Quando il consulente tecnico d’ufficio grafologo perde la bussola. Esemplificazioni di alcuni errori da non commettere.

a cura di Roberto Colasanti

Il consulente tecnico d’ufficio nel processo civile viene chiamato dal giudice a fornirgli ausilio nella risoluzione di alcuni quesiti per i quali è richiesta una particolare abilità e/o specializzazione professionale, ma sempre nel rispetto del contraddittorio tra le parti in causa.
In virtù di tale principio le parti hanno la facoltà di farsi assistere da propri consulenti che hanno il diritto di assistere a tutte le operazioni condotte dal CTU e di presentare osservazioni e richieste di chiarimenti. Prima del deposito della consulenza presso il tribunale il CTU è tenuto ad inviare ai consulenti di parte la bozza dell’elaborato che intende depositare in attesa delle loro osservazioni.
Le osservazioni dei consulenti di parte, in generale, ma più specificatamente per le consulenze di carattere grafologico finalizzate a determinare l’autenticità della scrittura o della firma di un testamento dovrebbero essere indirizzate a verificare che l’operato del CTU nel suo insieme e le sue conclusioni abbiano tenuto conto delle più recenti ed efficaci tecniche di indagine, siano state utilizzate metodiche riconosciute dalla comunità scientifica e che le stesse siano state  applicate con rigore nella piena osservanza dei protocolli o delle buone prassi. La logicità e la coerenza del percorso espositivo qualora carenti o contradittori potranno egualmente costituire un altro aspetto che i consulenti di parte professionalmente preparati sapranno evidenziare nelle loro note di osservazione con le quali il CTU dovrà confrontarsi per giungere alla stesura di una consulenza definitiva che sia in grado di fugare qualsiasi perplessità ma soprattutto che possa consegnare al giudice una risposta quanto più possibile corretta dal punto di vista tecnico- scientifico.
Spesso però tra la teoria e la vita pratica si creano distanze siderali e quello che dovrebbe essere un sereno e costruttivo confronto tra il CTU ed i consulenti di parte si trasforma in una contesa o addirittura in una vera rissa verbale dove gli scambi di osservazioni appaiono più indirizzati alla reputazione della persona che alle argomentazioni prodotte. In poche parole si sposta l’attenzione dagli aspetti squisitamente tecnici e scientifici delle argomentazioni poste a sostegno del proprio lavoro a questioni prettamente soggettive tese a minare la credibilità professionale e intellettuale del consulente di parte che ha osato mettere in discussione l’elaborato del CTU.
Per essere meno criptici faremo degli esempi – privi di nomi e riferimenti personali – ma realmente accaduti. Il CTU di fronte all’osservazione relativa alla mancata indicazione della tipologia di lenti utilizzate per l’esame delle scritture e degli apparati di riproduzione impiegati ha trovato più comodo dire che il consulente di parte era spocchioso e supponente in quanto per quel tipo di scrittura aveva scelto lenti di idonea gradazione mentre per la riproduzione della firma in esame aveva impiegato uno scanner collegato ad un computer. In un altro caso il CTU davanti all’osservazione che il gesto grafico definito da lui saltellante non era coerente con l’esame del tracciato in realtà a scatti, ne con la definizione attribuita alla scuola grafologica Morettiana, replicava tacciando il consulente di parte di ignoranza dei sinonimi onde evitare di spiegare la rilevata incongruenza.  Ma l’errore più grave che un CTU possa commettere è senza dubbio quello di sostituirsi al giudice arrivando a affermare a conclusione della propria relazione che con assoluta certezza la firma o la scrittura sono autentiche, invece di dire è altamente probabile che siano autentiche, dimenticandosi in tal modo di essere una figura ausiliaria del giudice, al quale rimane l’onere della valutazione finale essendo per consolidata giurisprudenza riconosciuto come il “peritus peritorum” e che perciò non ha alcun vincolo di uniformarsi alle conclusioni dei consulenti da lui stesso nominati e che nelle motivazioni del suo dissenso potrà prendere spunto proprio dalle osservazioni pertinenti, logiche e coerenti prodotte dai consulenti di parte. In conclusione il CTU intellettualmente onesto e preparato dovrà mantenere sempre la sua equidistanza dalle parti in causa esaminando con scrupolo ed attenzione le osservazioni dei consulenti di parte di cui dovrà tenerne debito conto se fondate su elementi oggettivi e valide argomentazioni o di cui si limiterà a confutarne le argomentazioni qualora ritenute inconsistenti e prive di valenza scientifica.

