Prevenzione grafologica e diffusione giornalistica di notizie

ABSTRACT
A cura di Patrizia Belloni

Nell’articolo che seguirà questa breve introduzione, ho affrontato due tematiche, di grande attualità, che fanno parte del nostro vivere quotidiano, ovvero l’informazione attraverso i vari notiziari, giornali e trasmissioni televisive, e la prevenzione, in questo caso, per quanto riguarda l’aspetto grafologico nelle sue più variegate applicazioni.
L’importanza di una informazione giusta nelle “dosi”, come si suole dire “quanto basta”, il giusto equilibrio tra i vari ingredienti.
Si può, e si deve, far apprendere la notizia, senza scadere nel sensazionalismo, e soprattutto evitare di creare un film, quando si racconta il fatto, l’accaduto.
Ragguagliare la società, diffondere una voce, non vuol dire avere un vantaggio per il proprio giornale o trasmissione televisiva, ma che sappia tener conto, del possibile risultato opposto, ovvero negativo, che l’abbondante reiterazione del comunicato, potrebbe provocare in soggetti deboli.
Il secondo argomento, che mi riguarda molto da vicino, comprende la prevenzione di carattere grafologico.
Inserire nelle scuole medie, ma anche nei licei, la figura del grafologo, a mio avviso, sarebbe molto importante, proprio per un fine cautelativo nei confronti di un pre-adolescente o adolescente.
Dalla scrittura si possono capire gli aspetti fondamentali del carattere, e non soltanto.
Fare una analisi grafologica postuma, magari di un soggetto, reo confesso di un delitto, serve a poco…

PREVENZIONE GRAFOLOGICA E DIFFUSIONE GIORNALISTICA DI NOTIZIE

APPROFONDIMENTO
A cura di Patrizia Belloni

Il termine “femminicidio”, è ormai in gran voga, di cui sentiamo spesso parlare, nei vari notiziari televisivi, per descrivere, purtroppo, l’efferatezza messa in atto da alcuni uomini, nei confronti delle proprie mogli o compagne.
Personalmente questa locuzione mi lascia perplessa.
Viviamo nell’era della tecnologia, dei social, della modernità più sfrenata ed ancora si deve udire questo vocabolo, generico, quindi usato soprattutto nel mondo animale.
In un tempo, per fortuna ormai lontano, la parola femmina, veniva usata da una certa tipologia di uomini, che fossero padri, fratelli o mariti, per rimettere “a posto”, ricondurre sulla retta via una donna.
Sei soltanto una femmina, come se fosse un disvalore, e con ciò mi viene in mente il decadentismo.
Una corrente letteraria, sviluppatasi a partire dalla seconda metà dell’ottocento, fino ad inizio del novecento, che si contrapponeva alla razionale positività.
Lo stesso Petrarca, con sfumatura negativa, in uno dei suoi cantici: “Femmina è una cosa mobile per natura”.
La malafemmina, una canzone struggente, scritta ed interpretata dal principe Antonio De Curtis, in arte Totò, che aveva dedicato ad una donna, naturalmente, rea, di averlo abbandonato.
Tornando ai nostri giorni, mi viene in mente la nota serie televisiva, il celeberrimo commissario Montalbano, dove ogni qualvolta si parli di “ fimmina”… appare sempre una donna molto procace, appariscente, con abiti molto succinti, che puntualmente provoca il “povero” poliziotto.
Ad esempio, in India e Cina si eliminano più bambine di quelle che nascono in America ogni anno, il paese in cui nascere “femmina” può costare la vita.
Tuttavia, questo termine è deliberatamente usato, anche in modo del tutto volontario e disinvolto, ancora oggi, ma quando apprendiamo che è stato commesso un omicidio, nei confronti di essere umani, che siano donne, uomini o bambini non c’è differenza.
Rimane comunque un atto esecrabile, che suscita indignazione, un sacrilegio nei confronti dell’umanità.
Catalogare un assassinio, crimine di chi sopprime vite umane, nel caso specifico di donne, incasellarlo come “femminicidio”, è come, in un certo senso attribuire una specializzazione, seppur malevola, all’omicida.
Comprendo che questo possa suscitare, nei confronti di chi leggerà questo articolo, un certo disappunto, ma…
Nelle menti disturbate di taluni soggetti, purtroppo, anche questi reati così efferati, gli autori di questi atroci delitti si sentono al centro dell’attenzione, magari quella che è mancata nell’infanzia.
Si impossessano così della ribalta, finalmente vengono notati, in qualche modo, e le loro “gesta” hanno una risonanza davvero eclatante.
Personalmente disapprovo la reiterazione esagerata, esasperante, della stessa notizia, ogni volta “arricchita” di particolari sempre più inquietanti.
E’ pur vero che l’informazione è fondamentale, essere sempre al corrente di ciò che accade, va bene, ma disapprovo il sensazionalismo ad ogni costo, e spesso, purtroppo proprio per questo motivo vengono diffuse notizie del tutto infondate.
Dobbiamo pensare che…
Quando si fa informazione, enfatizzare con racconti particolareggiati, immagini a volte agghiaccianti, si potrebbe favorire un meccanismo perverso, nella mente di chi ha già una predisposizione caratteriale, patologica, verso determinati comportamenti.
In questi ultimi giorni, si sente parlare molto spesso, della giovanissima Noemi, aveva soltanto sedici anni, uccisa dal fidanzato coetaneo.
Mi astengo dal fare commenti sul biglietto, scritto dal ragazzo, peraltro in stampatello, ed anche sulla lettera che ha scritto lo scorso anno.
Vorrei invece soffermarmi, sull’importanza della prevenzione, aspetto determinante, per “tentare” di fare in modo che questi delitti accadano sempre più raramente, sino allo scomparire del tutto.
La grafologia offre degli strumenti inimmaginabili.
Ad esempio, attraverso la scrittura di una persona si può rilevare lo psichismo personale, da cui dipendono i vari processi funzionali: sentimenti, rapporti sociali, reazioni… insomma la condotta personale, anche di ragazzi molto giovani, con una particolare attenzione verso gli adolescenti.
Ognuno di noi ha il proprio modo di reagire di fronte agli stimoli, proprio come un circuito attivato dalla corrente elettrica, così lo psichismo personale è stimolato da un “movente”.
La persona collerica, che per un futile motivo, può scatenare una eccessiva aggressività…
Ciò avviene perché ha una “resistenza” psichica molto bassa, se avesse una normale resistenza, la forza del movente dovrebbe essere di gran lunga maggiore per dar luogo alla collera.
Tutto questo, e molto altro, si può capire attraverso la scrittura, prendendo in esame le “psicopatologie”.
Credo fermamente nei campanelli di allarme, un genitore attento può tranquillamente percepire, se il proprio figlio è vittima di qualche disagio psicologico, e fare finta che il problema non esista, o addirittura giustificarlo, certamente non lo aiuta.

