I rischi della consulenza compiacente

Da alcuni anni collaboro con diversi consulenti tecnici di parte, tra i quali i grafologi giudiziari.

E’ proprio nell’ambito delle consulenze grafologiche che ho potuto osservare, con maggiore frequenza la richiesta più o meno esplicita di pareri o relazioni compiacenti, tali da attestare la bontà della tesi della parte, nonostante che i manoscritti in esame dimostrino esattamente il contrario. Pur nella varietà dei casi che vanno dal disconoscimento di  una firma apposta su un contratto oppure a far dichiarare falso un testamento olografo, l’approccio di simile potenziale cliente rientra sostanzialmente in tre distinte categorie. Il cliente appartenente alla prima categoria  solitamente afferma in maniera alquanto diretta “La pago perché nella consulenza sia affermata la tesi a me favorevole”, quello della seconda categoria invece cerca di dimostrare che “non è giusto che il defunto l’abbia escluso dall’eredità e che pertanto una relazione a suo favore oltre ad essere moralmente ineccepibile rappresenta l’unico modo per avere giustizia” ed infine quello della terza categoria, sicuramente più subdolo che fornisce materiale documentale volutamente parziale ed omissivo ed in alcuni casi manipolato al fine di ottenere la conclusione da lui auspicata.

In tutti e tre i casi siamo di fronte ad una consulenza compiacente anche se nel terzo caso l’adesione del consulente risulta meno consapevole, ma egualmente accondiscendente.

Davanti alla pretesa del cliente della prima categoria, una risposta diversa dal rifiuto, implica l’assunzione di una serie di responsabilità civili e penali, sulle quali è doveroso soffermarsi.

Non possiamo dimenticarci che la consulenza grafologica è a tutti gli effetti giuridici un contratto di servizio, in cui il grafologo che esercita tale professione ai sensi della legge n. 4 del 2013, si obbliga dietro il pagamento di un corrispettivo in danaro, a fornire una prestazione intellettuale, basata sulla sua esperienza e specifica conoscenza tecnico-scientifica, per rispondere ad uno o più quesiti in merito a manoscritti, firme e sigle.

Il grafologo che consapevolmente rilascia, un parere palesemente contrario alle ragioni di scienza e conoscenza grafologica, può diventare complice di un illecito penale o civile, con tutte le conseguenze del caso.

Al suddetto rischio, da evitare, deve aggiungersi quello derivante dalle azioni di rivalsa anch’esse si in sede penale sia in quella civile del medesimo cliente che a fronte dell’insuccesso (sicuro) riportato nelle sedi giudiziarie, rivolgerà nei confronti del grafologo responsabile di aver rilasciato un parere dolosamente contrario ai fondamenti della disciplina grafologica.

Anche con il cliente della seconda categoria, le responsabilità a carico del grafologo rimangono invariate, avendo seppure con motivazioni diverse, rilasciato un parere in contrasto con le risultanze grafologiche.

La difesa preventiva del grafologo potrà essere di due tipi, la prima rilasciare un parere conforme allo studio dei materiali, oppure a scanso di ogni possibile equivoco, declinare l’incarico già in partenza.

Con il cliente della terza categoria sarà opportuno, avere un comportamento improntato alla massima cautela, in quanto si è di fronte ad un potenziale truffatore, il quale non esiterà a mettere in essere artifizi e raggiri  in danno del consulente.

Un contratto di consulenza che indichi esattamente, i materiali forniti, ed il tipo di prestazione professionale che sarà possibile fornire ad effettuato esame dei documenti, può costituire un valido baluardo, contro il tentativo truffaldino di ottenere un parere sostanzialmente fasullo, sempre che non si decida, anche questa volta, di astenersi dall’assumere l’incarico, onde evitare di doversi rapportare con soggetti tutt’altro che onesti.

Roberto Colasanti   

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