Anche la cartolina postale di ricevimento può formare oggetto dell’indagine grafologica

Capita nella vita di tutti i giorni di ricevere una raccomandata con ricevuta di ritorno. Nella pratica quotidiana l’incaricato postale citofona all’indirizzo del destinatario, consegna la busta e fa apporre una firma sulla cartolina che tornerà al mittente al fine di attestarne la ricezione nonché sulla distinta che rimane agli atti dell’ufficio postale. Talvolta si tratta di comunicazioni inviate a mezzo raccomandata solamente per scongiurare lo smarrimento o i tempi “biblici” che talvolta assume la posta ordinaria, in altri casi la busta raccomandata contiene atti giudiziari o comunque comunicazioni stragiudiziali ma con effetti giuridici che decorrono dalla data di consegna (si pensi ad es. al termine di 30 giorni dalla comunicazione stabilito dall’art. 1137 c.c. per l’impugnativa della delibera annullabile dell’assemblea di condominio).Postino
Pur trattandosi di fattispecie a rilevanza penalistica potrebbe capitare di trovarsi di fronte ad una ricevuta postale comprovante la ricezione della comunicazione e/o dell’atto recante una sottoscrizione apocrifa. Di conseguenza l’incolpevole destinatario dell’atto potrebbe subire, suo malgrado, effetti giuridici rilevanti, quali a titolo esemplificativo decadenza dalla possibilità di proporre ricorsi e/o impugnazioni in generale, sulla scorta di una ricezione non avvenuta provata da una firma apposta da altra persona in suo danno.
Di conseguenza anche la ricevuta del servizio postale può formare oggetto di una perizia grafologica finalizzata a supportare l’azione giudiziaria tesa al disconoscimento della sottoscrizione. La consulenza potrebbe risultare maggiormente complessa in virtù del materiale (cartoncino), dell’inchiostro utilizzato (nella prassi anche pennarelli a tratto fine) oppure delle concrete modalità di apposizione della firma ad esempio utilizzando un muretto o il palmo della mano come supporto.
codice-civile_largeSecondo la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, come ribadito con la recente sentenza n. 3875 del 25 febbraio 2015, “l’avviso di ricevimento dell’atto spedito per la notifica a mezzo posta possiede la stessa natura certificatoria della relazione di notifica redatta dall’ufficiale giudiziario – da questi demandata all’agente postale – ed e’ pertanto assistito da fede privilegiata, ai sensi dell’articolo 2700 c.c., in ordine alle dichiarazioni delle parti ed agli altri fatti che l’agente assuma essere avvenuti in sua presenza. (Cass. nn. 8500/05, 11452/03, 3065/03, 1783/01). Ne consegue che il destinatario della notifica che affermi di non aver mai ricevuto l’atto, e in particolare di non aver mai apposto la propria firma sull’avviso di ricevimento, ha l’onere, se intende contestare l’avvenuta esecuzione della notificazione, di impugnare l’avviso di ricevimento a mezzo di querela di falso (Cass. nn. 3065/03, 1783/01 cit), a nulla rilevando, attesa l’autonomia fra giudizio penale e civile, che il preteso falso sia stato denunciato in sede penale.”
Ai sensi dell’art. 221, 1° comma, c.p.c., la querela di falso può essere proposta, da chiunque abbia interesse a contrastare l’efficacia di un documento, in via principale ma anche in corso di causa in qualunque stato e grado di giudizio e fino a che la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato. La querela di falso può essere proposta con atto di citazione o con dichiarazione da unirsi al verbale di udienza, personalmente dalla parte o a mezzo del difensore munito di procura speciale.
Anche di fronte ad una “semplice” cartolina postale recante una sottoscrizione apocrifa non è sufficiente rivolgersi all’autorità giudiziaria penale ma risulta necessario avvalersi di un consulente-perito grafologo e di un avvocato.

Gabriele Colasanti