Incertezza scientifica nella comparazione delle scritture. A cura del Prof. Giuseppe Schirripa Spagnolo

Nella stragrande maggioranza dei casi, una perizia espletata per determinare la “paternità” di una scrittura, termina con un’identificazione o esclusione “certa”. Questo di per sé non sarebbe un dramma se, di fatto, non accadesse che le perizie di parte avverse giungano – praticamente sempre – a “certezze” contrastanti; la cosa sconvolgente è che nessuno si preoccupa del fatto che proporre al Giudice “certezze” contrastanti sta ad indicare o la poca fede di qualcuno o la scarsa affidabilità delle perizie; scaricare sul Giudice, anche, la responsabilità di smascherale la poca fede o la poca affidabilità di una consulenza tecnica, a nostro modesto avviso, è deontologicamente scorretto.

Le conclusioni di “certezza” sono tecnicamente e scientificamente inaccettabili. Tutte le determinazioni tecnico-scientifiche, comunque e da chiunque eseguite, hanno sempre associata un’incertezza di misura e limiti fisici. Per ultimo va osservato che i dati scientifici devono essere interpretati e con l’interpretazione si può ricadere nella soggettività.

Per comprendere meglio questo concetto, si prenda ad esempio il precorso seguito in un’indagine medica (per alcuni versi simile a quella che dovrebbe essere la procedura da intraprendere in una corretta analisi di comparazione delle scritture).

Il medico visita il malato e, in base ai sintomi, cerca di capire che tipo di malattia lo affligge. In seguito richiede una serie d’esami clinici atti a supportare la diagnosi. Un bravo medico, nelle analisi cliniche, cerca conferme o smentite alle proprie ipotesi. Il medico sa che le analisi cliniche possono essere di grandissimo ausilio ma che non danno certezze. Le analisi cliniche, così come tutte le analisi strumentali, hanno limiti e incertezze e il risultato, di una specifica analisi, può dipendere da malattie diverse. Inoltre, un medico coscienzioso, sa bene che bisogna “incrociare” analisi diverse e differenti interpretazioni dello stesso sintomo. Purtroppo avvengono, anche, diagnosi errate che possono dipendere da errori nelle analisi (molto di rado) o da una loro errata interpretazione. Ovviamente gli errori d’interpretazione si riducono con l’esperienza e con l’aver esaminato casi simili.

Così come il medico, il perito grafico nominato dal giudice esamina il documento sotto indagine e “ipotizza” come stanno le cose. Per cercare conferme o smentite si appoggia, quando possibile, a indagini tecniche. Un bravo perito non si limita a cercare conferme alla sua tesi iniziale. Esso deve cercare elementi che la neghino; non trovarli corrobora l’ipotesi ma ciò non fornisce certezza (non trovare un cigno nero non significa che “certamente” tutti i cigni sono bianchi). Inoltre, così come il bravo medico, il perito non deve aspettarsi, dalle indagini tecniche, certezze. Se così fosse la risposta ai quesiti, di fatto, non verrebbe fornita dal perito ma dal tecnico che ha eseguito l’analisi. Chi si fiderebbe di una diagnosi non fornita dal medico ma dai tecnici che operano nei laboratori di analisi cliniche? Ovviamente nessuno. Parimenti, il perito esperto di comparazione delle scritture è colui che interpretando, in base alla propria esperienza professionale, i dati tecnici (acquisiti in proprio o tramite l’aiuto di laboratori/tecnici specializzati) fornisce la risposta ai questi formulati dal giudice.

Per una corretta interpretazione dei dati provenienti dalle indagini tecniche è indispensabile, oltre ad un’ovvia esperienza, una conoscenza critica dei limiti e delle potenzialità delle tecniche utilizzate. L’identificazione o l’esclusione “certa”, nella maggior parte dei casi, non dipendono dall’impreparazione del perito. Purtroppo è opinione comune che un giudizio di “certezza” dia una dimostrazione di maggiore capacità tecnica; al contrario, un giudizio di probabilità implica scarsa preparazione e poche conoscenze tecnico-scientifiche. Inoltre, il committente, per finalità diverse, secondo il ruolo rivestito, si aspetta dall’identificazione un giudizio “certo”, ritenuto, per prassi errata, ma storicamente radicata, l’unica formulazione spendibile processualmente.