“Fake news” – Nessuno escluso

A cura di Patrizia Belloni

L’era che attualmente stiamo vivendo, la possiamo definire “era digitale”, in quanto, la tecnologia, social network, dove al primo posto troviamo facebook, seguito da instagram e twitter, hanno modificato fortemente il modo di creare e gestire anche le relazioni umane.
Tutti noi siamo collegati ad internet costantemente, per lavoro, studio, o altro, basta un tablet, uno smartphone e possiamo accedere a qualsiasi notizia, in ogni parte del mondo.
Possiamo viaggiare e spaziare in un attimo, conoscere usi e costumi di paesi lontanissimi, avere scambi culturali con una infinità di persone, comunicare con il resto del mondo.
Se la tecnologia, se da un lato ci semplifica la vita, dall’altro può renderla altrettanto molto difficile da gestire.
In questi ultimi tempi si fa un gran parlare di “Fake News”, termine Anglosassone, che sta ad indicare le notizie false, che vengono messe in rete, sia dal cittadino comune, o da persone che comunque in un modo o nell’altro ne traggono un profitto.
Il rovescio della medaglia, il lato negativo di internet, è proprio questa forma ossessiva da parte di alcuni soggetti nel diffondere, attraverso la rete, notizie non soltanto false, ma addirittura dannose per la comunità, soltanto per generare ulteriore malcontento.
La più eclatante, risale a non molto tempo fa, quando un signore ha diffuso la notizia che suo figlio era diventato autistico in seguito ad una vaccinazione.
Oppure, affermare incautamente, che la meningite sia di provenienza soltanto Africana, dovuta all’immigrazione.
La presenza di tanti social network, hanno trasformato anche il cittadino qualunque, in un potenziale produttore di notizie, vere o false.
Tutti, oggi hanno la possibilità di sostituirsi al giornalista, basta avere uno smartphone, trovarsi nel momento dove si sta verificando un fatto, anche a volte spiacevole, riprenderlo, commentarlo e metterlo in rete, senza preoccuparsi, di quanto dolore, tutto questo, generi nelle persone coinvolte.
Nella grande famiglia delle “Fake News” troviamo anche il settore della grafologia, scienza umana che studia la scrittura delle persone.
Ciò che trovo più avvilente, è che molto spesso, sono proprio i “colleghi” a diffondere delle enormi “bufale”.
Addirittura qualche settimana fa, una grafologa, che ha un notevole spazio, in una nota rivista “rosa”, ha asserito che dalla scrittura, si può capire sicuramente, se prova quel sentimento chiamato amore, per una persona specifica.
Ora, è vero che analizzando il percorso grafico di due persone, che hanno una relazione sentimentale, si può capire se tra di loro esiste empatia, affinità elettive, se caratterialmente sono compatibili, se vanno nella stessa direzione, perseguendo gli stessi obiettivi, ma non possiamo spingerci oltre questo.
Questo tipo di notizia, purtroppo, non giova né alla categoria, né tantomeno al cittadino, che non biasimo, quando si rivolge al grafologo che non appare in televisione o su settimanali “rosa”, pensando che questi possano esaudire qualsiasi loro desiderio o necessità, perché lo hanno sentito dire da quelli bravi, quindi vero!
Come ricordo spesso, però mi rendo conto, mai abbastanza, che la grafologia è una scienza umana e come tale ha i suoi limiti.
Per i giornalisti, una delle prime regole del codice deontologico, è quella di verificare personalmente una notizia prima di pubblicarla, se si tratta di giornale cartaceo, piuttosto che on-line, ma anche prima di diffonderla nei vari media, sia televisivi che radiofonici.
Ciò vale anche per chi gestisce un blog, e non è detto che debba essere necessariamente un giornalista, ma dovrebbe comunque, usare il codice deontologico del “buon senso”.
Non fidarsi di fonti sconosciute, soltanto per “sensazionalismo”, come nel caso del “mostro Indonesiano”, che altro non era che un grosso animale morto, che ogni tanto affiorava sull’acqua.
Naturalmente questa notizia falsa, ha iniziato a circolare nel web, che oltre ai tantissimi klic, quindi denaro per i banner pubblicitari, gettando però, l’intera popolazione asiatica nella disperazione, un vero e proprio terrorismo psicologico.
Allora, in me, si fa strada un quesito: perché anche il cittadino “qualunque”, quando trova una notizia che viaggia in rete, non si pone la domanda, sarà vera?
Internet è indubbiamente una grande risorsa, se usato nel modo giusto, ma può trasformarsi, a volte, in una spietata macchina da guerra.

