Considerazioni sul “bianco”

Il bianco, in grafologia, è indice rivelatore della personalità umana, occorre quindi studiarlo con attenzione, nei suoi spazi, nella sua vivacità, nei suoi blocchi e nei suoi ritmi.

Provate, infatti, a sedervi davanti a un foglio bianco e immaginate che qualcuno vi dica: “Ora scriva 10/15 righe, può scrivere ciò che vuole… Quasi subito si avverte una sensazione di disagio, impauriti di fronte al foglio bianco senza sapere come iniziare, come riempire questo spazio, alcuni alla fine rinunciano, altri tentano. Tutto questo per evidenziare il significato e di quanto sia importante il bianco in grafologia.

Questo colore “non colore”, questo concetto di vuoto/non vuoto che, secondo la filosofia Zen, viene inteso come natura originaria dell’uomo.

Anche nella pittura, come ho avuto modo di constatare andando a vedere la mostra a Roma alle Scuderie del Quirinale, Matisse in alcuni suoi quadri lasciava un piccolo spazio bianco, non colorato, non privo di significato ma, al contrario, perché possa essere riempito dei colori, dei suoni e delle modulazioni e delle vibrazioni proprie di chi guarda il quadro.

Anche la pittura giapponese lascia molto spazio al bianco rappresentante l’universo in contrapposizione al nero che, sempre secondo la filosofia Zen, rappresenta la forma materiale. L’equilibrio tra queste forze, vuoto/pieno, leggerezza/pesantezza, uomo/natura, rappresenta la pienezza della vita, serena e tranquilla.

Una vita che ci possa permettere di far fronte agli ostacoli che inevitabilmente incontreremo sul nostro cammino.

Il bianco dovrebbe quindi essere considerato un serbatoio da cui attingere potenzialità, energia che non dovrebbero spaventarci fino al punto di isolarci, ma accompagnarci nella nostra crescita, sia dal punto di vista intellettuale, spirituale che pratico.

Tale percorso potrebbe essere foriero di intuizioni brillanti, idee e progetti che potrebbero gratificare noi stessi e anche agli occhi degli altri.

Claudia Ducci

Il ruolo del consulente grafologo nel procedimento di mediazione

Nel nostro ordinamento trova spazio il procedimento di mediazione delle controversie civili e commerciali attualmente di tre tipi: mediazione facoltativa, mediazione delegata e mediazione obbligatoria. In relazione a quest’ultimo tipo di procedimento si pone in evidenza il possibile coinvolgimento del consulente grafologo sotto tre profili: consulente di parte, consulente tecnico di mediazione (c.d. “C.T.M.” in analogia al “C.T.U.” in sede giurisdizionale) nonché quale mediatore se in possesso dei requisiti richiesti dalla normativa. Anzitutto, anche per meglio delinearne la portata, risulta opportuno evidenziare che il nuovo comma 1-bis dell’art. 5 del Decreto Legislativo n. 28/2010 dispone che l’esperimento del procedimento di mediazione costituisce condizione di procedibilità per l’esercizio dell’azione giudiziaria relativa alle controversie in determinate materie tra le quali le successioni ereditarie.
Il procedimento ha una durata non superiore a tre mesi e prende avvio dalla domanda presentata mediante il deposito di un’istanza presso l’organismo di mediazione nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. Il responsabile dell’organismo di mediazione investito della questione designa un mediatore e fissa l’incontro delle parti – che dovranno farsi assistere da un avvocato – non oltre trenta giorni dal deposito della domanda.
In particolare nelle controversie in materia di successioni, risulta evidente che ciascuna delle parti potrà allegare alla propria istanza una perizia grafologica in ordine, ad esempio, all’autenticità del testamento olografo pubblicato dalla controparte. Facendo un caso concreto potrebbero esistere due testamenti olografi pubblicati e aventi datazione diversa con la prevalenza dell’ultimo. L’oggetto della controversia potrebbe coincidere con l’apocrifia dell’ultimo testamento sulla scorta di una perizia o di una consulenza grafologica a fondamento di un’azione giudiziaria ma ancora prima oggetto del tentativo obbligatorio di mediazione. Molteplici le possibili sfaccettature del coinvolgimento quale consulente di parte del grafologo nel corso di questo procedimento.
Sotto altro profilo come previsto dalla normativa il mediatore può avvalersi di esperti ossia dei consulenti tecnici di mediazione (C.T.M.) i quali sono chiamati a prestare al mediatore supporto tecnico e specialistico in caso di mediazioni particolarmente complesse tra le quali si ipotizzano i procedimenti avviati sulla base di una domanda che alleghi una perizia grafologica. In tale contesto il grafologo può essere chiamato a svolgere detto ruolo.
Inoltre, il consulente grafologo può diventare mediatore se in possesso di laurea, almeno triennale, oppure se iscritto in un albo professionale, in ogni caso, acquisendo la qualifica di mediatore a seguito della frequenza di un corso tenuto da organismi iscritti nell’apposito registro tenuto presso il Ministero della Giustizia e all’esito di una prova di valutazione finale. Si ipotizza la designazione del grafologo-mediatore nei casi che abbiano ad oggetto l’autenticità di firme e/o di scritti.
In conclusione, il procedimento di mediazione delle controversia appare come un contesto ove il grafologo può essere chiamato a svolgere la propria attività professionale.