In realtà i periti dovrebbero condurre le analisi forensi da un punto di vista obiettivo e neutrale. Non appartiene alla responsabilità del perito supportare la tesi di chi ha conferito l’incarico. In particolare nelle perizie di parte non spetta al perito provare “con certezza” una particolare tesi. La deontologia professionale impone sempre un esame oggettivo il perito di parte non ha il compito di screditare o contraddire la perizia avversa; ovviamente se questa è corretta e tecnicamente ineccepibile. Esso ha il dovere di coadiuvare l’avvocato nello scegliere la strada che meglio tutela il cliente.

Quando le scoperte del perito di parte sostengono la posizione del cliente, questi elementi possono essere utilizzati dagli avvocati come elemento a favore. In ogni caso il perito deve rimanere neutrale; non è responsabilità del perito “vincere” un caso. La pessima abitudine di screditare la professionalità degli altri periti, messa in atto quando non vi sono argomentazioni a proprio favore, dovrebbe essere acquisita dal Giudice come elemento a sfavore; si denigra perché non si hanno in mano elementi probatori oggettivi.

La comunità scientifica internazionale pone sempre maggiore attenzione al problema dell’incertezza nelle analisi forensi. Inoltre ci sono sforzi a livello internazionale per trovare una soluzione accettabile al problema della determinazione oggettiva dell’incertezza in rapporto alla prova. Questo è ancora un problema aperto e oggetto di approfonditi studi.

Prof. Giuseppe Schirripa Spagnolo

Dipartimento di Matematica e Fisica, Università degli Studi Roma Tre

Editoriale – Per una grafologia ad ampio spettro

Cari lettori,

Lo spirito di Grafologia Magazine è quello di apertura a collaborazioni e contributi di pensiero, di esperienze in materia grafologica, che provengano da professionisti e studiosi, indipendentemente dalla loro appartenenza o meno ad un’associazione professionale.FullSizeRender

In quest’ottica, è un grande piacere per me pubblicare “Incertezza scientifica nelle comparazioni delle scritture” del Professore Giuseppe Schirripa Spagnolo, che affronta la delicata tematica delle attività peritali.

Il Prof. Schirripa ha conseguito la laurea in fisica (cum laude) nel 1978 presso l’Università degli Studi Della Calabria, dal 1998 Professore Associato, presso  il Dipartimento di Matematica e Fisica – Università degli Studi  “Roma Tre”.

La principale attività di ricerca del prof. G. Schirripa Spagnolo verte sulla progettazione e realizzazione di sistemi optoelettronici non convenzionali per la diagnosi non distruttiva dello stato di conservazione delle opere d’arte e per applicazioni nel campo della sicurezza. Si occupa inoltre di sistemi ottici per l’individuazione della  falsificazione di documenti e banconote, quali la metrologia ottica, l’elaborazione digitale delle immagini e di colorimetria, nel cui ambito particolare menzione merita, la profilometria, branca della metrologia che consente attraverso la misura della forma 3D degli oggetti, di fornire risposte scientificamente affidabili nello svelare la falsificazione delle scritture e di altri documenti.

Il prof. Schirripa oltre ad essere autore di oltre 180 lavori a stampa è apprezzato relatore in congressi e seminari organizzati da diverse associazioni nazionali a cui aderiscono grafologi che espletano le funzioni di periti giudiziari.

Attualmente, il Prof. Schirripa, è Coordinatore della Scuola Dottorale Internazionale “European Doctorate Electronic Materials Optoelectronic Microsystems (EDEMOM) Sezione Elettronica: dalle nanostrutture ai sistemi.

L’articolo del Prof. Schirripa rappresenta non solo un’approfondimento per i cultori .della grafologia e dei suoi ambiti applicativi ma anche il segno tangibile della continua evoluzione editoriale e dell’apertura a nuove collaborazioni.

Colgo l’occasione per augurare buone feste a tutti i lettori.

Patrizia Belloni

Conoscersi meglio attraverso la grafologia

Quando ci si rivolge al grafologo per avere una analisi dettagliata della propria scrittura, con annesso profilo psicologico, sicuramente si avverte la necessità di conoscersi meglio, forse si sta attraversando un momento di crisi, capita, ed allora scatta la famosa “molla”, vogliamo capire meglio noi stessi.

Ci poniamo di fronte ad un foglio bianco, lo facciamo in modo naturale, senza pensare a quale forma dare al nostro scritto, oppure alla dimensione delle lettere, come gestire lo spazio a nostra disposizione piuttosto che alla forza pressoria che esercitiamo, insomma tutto ciò avviene spontaneamente, il gesto grafico è involontario, è un gesto psico-motorio.

Analizzare una scrittura può sicuramente aiutare il soggetto in questione a far emergere quei lati oscuri del carattere, pensieri ed azioni rimosse che spesso, però sottraggono serenità, sicurezza delle proprie azioni, giovialità ed intraprendenza.

