittore, chiamato in giudizio, come autentico.
In tal caso è onere della parte che non vuole comportarsi di conseguenza ad un documento che non ha firmato e, quindi, ad una volontà che non ha espresso disconoscere la sottoscrizione o la firma. Diversamente, qualora non avvenga un disconoscimento in giudizio la scrittura sarà considerata tacitamente riconosciuta e pertanto avrà valore di prova ai fini della decisione della controversia.
Occorre, perciò, evidenziare che il nostro ordinamento ha previsto il rimedio in argomento affinché non si giunga ad un convincimento del giudice fondato su una scrittura privata non autentica.
Senza, però, compiere un’analisi dei tecnicismi procedurali in questa sede risulta opportuno porre l’attenzione su alcuni aspetti.
Innanzitutto, va richiamato l’art. 214 del Codice di Procedura Civile che sancisce che “colui contro il quale è prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla, è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione”. Contestazione che, secondo la giurisprudenza prevalente, deve essere espressa, precisa e determinata.
Detto disconoscimento deve avvenire in giudizio, restando privo di effetto ai fini della decisione della causa il precedente disconoscimento stragiudiziale, entro la prima udienza o con la prima risposta successiva alla produzione.
La parte che ha prodotto la scrittura può rinunciarvi ovvero, se intende valersene, deve chiederne la verificazione, proponendo i mezzi di prova che ritiene utili e producendo o indicando le scritture che possono servire di comparazione (art. 216 c.p.c).
L’istanza di verificazione si può definire come il procedimento giudiziario volto ad accertare l’autenticità di una scrittura privata disconosciuta. Il procedimento, generalmente vede la nomina di un consulente tecnico d’ufficio (CTU) grafologo e senz’altro la comparazione con altre scritture già formatesi o scritte sotto dettatura (saggio grafico) dinanzi al Giudice e anche al consulente tecnico.
In tale quadro, risulta consigliabile avvalersi di una consulenza grafologica di parte (CTP) sia se si voglia utilizzare la scrittura privata disconosciuta, in talune ipotesi a fronte di una negazione della sottoscrizione o della firma pretestuosa, sia se si intenda disconoscerla. In quest’ultimo caso, risulta evidente l’opportunità di farsi assistere da un consulente nel corso delle operazioni peritali che seguiranno all’eventuale e probabile richiesta della verificazione in giudizio.
Pertanto, non si possono sottovalutare le conseguenze di un disconoscimento perché non basta dire di non aver firmato per vedersi riconosciuta la ragione né tantomeno quelle di un’azione legale finalizzata a ribadire il valore dell’atto sottoscritto nonostante la controparte dica di essere estranea alla sua formazione. Inoltre, le contestazioni stragiudiziali o tardive non sono in grado di ostacolare l’attività processuale di una parte in possesso di un documento idoneo a produrre conseguenze giuridiche e, quindi, economiche.
In conclusione, la grafologia entra in gioco anche in contesti (locazioni, forniture di merci, etc) che apparentemente potrebbero sembrarne estranei.