Gabriele Colasanti

Anche la cartolina postale di ricevimento può formare oggetto dell’indagine grafologica

Capita nella vita di tutti i giorni di ricevere una raccomandata con ricevuta di ritorno. Nella pratica quotidiana l’incaricato postale citofona all’indirizzo del destinatario, consegna la busta e fa apporre una firma sulla cartolina che tornerà al mittente al fine di attestarne la ricezione nonché sulla distinta che rimane agli atti dell’ufficio postale. Talvolta si tratta di comunicazioni inviate a mezzo raccomandata solamente per scongiurare lo smarrimento o i tempi “biblici” che talvolta assume la posta ordinaria, in altri casi la busta raccomandata contiene atti giudiziari o comunque comunicazioni stragiudiziali ma con effetti giuridici che decorrono dalla data di consegna (si pensi ad es. al termine di 30 giorni dalla comunicazione stabilito dall’art. 1137 c.c. per l’impugnativa della delibera annullabile dell’assemblea di condominio).Postino
Pur trattandosi di fattispecie a rilevanza penalistica potrebbe capitare di trovarsi di fronte ad una ricevuta postale comprovante la ricezione della comunicazione e/o dell’atto recante una sottoscrizione apocrifa. Di conseguenza l’incolpevole destinatario dell’atto potrebbe subire, suo malgrado, effetti giuridici rilevanti, quali a titolo esemplificativo decadenza dalla possibilità di proporre ricorsi e/o impugnazioni in generale, sulla scorta di una ricezione non avvenuta provata da una firma apposta da altra persona in suo danno.
Di conseguenza anche la ricevuta del servizio postale può formare oggetto di una perizia grafologica finalizzata a supportare l’azione giudiziaria tesa al disconoscimento della sottoscrizione. La consulenza potrebbe risultare maggiormente complessa in virtù del materiale (cartoncino), dell’inchiostro utilizzato (nella prassi anche pennarelli a tratto fine) oppure delle concrete modalità di apposizione della firma ad esempio utilizzando un muretto o il palmo della mano come supporto.
codice-civile_largeSecondo la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, come ribadito con la recente sentenza n. 3875 del 25 febbraio 2015, “l’avviso di ricevimento dell’atto spedito per la notifica a mezzo posta possiede la stessa natura certificatoria della relazione di notifica redatta dall’ufficiale giudiziario – da questi demandata all’agente postale – ed e’ pertanto assistito da fede privilegiata, ai sensi dell’articolo 2700 c.c., in ordine alle dichiarazioni delle parti ed agli altri fatti che l’agente assuma essere avvenuti in sua presenza. (Cass. nn. 8500/05, 11452/03, 3065/03, 1783/01). Ne consegue che il destinatario della notifica che affermi di non aver mai ricevuto l’atto, e in particolare di non aver mai apposto la propria firma sull’avviso di ricevimento, ha l’onere, se intende contestare l’avvenuta esecuzione della notificazione, di impugnare l’avviso di ricevimento a mezzo di querela di falso (Cass. nn. 3065/03, 1783/01 cit), a nulla rilevando, attesa l’autonomia fra giudizio penale e civile, che il preteso falso sia stato denunciato in sede penale.”
Ai sensi dell’art. 221, 1° comma, c.p.c., la querela di falso può essere proposta, da chiunque abbia interesse a contrastare l’efficacia di un documento, in via principale ma anche in corso di causa in qualunque stato e grado di giudizio e fino a che la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato. La querela di falso può essere proposta con atto di citazione o con dichiarazione da unirsi al verbale di udienza, personalmente dalla parte o a mezzo del difensore munito di procura speciale.
Anche di fronte ad una “semplice” cartolina postale recante una sottoscrizione apocrifa non è sufficiente rivolgersi all’autorità giudiziaria penale ma risulta necessario avvalersi di un consulente-perito grafologo e di un avvocato.