E’ vero che la nostra mente riesce, attraverso dei meccanismi di difesa, inconsci, a rimuovere l’episodio doloroso, subito o procurato, ma è pur vero che non è in grado di rimuovere il sentimento.

Per questo e tanti altri motivi, la grafologia è di grande ausilio anche per psicologi e psicoterapeuti, che sovente si rivolgono a noi grafologi per avere un “panorama” piuttosto chiaro e dettagliato sulla persona in questione. Un valido contributo per iniziare un percorso di vita piuttosto complesso.

Dall’esame della scrittura possiamo rilevare anche le eventuali potenzialità, che sono fondamentali per orientare le proprie scelte, professionali e non, verso una giusta direzione, canalizzare le proprie energie, specialmente nel caso degli adolescenti per indirizzarli verso un cammino a loro più congeniale.

La grafologia non ha nulla di occulto, di magico, non si prefigge scopi terapeutici, anche se la persona conoscendosi meglio, può lavorare su se stessa, per una qualità di vita migliore, sia con i propri mezzi ma anche avvalendosi di un aiuto esterno, quale uno psicoterapeuta, che il grafologo stesso, quando e se lo reputi necessario può consigliare.

La grafologia, strumento di indagine piuttosto complesso, per questo motivo non ci si improvvisa. Quando si analizza una scrittura oltre alle competenze professionali dobbiamo mettere in gioco la nostra coscienza. Redigere un’analisi è un compito molto delicato, spesso ci si trova di fronte a persone, che nonostante abbiano scelto in modo del tutto autonomo, di far analizzare la propria scrittura, quando vengono messe di fronte a certe verità, rimosse, o mascherate, non le accettano. Sovente mi domando quale sia la strada giusta, il modo migliore per comunicare alla persona gli esiti dell’analisi grafologica, ed ogni volta la risposta è la stessa, delicatezza e prudenza, e far capire a chi ci sta di fronte che non stiamo giudicando, che non ci sono qualità o difetti ma semplicemente impulsi che necessitano di equilibrio.

Avevo già ultimato questo articolo, rimaneva solo di pubblicarlo quando ho ricevuto una email che ritengo esprima la connotazone propria dell’analisi della grafia sotto l’aspetto psicologico.

Mi riferisco all’analisi dell’incoscio attraverso la “psicologia della scrittura” che un libero professionista di 60 anni ha colto e richiesto, esternando alcune riflessioni dopo aver ricevuto il profilo grafologico da me redatto a seguito di epressa richiesta presso il mio studio in Roma.

Il signor Alessandro mi ha scritto “dott.ssa Belloni voglio ringraziarla per la sua analisi grafologica, ha focalizzato e messo in rilievo alcuni aspetti che mi erano poco chiari, ho riflettuto molto, non è facile accettare un quadro così completo della mia personalità. Dopo la sua analisi il puzzle si è composto, vorrei tanto cambiare e mettere a frutto le mie potenzialità”.

Con ciò non desidero autocelebrarmi ma portare in evidenza l’importanza della grafologia nell’ambito di un percorso di crescita personale e di conoscenza del proprio carattere nella prospettiva di una evoluzione e di un cambiamento.

Patrizia Belloni

Problematiche connesse all’analisi delle riproduzioni di scritture

La consulenza grafologica in ambito giudiziario non è esente da contrasti giurisprudenziali sul metodo dell’analisi della scrittura.

Difatti, persiste un grande punto interrogativo sulla possibilità di una consulenza tecnica di comparazione della scrittura sulle riproduzioni (fotocopie, fax, scansioni, etc).

La possibilità dell’utilizzo della riproduzione riguarda tanto la valutazione dello scritto oggetto della contestazione quanto le scritture di comparazione di provenienza certa (quali ad es. atti pubblici). Se da un lato il problema della conformità della copia rispetto all’originale può essere superato dalla “copia autentica”, dall’altro lato occorre valutare l’idoneità o meno della fotocopia di porre in luce le caratteristiche della scrittura collegate alla persona e alla personalità dell’autore.