Tra Storia e Attualità

I graffiti, una forma di comunicazione che risale alla preistoria, circa sedicimila anni fa.

 Presenze umane di carattere neolitico, che popolavano le grotte, hanno lasciato le loro tracce graffiando sulle pareti con arnesi rudimentali.

Generalmente questi graffiti rappresentavano immagini di animali selvatici, per avvertire di un pericolo oppure che in quel luogo era a disposizione della selvaggina da poter cacciare, quindi ciò equivaleva ad avere del cibo di cui potersi sfamare.

Uomini primitivi che lasciavano una traccia del loro passaggio, comunicando a chi sarebbe arrivato dopo informazioni di carattere utilitaristico, inconsapevoli che molto tempo dopo questa tecnica del graffio su pareti o cose, sarebbe poi divenuta una forma d’arte.

 Tutto ebbe inizio nei primi anni del novecento, nello stato del Messico per svilupparsi più avanti negli altri stati americani. Continua a leggere

Testamento pubblico – Osservazioni critiche ad uso del grafologo giudiziario

a cura di Roberto Colasanti

Il grafologo giudiziario sia esso nominato dall’ufficio del giudice civile o penale, dal pubblico ministero oppure dalle parti in causa allorché si trovi ad esaminare una firma apposta su di un testamento pubblico, quanto potrà sentirsi condizionato dalla particolare natura dell’atto?

Sicuramente tale quesito non rientrerà tra quelli rivolti dal giudice al grafologo giudiziario che invece dovrà pronunciarsi sull’autenticità o falsità della firma apposta in calce al testamento pubblico.

La domanda che non vuole essere retorica, intende invece lanciare alcuni spunti di riflessione su di un tema particolarmente delicato, ovvero se sia ragionevole ipotizzare che la firma del testatore apposta in calce al testamento pubblico possa essere falsa.   Continua a leggere

Riflessioni sulla perizia grafologica in ambito testamentario

Il testamento, atto reversibile attraverso il quale una persona dispone, per quando non sarà più in vita, di tutti i propri beni.
Può essere ordinario o speciale, per quanto riguarda la prima categoria troviamo il testamento olografo, scritto di pugno dal testatore, da quello redatto per atto notarile che a sua volta può essere pubblico o segreto.
Ci sono due aspetti fondamentali da considerare.
Dal punto di vista umano, nel momento in cui si decide di redigerlo, è come se, in qualche modo, si volesse fare un bilancio della propria esistenza.
Ripercorrere i tratti salienti della propria vita, con una riflessione molto intima su ciò che è stato mentre la scrittura corre sul foglio. Esprimendo la propria volontà, i pensieri si intersecano in un groviglio di ricordi.
Tornano alla mente tanti eventi, più o meno piacevoli, in quel preciso momento, chi scrive ha la percezione di poter decidere chi annoverare tra i buoni ed i cattivi, troppo spesso sull’onda della propria emotività, si decide a chi affidare i propri beni, e purtroppo si può incorrere in errori di valutazione.
Il testamento dovrebbe essere redatto quando si è in pace con se stessi, nel pieno delle proprie facoltà, fisiche e mentali. In uno stato di grazia pensando soprattutto a chi rimane, e lasciare i propri cari in un clima di serenità, evitare quanto più possibile che si possano generare, in futuro conflitti in seno alla propria famiglia.
Purtroppo non sempre è così scontato, in molti casi manca la coesione tra familiari, spesso neanche tra fratelli c’è complicità e questo rende la vicenda ancora più triste. Spesso ci si imbatte in situazioni davvero paradossali, si fa la guerra anche per poco, rincorrendo un senso di giustizia che va ben oltre il valore economico.
Una condizione ottimale per la rivalutazione del proprio essere, attraverso la materia si vuole raggiungere un’affermazione dell’io, in quanto figlio, nato da colui che lo sta estromettendo da un bene che gli è appartenuto, che ha fatto parte della propria vita, spesso contribuendo alle spese di gestione, nel caso di immobili, in un passato a volte neanche così remoto.
Tante sono le motivazioni che spingono le persone ad intraprendere cause legali, a volte purtroppo i tempi sono lunghi, tanti anni della propria vita, e risorse economiche gettate via, per rincorrere una parvenza di normalità attraverso la giustizia, che spesso viene negata.
Dall’altro punto di vista, prettamente tecnico, posso affermare che: nel caso in cui ci si trovi in situazioni ambigue, ovvero un testamento non proprio convincente di un nostro caro congiunto, prima di iniziare una causa è consigliabile rivolgersi ad un esperto, un grafologo giudiziario, che saprà consigliare la strada migliore.
Un parere “pro-veritate”, a volte, è in grado di proteggerci da tante amarezze e battaglie legali, che sottraggono tempo e denaro ma soprattutto serenità. Nel caso del testamento “olografo”, ovvero scritto interamente dal testatore, compresa la data e la firma, può essere steso su qualsiasi supporto cartaceo, un foglio di quaderno piuttosto che la pagina sbiadita di una vecchia agenda, il retro di una locandina pubblicitaria…l’importante è che riesca ad accogliere le volontà di una persona, che in quel preciso istante ha preso coscienza di ciò che vuole fare, a chi donare cosa.