Gabriele Colasanti

Grafologia nella selezione aziendale

Spesso, quando ci si trova a dover affrontare un colloquio di lavoro, nonostante titoli e competenze accertate, si devono fare i conti con l’ansia, che purtroppo a volte, non permette di rivelarci pienamente.

L’ansia che “blocca”, ci paralizza, e riesce a prendere il sopravvento sulla nostra mente, modificando le nostre azioni, e non rendendo libera la facoltà di espressione, che risulta essere così inferiore alle nostre reali capacità.

C’è l’ansia che “mobilita”, che rende iperattivi, come se ci fosse un vuoto da colmare, quindi fare sempre di più, sempre meglio, per esserci. Questo aspetto in talune circostanze può essere un fattore di stimolo ma in altri casi un fattore di disturbo soprattutto in contesti lavorativi complessi.

Dirigenti di Aziende, proprio per questi motivi, si rivolgono, sempre più di frequente, a grafologi professionisti, per avere un quadro completo e chiaro sulla personalità del candidato, far luce sulle potenzialità, se abbia o meno capacità di adattamento nel caso in cui dovesse svolgere un lavoro in equipe,lo spirito di iniziativa, senza lasciarsi sopraffare da blocchi dovuti all’ansia, se gli venisse richiesto di prendere decisioni immediate per il buon andamento dell’Azienda in questione.

Il ruolo del Grafologo, nell’ambito della consulenza aziendale, trova spazio sia nella selezione del personale da assumere che nella riorganizzazione delle risorse umane già nell’organico dell’azienda. La consulenza consiste nello scoprire, attraverso la scrittura i punti di forza del candidato o del dipendente, rivelare, a volte suo malgrado, le potenzialità, la facoltà di adattamento, e la possibilità di una personale evoluzione.

Sovente ci troviamo di fronte a scritture con un forte desiderio di “essere”,(scrittura fallica) ma con un ostacolo a volte insuperabile, la paura dell’insuccesso, quando si ha una scarsa fiducia nelle proprie possibilità, ci si rifugia nell’ansia, che paralizza e non ci fa andare avanti.

L’analisi della scrittura, centrata sul piano strettamente professionale, non lascia spazio a risvolti psicologici, ma, verte su elementi concreti, attinenti al ruolo che le è stato offerto.

Una volta redatta l’analisi, nel caso in cui il candidato, non fosse idoneo per quel ruolo specifico, il Grafologo farà emergere altre qualità, altrettanto importanti, in modo che l’Azienda possa valutare l’assunzione in un’altra posizione oppure trovargli una idonea collocazione in un altro settore in caso di riorganizzazione delle risorse umane.

Patrizia Belloni

Grafologia e pedagogia: l’analisi del disegno della figura umana

Dopo aver affrontato l’argomento dello scarabocchio e dell’evoluzione del disegno,  ci soffermiamo sull’analisi del disegno della figura umana quale indice psicopedagocico del bambino.

Infatti, nel disegnare la figura umana il bambino rappresenta in maniera inconscia se stesso e questo ci informa su come percepisce il proprio schema corporeo e i desideri che l’accompagnano, quindi l’analisi deve cogliere sia gli aspetti generali della personalità, sia alcune particolarità che possono aiutare a comprendere il perché del suo comportamento.