La Corte di Cassazione non si è espressa in modo uniforme. Così, si legge in una sentenza (Cass. Civ., Sez. VI-2, n° 20484 del 29.09.2014) che “in effetti soltanto nel documento originale possono individuarsi quegli elementi la cui peculiarità o addirittura singolarità consente di risalire, con elevato grado di probabilità, al reale autore della sottoscrizione in relazione alla conosciuta specificità del profilo calligrafico, degli strumenti di scrittura abitualmente usati, delle stesse caratteristiche psico-fisiche del soggetto rappresentati dalla firma; non può invece che risultare inattendibile un esame grafico condotto su di una copia fotostatica, essendo questa inidonea a rendere percepibili segni grafici personalizzati ed oggettivi” con un richiamo espresso ad una precedente pronuncia ( Cass. Civ., Sez. II, n. 1831 del 18.02.2000) secondo la quale “Solo se compiuta sul documento originale – in relazione al quale è configurabile l’accertamento dell’autenticità -la verificazione può utilmente condurre, in alternativa al riconoscimento, al risultato di attribuire la dichiarazione al suo apparente sottoscrittore. Tale attribuzione non potrebbe essere giustificata dalla verificazione operata su una copia (…)”.

Diversamente, secondo altro orientamento (Cass. Pen., n. 42938 del 21.11.2011) “Nessuna norma impone che la perizia grafologica su di un documento sospettato di falsità debba necessariamente svolgersi sull’originale e non su di una copia fotostatica”. (conforme, Cass. Pen., n. 7175 del 03.07.1979).

Il diverso approccio metodologico potrà derivare non solo dal modus operandi del consulente grafologo nominato CTU ma anche dalla peculiarità della singola fattispecie (si pensi al caso dell’irreperibilità di scritti di comparazione in originale) e/o dall’impostazione dell’Autorità Giudiziaria investita della questione.

Come orientarsi in caso di contenzioso?

Piuttosto che scegliere a priori di aderire ad una visione o all’altra si ritiene doveroso invitare i consulenti grafologi e le parti in causa a valutare caso per caso la metodologia da adottare assumendo quali parametri di riferimento i seguenti aspetti:

  • Oggetto dell’analisi grafologica (apocrifia del testo, disconoscimento della firma, alterazione del testo, datazione dello scritto, sovrapposizione di grafie, utilizzo di foglio firmato in bianco, etc) al fine di valutare in maniera critica la rilevanza di aspetti quali la pressione oppure di poter utilizzare strumentazioni tecniche che necessitano del documento originale (ad es. nel caso di analisi del supporto, dell’inchiostro, etc);
  • Disponibilità di documenti originali e/o possibilità di visionarli;
  • Affermazioni e contegno difensivo della controparte che potrebbero rendere pacifici alcuni aspetti facendo venir meno la necessità di valutare lo scritto originale (potendo essere sufficiente la fotocopia);
  • In caso di consulenza tecnica di parte (CTP) valutazione del metodo adottato dal CTU.

Gioverà all’indagine grafologica e alla conseguente perizia l’aver preferito l’analisi dei documenti originali.

Al contempo si evidenzia l’importanza di coinvolgere sin da subito il consulente grafologo nell’ambito di un contenzioso al fine di non fargli perdere l’opportunità di visionare e analizzare il documento autentico, di proporre quesiti per il consulente tecnico d’ufficio ed individuare gli scritti utili per la comparazione che l’avvocato potrà richiedere attraverso strategie difensive e/o in sede processuale.

Appare altresì preferibile consentire al consulente tecnico di parte di partecipare alle operazioni del CTU e di poter esprimersi per tempo con un metodo rigoroso.

Infatti, risulterebbe difficile presentare una consulenza di parte basata solo ed esclusivamente su fotocopie a fronte di una consulenza d’ufficio compiuta sugli originali.

Spunti di riflessione critica per i grafologi a beneficio anche dell’eventuale analisi preliminare onde evitare che le valutazioni iniziali debbano essere riviste o smentite alla luce di aspetti rilevabili solo dal documento originale.

Qualora la consulenza grafologica sia stata eseguita su copie occorrerà indicarlo specificando il livello di chiarezza e nitidezza del documento.

Una perizia coerente sotto il profilo logico e utilizzabile in ambito forense dovrà, inoltre, contenere l’indicazione degli aspetti che si sono potuti valutare e comparare lavorando sulle copie nonché le ragioni della possibilità tecnica e gli eventuali dubbi collegati al non aver potuto esaminare il manoscritto.

Il consulente grafologo che per esigenze di tempo o per qualsiasi altra problematica non abbia avuto accesso al documento in originale dovrebbe cautelarsi riservando ogni verifica e approfondimento al momento in cui avrà modo di analizzare l’originale.

In conclusione, un giudizio espresso su una riproduzione non può che avere un peso diverso rispetto al corrispondente giudizio esprimibile su una manoscrittura analizzata in originale.

Gabriele Colasanti