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Considerazioni sul disconoscimento della firma

A cura di Patrizia Belloni

L’ autenticità non dipende dalla sola affermazione dell’autore.

Il quesito più ricorrente che viene posto al grafologo giudiziario, è quello di accertare l’autografia o l’apocrifia di una firma, che essa sia stata apposta su un assegno, oppure su un contratto di qualsiasi genere, piuttosto che su un testamento.
Il secondo quesito, è che la vittima del presunto raggiro vuole sapere l’identità del falsario.
Se insorgono dei sospetti su una persona specifica, allora, in quel caso, il consiglio è di reperire più scritti possibili, firme su documenti ecc… al fine di poter effettuare delle comparazioni.
Lo psicologo e grafologo M. Pulver, in “Le simbolysme de l’ecriture”, sostiene che “ la forma del linguaggio grafico non dipende principalmente dalla mano, ma da quelle parti corticali del cervello da cui partono gli impulsi motori che guidano il movimento”.
Tutto ciò rende quella firma “unica”, nonostante non si possa sottovalutare il range di variabilità grafica insito in ogni scrittura, infatti a volte basta davvero poco per far in modo che appaia con qualche piccola variazione.
Una posizione scomoda del nostro corpo, ad esempio se firmiamo stando in piedi, oppure su un supporto cartaceo ruvido oppure abraso, addirittura uno stato d’animo particolare possono fare in modo di modificare la scrittura.
Ma questo, contribuisce soltanto in modo superficiale, esteriore, a modificare la scrittura o firma, infatti il compito del grafologo giudiziario, è proprio quello di capire la vera essenza dello scrivente, in modo da poter interpretare nel miglior modo possibile la scrittura.
Il primo elemento da considerare, è il metodo con il quale la persona conduce il percorso grafico, elemento innato, del tutto caratteristico, che si può riconoscere anche in caso di disturbi senili oppure di natura nervosa.
Pressione e tratto, come già ricordato, sono elementi imprescindibili dal nostro essere, impostazione e presa di possesso dello spazio, ovvero il modo di “distribuire” il nome e cognome sul foglio e lo spazio che intercorre tra di loro.
Questi sono gli elementi più importanti da valutare quando ci troviamo ad analizzare una firma, fanno parte degli otto generi della scrittura e non possiamo non prenderli in considerazione anche quando…si rivolge al grafologo giudiziario una persona che intende disconoscere la propria firma, dice di essere vittima di un raggiro, ma… guardandola e facendo un confronto con le altre firme, apposte su patente, carta d’identità mi accorgo che la firma oggetto di perizia è totalmente compatibile con le altre.
Ugualmente e paradossalmente apposta nella più totale buona fede nel momento in cui l’ha vergata su un contratto, quindi del tutto spontanea, libera da condizionamenti, ben disposta dal punto di vista psicologico, insomma un movimento “ben guidato”.
Salvo poi pentirsi successivamente, non prendere in considerazione il diritto di recesso, sovente previsto dalla legge, e credere che la cosa più intelligente da fare sia quella di asserire che la firma non è autografa.
Il disconoscimento della propria firma, quando nel caso specifico è stata apposta nella più totale buona fede, è una battaglia persa, se il gesto grafico è spontaneo, quindi volontario, scevro da condizionamenti ed inibizioni, perché in quel preciso istante apporre “quella” firma sul contratto in questione era ciò che la persona voleva e desiderava fare.
Altra cosa, è quando si firma in modo diverso, tentando di cambiare quegli elementi caratteristici del proprio gesto grafico, premeditando di disconoscerla in seguito.
In questo caso, una mente già “preparata” a guidare la propria mano in modo differente dal solito, può fare insorgere in un primo momento dei dubbi al grafologo.
Ma una firma falsa può essere facilmente riconoscibile, spesso anche a vista d’occhio, senza avere bisogno di usare chissà quale strumentazione, se mancano i due requisiti fondamentali, ovvero: naturalezza – spontaneità, dal momento che i due termini in perizia grafologica non sono sinonimi.
Come citano Ottolenghi e Silveri sul libro “teoria e pratica del diritto” di Bruno Vettorazzo: “Solo dopo constatata la naturalezza-spontaneità (credibilità) dello scritto o firma si passa al confronto, perché la credibilità equivale a naturalezza e spontaneità ma non ancora ad autenticità”.