La COLLOCAZIONE sul foglio segue la regola interpretativa del simbolismo spaziale, che assegna a ogni zona del foglio inteso come spazio-ambiente un significato specifico:

– la figura umana è eseguita con buona collocazione nello spazio, ben proporzionata nelle forme: buon adattamento alla realtà circostante, crescita ben equilibrata

– il bambino disegna un omino piccolo, in fondo al foglio, con un tratto debole e tremolante: senso di inferiorità, sottovalutazione di sé rispetto ai coetanei;

– l’assenza o la non corretta collocazione di alcuni organi o parti del corpo umano, le cancellature ricorrenti, le interruzioni del tratto, le evanescenze: insicurezza, poca stima e fiducia in se tesso;

La scelta di collocare il disegno nelle varie zone del foglio dipende dalle caratteristiche psicologiche di base e dallo stato emotivo-affettivo del momento in cui il bambino esegue il disegno: un disegno posto in alto a sinistra indica sia la tendenza di legarsi ai ricordi, sia la timidezza o l’inibizione causata da esperienze negative. Chi preferisce usare la zona sinistra è immediato nell’espressione, partecipativo, fortemente legato alla madre; chi disegna a destra è meno espansivo e ha tanta voglia di crescere. Per la suddivisione verticale, i bambini più piccoli tendono ad usare la zona inferiore, perché li fa sentire più sicuri e protetti, per passare poi verso i 3-4 anni a quella centrale che occupano tutta dopo i 6-7 anni.

LA DIMENSIONE su un foglio formato standard 21×29,7 va considerata dall’apice della testa, compresi i capelli ed eventuale cappello, fino ai piedi ed è direttamente correlata alla percezione di sé del bambino:

dimensione piccola: bassa autostima, timidezza, timore del confronto

dimensione grande (più di metà del foglio): sicurezza e fiducia in sé , nei casi estremi, invadenza

dimensione corretta (8-18 cm.): subisce variazioni con l’età e presenta differenziazioni fra i sessi

Nei primi anni i maschi tendono a fare figure più grandi delle bambine le quali aumentano progressivamente e in modo costante le dimensioni fino a disegnare figure più grandi , nella pubertà, rispetto ai coetanei maschi, quando diventa forte il desiderio di piacere. La crescita delle dimensioni del disegno nei maschi presenta due momenti critici: verso i 5-6 anni e nella pubertà. Il primo si manifesta in concomitanza del passaggio dalla fase fallica al periodo di latenza e con la formazione del SuperEgo: ciò comporta l’evoluzione del processo di identificazione con una maggior consapevolezza di sé e dei propri limiti. Il secondo momento critico avviene nell’età puberale causato dalla paura di crescere e doversi staccare dalla madre e nel contempo dover rinunciare ai privilegi dell’età infantile: si attua una sorta di regressione segnalata dalla diminuzione delle dimensioni della figura umana.

LE PROPORZIONI riguardano il rapporto tra le varie parti fisiche del corpo nel suo insieme (occhi-viso, mani- braccia, tronco-gambe, ecc…); la giusta proporzionalità viene acquisita nel tempo, con l’evolversi della maturazione grafica che va di pari passo con la maturazione psicofisica. La capacità di eseguire figure umane con le giuste proporzioni viene fatta risalire ai 7 anni circa , quando il bambino acquisisce la capacità di osservare criticamente il proprio lavoro (realismo visivo per Luquet e stadio delle operazioni concrete per J. Piaget). Tuttavia quando le sproporzioni sono evidenti o addirittura eccessive, esse acquistano particolare significato anche in età precedente. Di particolare significato sono:

  • la testa grande: bisogno nutritivo e di comunicazione, anche esibizionismo;

  • la testa piccola: problemi connessi col nutrimento nelle prime fasi della vita;

  • il collo lungo: necessità di esplorare, ma anche sogni e fantasticherie gratificanti;

  • le braccia lunghe: bisogno di comunicare e di abbracciare, ma, se accompagnate da mani ad artiglio o con numerose dita o chiuse a pugno, denti molto evidenti, bocca marcata fortemente e rossa, possono essere segno sia di aggressività mal controllata che subita;

  • le braccia corte: timidezza, insicurezza, bisogno di rassicurazione;

  • le mani grandi: bisogno di scambi affettivi, ma anche voglia di picchiare gli altri;

  • le gambe lunghe: bisogno di stabilità, se troppo lunghe indicano il desiderio di raggiungere una figura adulta che viene vissuta come ‘modello’;

  • le gambe corte: indole pratica, tenuta fisica;

  • gli occhi grandi: curiosità per le cose e per i sentimenti di chi gli sta intorno.