Mi tornano alla mente le ultime volontà di personaggi famosi… lasciare una ingente somma di danaro al fioraio sotto casa per far recapitare un mazzo di fiori ogni giorno alla consorte.
Una scrittrice famosa ha fatto recapitare per molti anni al proprio marito rimasto solo i sigari preferiti ad ogni suo compleanno.
Quanti aneddoti da raccontare, tante storie di vita vera. Eppure tutto ciò è possibile che si avveri attraverso il testamento, anche le richieste più bizzarre, purché siano autentiche, dettate dalla volontà di chi scrive il proprio testamento e non indotte da raggiri o ricatti morali esercitati spesso su persone molto anziane e quindi vulnerabili.

Di contro, da un punto di vista puramente tecnico, affinché si possa prendere un incarico peritale, occorrono determinati requisiti.

Prendo spunto da una recente e-mail che ho ricevuto, per chiarire degli aspetti fondamentali, riguardo al testamento olografo.
Per dare un parere “pro veritate” o preliminare che dir si voglia, prima di intraprendere una causa civile, il grafologo giudiziario deve poter visionare il testamento in primis, poi avere a disposizione una vasta gamma di scritti e firme possibilmente originali e coeve al testamento, non datate oltre cinque anni.

Se non si possono visionare gli originali non è detto che non ci si possa esprimere, dipende molto anche dalla qualità della fotocopia.
Il consulente grafologo deve essere messo al corrente delle condizioni fisiche e psichiche del testatore nel momento in cui ha scritto il testamento, elemento non prescindibile.
Nei testamenti l’annullabilità può derivare anche da una palese incongruenza tra il grafismo, l’età e lo stato psico-fisico del testatore.

Se accertato che la persona in questione o “de cuius” all’epoca del testamento aveva oltre ottanta anni, seguiva una cura farmacologica importante, a causa di una malattia degenerativa, era semi analfabeta, di contro, ci si trova di fronte ad uno scritto fluido, una tenuta del rigo corretta, senza alcun tremore o tentennamento tipico della malattia, con una sintassi ineccepibile, molto probabilmente si tratta di un falso.
Altri fattori che ne determinano la nullità derivano dalla mancanza della data, o della firma in calce, oppure che il testamento “olografo” abbia anche una frase scritta da altre persone, o come è successo che abbiano aggiunto nomi e cifre.
E’ evidente che quando si decide di far esaminare il testamento del proprio congiunto, da un esperto, si hanno dei forti dubbi sull’autenticità, quindi più informazioni possibili sul testatore verranno fornite al grafologo, maggiori saranno le possibilità di accertarne o meno la validità.

