Meccanismi di difesa

Mi ricollego all’articolo del numero di Agosto “spunti di riflessione sul percorso evolutivo”, dove ho parlato, ricorderete, della casa in costruzione e mi sono soffermata in modo particolare sulla soffitta, luogo dei ricordi e dei sogni, ma anche del futuro e dove tutto è possibile. Lì ci è consentito, anche, di azionare un’attività del tutto inconscia, inconsapevole, scevra da qualsiasi forma di opportunismo o manipolazione. Si tratta del c.d. meccanismo di difesa, di cui si serve la nostra mente (soffitta) per proteggersi durante la lotta, affinché non sia impari, fra ciò che è giusto e quello che non lo è.

I meccanismi di difesa sono indispensabili per difendere e salvaguardare la nostra psiche, sono molteplici ed ognuno di noi ne adotta uno a seconda delle circostanze.

Citerò  quelli più utilizzati, gli altri verranno menzionati nei prossimi numeri di  “Grafologia Magazine.”

La “Rimozione”, si rimuove, si cancella un episodio, un evento doloroso, un trauma subito o procurato, anche da bambini, per impedire il suo accesso nella nostra coscienza. Tutti più o meno ne facciamo ricorso.

“L’identificazione”, incorporazione e introiezione di una caratteristica di un soggetto al fine di assimilarla e di farne un modello a cui ispirarsi.

La “Razionalizzazione”, spiegare, giustificare razionalmente dei nostri comportamenti affettivi a posteriori, ad esempio: se ci comportiamo in modo scorretto con un amico o comunque con una persona a noi vicina affettivamente, per non alimentare i nostri sensi di colpa, quindi per giustificare l’atto, diremo sicuramente che se lo è meritato, trovando le più disparate motivazioni.

La “Negazione” che si differenzia dalla rimozione in quanto non si nega il fatto di per sé ma il suo significato, ad esempio: in occasione di un subito torto o di un tradimento, da parte di un amico, un compagno di vita, si ricorre a questo meccanismo per giustificare il comportamento che arreca frustrazione e delusione ricollegandolo a un condizionamento da soggetti terzi o dagli eventi piuttosto che ammettere la mancanza della persona nella quale era stata risposta fiducia.

Attraverso lo studio della scrittura il grafologo può sicuramente individuare che “tipo” di difesa ha azionato il soggetto di cui si sta analizzando lo scritto. Anche per questo motivo psicologi e psicoterapeuti sovente si rivolgono al grafologo al fine di essere coadiuvati in un progetto di psicoanalisi che a volte una persona intraprende per svariati motivi. Inevitabilmente, appena ci si trova di fronte allo psicoterapeuta, la mente innesca la difesa, non ci si sente a proprio agio, l’ansia prende il sopravvento e spesso la seduta non riesce. Attraverso la scrittura si abbatte questo primo ostacolo e si rende il percorso meno difficoltoso, sia per il paziente che per il terapeuta.

Patrizia Belloni

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