IL TRATTO GRAFICO

IL termine ‘tratto’ è qui usato in senso grafologico; la gestione del tratto può essere continua e fluida, oppure frammentata, il segno può essere curvo o angoloso, leggero o appoggiato… Bisogna fare molta attenzione alla punta della matita, della penna o del pennarello usati e, possibilmente osservare più disegni eseguiti in giorni diversi. Il tratto ci consente di cogliere alcuni aspetti costituzionali del bambino, oltre che a poter individuare la presenza di interferenze emotive di provenienza sia interna che esterna. Più specificamente:

– tratto curvo: notevole capacità di adattamento a situazioni nuove, dipendenza dal consenso e dall’approvazione dell’ambiente circostante;

– tratto dritto: desiderio di far prevalere la propria volontà e tenacia sull’improvvisazione, maggior difficoltà a manifestare i propri sentimenti, ma anche, in presenza di un’angolosità accentuata, aggressività e opposizione.

Elisabetta Agnoloni

L’evoluzione del disegno

disegni articolo agnoloniDopo la fase dello scarabocchio  – di cui ho avuto modo di parlare in questo giornale nel mese di giugno – che segna il primo periodo del grafismo infantile, il bambino tra i 3 e i 4 anni elabora almeno due tipi di espressione, le FORME e le FIGURE, accompagnate spesso da commenti a voce alta, che stupiscono gli adulti, ma non i coetanei. Si tratta di un primo codice comunicativo che attraverso simboli grafici personalizzati permette al bambino di manifestare sentimenti e desideri: i personaggi e l’ambiente vengono raffigurati con un’ ottica soprattutto affettiva, egli muove i personaggi a suo piacimento, li esclude, li annulla, li ingigantisce e così via. Se i genitori o le maestre mostrano di apprezzare quello che fa, ecco nascere e svilupparsi in lui un senso di sicurezza e di autonomia.

Le FORME sono la prima evoluzione dello scarabocchio e indicano il desiderio del bambino di esplorare l’ambiente spaziale che lo circonda: è il momento del geometrismo (cerchi, triangoli, romboidi), della tendenza alla ripetizione composita; inoltre, muovendosi in libertà sul foglio sperimenta l’alto e il basso, la destra e la sinistra, il davanti e il dietro, il prima e il dopo. Tuttavia all’occhio dell’adulto sfuggono gli intenti rappresentativi in quanto le forme assomigliano a dei disegni astratti (realismo mancato). Nonostante l’autocritica sia ancora assente dalle valutazioni del bambino, un po’ alla volta egli capisce che deve avvicinarsi di più alla realtà perché la sua opera possa essere compresa dai grandi.

Le FIGURE rappresentano il traguardo successivo che vede comparire in sequenza la figura umana, la casa e l’albero fino a creare scene complesse. I disegni dei bambini piccoli nel corso di questi ultimi decenni si sono andati arricchendo di oggetti tecnologici e soggetti televisivi ( macchine, razzi ,carri armati, robot, mostri…, per i maschi, scene bucoliche con prati, fiori, farfalle, per le bambine). In ogni caso il disegno è soprattutto l’espressione concreta di sentimenti ed emozioni e basta un piccolo tratto, una macchia, un fiore senza foglie per metterci in grado di capire cosa il bambino vuol dire su di sé, sulla sua famiglia, sulla sua crescita.

Quello che stupisce è la raffigurazione iniziale di questi tre elementi, persona, casa, albero, secondo un modello fisso, quasi archetipico, del tutto indipendente dal contesto ambientale in cui il bambino vive.

Elisabetta Agnoloni