Dopo aver affrontato l’argomento dello scarabocchio e dell’evoluzione del disegno, ci soffermiamo sull’analisi del disegno della figura umana quale indice psicopedagocico del bambino.
Infatti, nel disegnare la figura umana il bambino rappresenta in maniera inconscia se stesso e questo ci informa su come percepisce il proprio schema corporeo e i desideri che l’accompagnano, quindi l’analisi deve cogliere sia gli aspetti generali della personalità, sia alcune particolarità che possono aiutare a comprendere il perché del suo comportamento.
La COLLOCAZIONE sul foglio segue la regola interpretativa del simbolismo spaziale, che assegna a ogni zona del foglio inteso come spazio-ambiente un significato specifico:
– la figura umana è eseguita con buona collocazione nello spazio, ben proporzionata nelle forme: buon adattamento alla realtà circostante, crescita ben equilibrata
– il bambino disegna un omino piccolo, in fondo al foglio, con un tratto debole e tremolante: senso di inferiorità, sottovalutazione di sé rispetto ai coetanei;
– l’assenza o la non corretta collocazione di alcuni organi o parti del corpo umano, le cancellature ricorrenti, le interruzioni del tratto, le evanescenze: insicurezza, poca stima e fiducia in se tesso;
La scelta di collocare il disegno nelle varie zone del foglio dipende dalle caratteristiche psicologiche di base e dallo stato emotivo-affettivo del momento in cui il bambino esegue il disegno: un disegno posto in alto a sinistra indica sia la tendenza di legarsi ai ricordi, sia la timidezza o l’inibizione causata da esperienze negative. Chi preferisce usare la zona sinistra è immediato nell’espressione, partecipativo, fortemente legato alla madre; chi disegna a destra è meno espansivo e ha tanta voglia di crescere. Per la suddivisione verticale, i bambini più piccoli tendono ad usare la zona inferiore, perché li fa sentire più sicuri e protetti, per passare poi verso i 3-4 anni a quella centrale che occupano tutta dopo i 6-7 anni.
LA DIMENSIONE su un foglio formato standard 21×29,7 va considerata dall’apice della testa, compresi i capelli ed eventuale cappello, fino ai piedi ed è direttamente correlata alla percezione di sé del bambino:
dimensione piccola: bassa autostima, timidezza, timore del confronto
dimensione grande (più di metà del foglio): sicurezza e fiducia in sé , nei casi estremi, invadenza
dimensione corretta (8-18 cm.): subisce variazioni con l’età e presenta differenziazioni fra i sessi
Nei primi anni i maschi tendono a fare figure più grandi delle bambine le quali aumentano progressivamente e in modo costante le dimensioni fino a disegnare figure più grandi , nella pubertà, rispetto ai coetanei maschi, quando diventa forte il desiderio di piacere. La crescita delle dimensioni del disegno nei maschi presenta due momenti critici: verso i 5-6 anni e nella pubertà. Il primo si manifesta in concomitanza del passaggio dalla fase fallica al periodo di latenza e con la formazione del SuperEgo: ciò comporta l’evoluzione del processo di identificazione con una maggior consapevolezza di sé e dei propri limiti. Il secondo momento critico avviene nell’età puberale causato dalla paura di crescere e doversi staccare dalla madre e nel contempo dover rinunciare ai privilegi dell’età infantile: si attua una sorta di regressione segnalata dalla diminuzione delle dimensioni della figura umana.
LE PROPORZIONI riguardano il rapporto tra le varie parti fisiche del corpo nel suo insieme (occhi-viso, mani- braccia, tronco-gambe, ecc…); la giusta proporzionalità viene acquisita nel tempo, con l’evolversi della maturazione grafica che va di pari passo con la maturazione psicofisica. La capacità di eseguire figure umane con le giuste proporzioni viene fatta risalire ai 7 anni circa , quando il bambino acquisisce la capacità di osservare criticamente il proprio lavoro (realismo visivo per Luquet e stadio delle operazioni concrete per J. Piaget). Tuttavia quando le sproporzioni sono evidenti o addirittura eccessive, esse acquistano particolare significato anche in età precedente. Di particolare significato sono:
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la testa grande: bisogno nutritivo e di comunicazione, anche esibizionismo;
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la testa piccola: problemi connessi col nutrimento nelle prime fasi della vita;
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il collo lungo: necessità di esplorare, ma anche sogni e fantasticherie gratificanti;
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le braccia lunghe: bisogno di comunicare e di abbracciare, ma, se accompagnate da mani ad artiglio o con numerose dita o chiuse a pugno, denti molto evidenti, bocca marcata fortemente e rossa, possono essere segno sia di aggressività mal controllata che subita;
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le braccia corte: timidezza, insicurezza, bisogno di rassicurazione;
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le mani grandi: bisogno di scambi affettivi, ma anche voglia di picchiare gli altri;
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le gambe lunghe: bisogno di stabilità, se troppo lunghe indicano il desiderio di raggiungere una figura adulta che viene vissuta come ‘modello’;
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le gambe corte: indole pratica, tenuta fisica;
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gli occhi grandi: curiosità per le cose e per i sentimenti di chi gli sta intorno.
IL TRATTO GRAFICO
IL termine ‘tratto’ è qui usato in senso grafologico; la gestione del tratto può essere continua e fluida, oppure frammentata, il segno può essere curvo o angoloso, leggero o appoggiato… Bisogna fare molta attenzione alla punta della matita, della penna o del pennarello usati e, possibilmente osservare più disegni eseguiti in giorni diversi. Il tratto ci consente di cogliere alcuni aspetti costituzionali del bambino, oltre che a poter individuare la presenza di interferenze emotive di provenienza sia interna che esterna. Più specificamente:
– tratto curvo: notevole capacità di adattamento a situazioni nuove, dipendenza dal consenso e dall’approvazione dell’ambiente circostante;
– tratto dritto: desiderio di far prevalere la propria volontà e tenacia sull’improvvisazione, maggior difficoltà a manifestare i propri sentimenti, ma anche, in presenza di un’angolosità accentuata, aggressività e opposizione.
Elisabetta Agnoloni