Patrizia Belloni

Il testamento olografo in una lettera

Il testamento olografo, scritto di proprio pugno dal testatore, riveste una peculiare importanza nell’ambito del diritto civile e della grafologia giudiziaria sicché appare opportuno porre all’attenzione una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Sent. n. 26791/2016). Detta pronuncia dei giudici di legittimità riguarda la possibilità di qualificare come testamento olografo ex. art. 602 c.c. una lettera autografa indirizzata ai nominati eredi.

Secondo la Corte di Cassazione, la lettera, indirizzata a una o più persone  può essere considerata un valido testamento.

Tale atto deve contenere le ultime volontà del testatore e deve a lui essere riferibile.  Pertanto, la lettera deve essere scritta e firmata dal testatore e non deve essere stata anche redatta con computer e/o altri strumenti tipografici o informatici e poi inviata ai destinatari.

La Suprema Corte ha affermato, inoltre, che non rileva che il testamento non sia stato scritto nelle forme classiche, ma solamente con una lettera indirizzata a uno dei beneficiari.

Risulta sufficiente che dal documento si possano ricavare con sufficiente certezza la volontà e l’identità del testatore.

La lettera, purché firmata, può essere inviata anche a uno dei beneficiari, purché sussistano tutti i presupposti di legge, tra cui la certezza della sottoscrizione e sia chiara l’effettiva volontà del testatore, comunque essa sia espressa.

La pronuncia in parola è conforme alla consolidata giurisprudenza secondo la quale il testamento olografo può essere redatto in qualsiasi forma, purché in presenza di elementi univoci, quali la sottoscrizione del testatore e l’espressione della sua volontà testamentaria.

Si può concludere affermando la rilevanza della manifestazione inequivoca della  volontà del testatore di lasciare i beni secondo lo schema indicato nella missiva e l’autografia della stessa.

Gabriele Colasanti

Progetto di grafologia aziendale

Da anni mi dedico allo studio della grafologia, disciplina complessa ed affascinante. Dedicandomi alle sue varie sfaccettature ed agli impieghi  di tale disciplina nei vari ambiti,  mi sono particolarmente interessata al suo utilizzo nell’ambito  professionale e lavorativo. Il mio interesse nasce da  una mia pluriennale esperienza lavorativa maturata in una grande azienda ed avendo in tal modo potuto conoscere le problematiche relative alla gestione di una grandissima risorsa per l’azienda qual è la gestione delle risorse umane.

In questo spazio che mi è stato offerto,  volevo lanciare un messaggio ai lettori riguardante il mio progetto di avviare uno studio sull’applicazione della grafologia all’orientamento professionale.

Invito per tale motivo, se qualcuno fosse interessato a conoscere  generalmente quali siano le sue inclinazioni o le sue maggiori propensioni professionali, ad inviare  uno scritto autografo di circa 10/15 righe di contenuto assolutamente libero, indicando soltanto l’età, il titolo di studio e l’eventuale occupazione, rimanendo i dati personali del tutto anonimi.

Sperando in una fattiva collaborazione, auguro a tutti “Buon lavoro!”

Claudia Ducci

 

Consulenza tecnica d’ufficio un caso di nullità da evitare

La contraddittorietà tra le parti in sede di contenzioso civile deve essere sempre salvaguardata e qualora il Consulente tecnico d’ufficio nell’espletamento dell’incarico ricevuto dal giudice non si conformi a tale principio acquisendo irritualmente dati e documenti da una delle parti in causa, rischia di vedere vanificato il proprio lavoro dalla successiva dichiarazione di nullità della C.T.U. che potrà essere rilevata in qualsiasi grado di giudizio. Una recente sentenza del 23 giugno 2015, la n.12921 della Suprema Corte di Cassazione – Sezione terza civile ha infatti ribadito che la documentazione oggetto dell’esame tecnico del consulente deve essere conosciuta da entrambe le parti in causa. Dal corpo della sentenza abbiamo estrapolato alcuni passi significativi per comprendere le censure mosse all’operato del consulente tecnico d’ufficio e più in particolare per individuare quei possibili errori che il Consulente grafologo chiamato a svolgere l’incarico di CTU dal giudice civile potrebbe commettere seppure in piena buona fede “ La corte d’appello ha deciso di non avvalersi delle risultanze della consulenza tecnica perché ne ha dichiarato la nullità, in quanto solo in sede di consulenza tecnica, in violazione sia dei termini per la produzione documentale che del principio del contraddittorio, una delle parti (1)ha trasmesso direttamente al consulente una serie di documenti atti a comprovare…. suscitando le immediate contestazioni della controparte.” Nello specifico il CTU ai fini dell’espletamento del suo incarico acquisiva direttamente da una delle parti in causa dati documentali necessari per elaborare una risposta ai quesiti del giudice, ritenendo che potesse avvalersi del principio secondo il quale al consulente tecnico è consentito acquisire aliunde i dati necessari per svolgere l’accertamento affidatogli in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, da ultimo con la sentenza n.1901 del 2010 della Cassazione. Invero precisano i giudici della sentenza in commento “La giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che in tema di consulenza tecnica d’ufficio, rientri nel potere del consulente tecnico d’ufficio attingere “aliunde” notizie e dati, non rilevabili dagli atti processuali e concernenti fatti e situazioni formanti oggetto del suo accertamento, quando ciò sia necessario per espletare convenientemente il compito affidatogli, e che dette indagini possono concorrere alla formazione del convincimento del giudice purché ne siano indicate le fonti, in modo che le parti siano messe in grado di effettuarne il controllo, a tutela del principio del contraddittorio (Cass. n. 13686 del 2001, Cass. n. 3105 del 2004; Cass. n. 13428 del 2008; Cass. n. 1901 del 2010). E tuttavia occorre chiarire entro che limiti è legittimo l’esercizio di tale facoltà da parte del consulente e quali siano i dati, le notizie, i documenti che egli può acquisire aliunde. Il criterio guida è che si tratta di un potere funzionale al corretto espletamento dell’incarico affidato, che non comporta alcun potere di supplenza, da parte del consulente, rispetto al mancato espletamento da parte dei contendenti al rispettivo onere probatorio. Esso viene legittimamente esercitato in tutti i casi in cui al consulente sia necessario, per portare a termine l’indagine richiesta, acquisire documenti in genere pubblici non prodotti dalle parti e che tuttavia siano necessari per portare a termine l’indagine e per verificare sul piano tecnico se le affermazioni delle parti siano o meno corrette … Potrà anche, nel contraddittorio delle parti, acquisire documenti non prodotti e che possano essere nella disponibilità di una delle parti o anche di un terzo qualora ne emerga l’indispensabilità all’accertamento di una situazione di comune interesse … Può acquisire inoltre dati tecnici di riscontro alle affermazioni e produzioni documentali delle parti, e pur sempre deve indicare loro la fonte di acquisizione di questi dati per consentire loro di verificarne l’esatto e pertinente prelievo. Quindi l’acquisizione di dati e documenti da parte del consulente tecnico ha funzione di riscontro e verifica rispetto a quanto affermato e documentato dalle parti. Non è invece consentito al consulente sostituirsi alla stessa parte, andando a ricercare aliunde i dati stessi che devono essere oggetto di riscontro da parte sua, che costituiscono materia di onere di allegazione e di prova (ovvero gli atti e i documenti che siano nella disponibilità della parte che agisce e dei quali essa deve avvalersi per fondare la sua pretesa) che non gli siano stati forniti, acquisendoli, come è avvenuto in questo caso, dalla parte che non li aveva tempestivamente prodotti, nonostante l’opposizione della controparte, in quanto in questo modo verrebbe impropriamente a supplire al carente espletamento dell’onere probatorio, in violazione sia dell’art.2697 c.c.(2) che del principio del contraddittorio”. In conclusione è bene che il consulente grafologo incaricato della CTU dal giudice civile si attenga all’esaminare la documentazione già presente agli atti processuali o comunque prodotta dalle parti nel rispetto del principio della contraddittorietà, riservando alla sua iniziativa l’acquisizione di documenti pubblici ritenuti necessari a meglio espletare il proprio incarico. Osservando queste semplici ma essenziali raccomandazioni eviterà di incorrere nella dichiarazione di nullità della C.T.U.

Roberto Colasanti

1 Nota inserita dal redattore in luogo del nominativo di una delle parti in causa

2 Codice civile – Libro sesto – della tutela dei diritti – titolo II delle prove – art. 2697

Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.
Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda.

Progetto Alternanza Scuola Lavoro

Prof. Giuseppe SCHIRRIPA SPAGNOLO

Dipartimento Di Matematica e Fisica – Progetto Alternanza Scuola Lavoro

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La legge 13 luglio 2015, n.107, recante “Riforma del sistema nazionale d’istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti” (la cosiddetta “Buona Scuola”), ha inserito, nell’offerta formativa di tutti gli indirizzi di studio della scuola secondaria di secondo grado, come parte integrante obbligatoria dei percorsi di istruzione, attività di alternanza tra scuola e mondo del lavoro.

L’alternanza scuola-lavoro costituisce una metodologia didattica per offrire agli studenti la possibilità di fare scuola in una situazione lavorativa e di “apprendere facendo”, attraverso uno specifico percorso formativo progettato e attuato dall’istituzione scolastica in convenzione con enti privati e pubblici (quindi anche le Università).

Il Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università degli Studi Roma Tre aderisce al progetto ministeriale di “Alternanza scuola-lavoro” mettendo a disposizione le proprie strutture (uffici amministrativi, laboratori e strutture didattiche) per ospitare studenti delle Scuole Secondarie di II grado interessati ad affrontare un breve periodo di stage, inteso come alternanza scuola-lavoro.

Nei tribunali di tutto il mondo occidentale, l’uso degli esperti scientifici e delle loro analisi è ormai diventato normale; scienziati di ogni tipo affollano le aule giudiziarie.

Inoltre, la scienza in tribunale (correttamente bisognerebbe dire la tecnologia) riscuote notevole successo mediatico; in televisione, impazza in tutto il mondo CSI (Crime Scene Investigation), così come altre fortunate e intriganti serie televisive (Bones, Criminal Minds, Dexter, Law & Order, ecc.). Queste serie sono una sorta di apoteosi delle scienze forensi.

Partendo da queste considerazioni, il Dipartimento di Matematica e Fisica ha proposto un’attività di alternanza scuola lavoro intesa a stabilire se la metodologia scientifica “riflessione speculare”, impiegata per individuazione della sequenza temporale di apposizione di tratti sovrapposti eterogeni, è utilizzabile (in modo affidabile), previo un breve addestramento, anche da persone non esperte. Continua a leggere

La firma

esempio firmaa cura di Patrizia Belloni

La firma, espressione dell’io più profondo, l’identità sociale che ci svela e ci rivela, ma non soltanto.

E’ la rappresentazione autentica del nostro essere.

Quando apponiamo la firma su un documento, che sia passaporto o carta d’identità – non a caso si chiama così, perchè lo autentichiamo insieme alla foto – dichiariamo di esserne l’autore, ci assumiamo la responsabilità di fronte alla legge in primo luogo ma anche al cospetto della società civile.

Nella firma si può trovare un duplice significato: personale, sentito come il nostro nome che ci appartiene e ci identifica sin dalla nascita; sociale, perchè ha il sapore dell’ufficialità.

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L’editoriale di Ottobre

a cura di Patrizia Belloni

Cari lettori,

come ho già avuto modo di spiegare, in altre occasioni, grafologia magazine per me, ma anche per tutti i professionisti che ruotano attorno a questa testata giornalistica, è come una creatura, nata da un progetto voluto e desiderato.

Da oltre un anno in rete, e da allora, tante figure professionali hanno contribuito alla crescita di grafologia magazine, tanti cari amici che hanno dato, un prezioso contributo e continueranno su questa scia, proprio come me, che mi sono assunta l’onere ma anche l’onore di dirigere questo giornale.

Tutti gli articoli che vengono pubblicati sono inediti, pensati e scritti per questo progetto on-line proprio per offrire alle tante persone che ci seguono un prodotto di qualità più che di quantità. Continua a leggere