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Il labirinto delle relazioni umane: un valido aiuto dalla grafologia

A cura di Elettra Spinelli
Le relazioni umane, necessarie alla stessa sopravvivenza dell’uomo, sono l’ambito  più complesso in cui l’individuo debba muoversi.

Partendo dal presupposto che è molto difficile arrivare a conoscere realmente se stessi, figuriamoci riuscire a farlo con un altro! Eppure tutti noi viviamo nella convinzione di conoscere chi ci circonda, saperne valutare  pregi e difetti, e addirittura essere in grado di capire ciò che spinge gli altri ad agire. E più le persone ci sono vicine, più ci illudiamo di conoscerle, muovendoci ignari in questo equivoco, in totale buona fede.

Ed è proprio questa inconsapevolezza che ci impedisce di filtrare ciò che mettiamo di nostro nella relazione rispetto alla realtà oggettiva  dell’altro.

A chi non è capitato, almeno una volta, di sentire  parlare  del  proprio genitore, o del proprio figlio, o del coniuge, o di un amico fraterno, e di avere  la precisa sensazione  che la persona descritta fosse molto diversa da quella conosciuta, quasi si trattasse di qualcun’altro. Tra figli e genitori questo succede frequentemente, proprio per il particolare tipo di relazione che rinchiude i soggetti in precisi ruoli, ognuno nella sua dimensione specifica,  impedendo il raggiungimento di una visione piena ed obiettiva dell’altro e di tutti quegli aspetti particolari che pur esistenti, sono meno visibili rispetto al   ruolo ricoperto nella relazione. E’ abbastanza normale per un figlio non riuscire a pensare ad un genitore come al ragazzo che è stato, non riconoscendo in lui  quelle componenti caratteriali acquisite prima ancora che lui nascesse e che hanno contribuito a renderlo l’uomo e il padre  di oggi.

Così come è altrettanto tipico da parte del genitore non riuscire più a ricordare se stesso  all’età del figlio e quindi  entrare in empatia con le sue emozioni, non comprendendo più alcuni aspetti comportamentali propri di quell’età.  Ed è in questo “caos” relazionale, dove ciascuno si muove con i propri paraocchi seguendo il copione specifico per il ruolo assegnato, che ancora una volta la grafologia può dare un grande aiuto consentendo, attraverso la sua applicazione,  la comprensione della personalità dello scrivente con oggettività, eliminando il più possibile tutte le componenti soggettive  che inquinano le valutazioni e i giudizi.

E la  comprensione dell’altro è la base di ogni relazione umana. Di recente mi è capitata tra le mani una lettera scritta da una persona a me molto cara, con cui ho condiviso la vita per oltre 10 anni e a cui, naturalmente, nel corso della nostra convivenza ho attribuito una sfilza di difetti, certa della oggettività del mio infallibile giudizio! Ai miei occhi era un uomo  prevedibile, dal pensiero poco elastico, molto conservatore e perfino un po’ monotono.

Spinta dalla  passione grafologica e da una buona dose di curiosità, a sua insaputa ho cominciato ad analizzarne la scrittura, impegnandomi ad essere il più possibile  rigorosa nell’analisi.

Alla fine del lavoro, e con grande stupore, il profilo grafologico che ne è scaturito raccontava di una personalità molto diversa da quella impressa da sempre nella mia mente, in cui intraprendenza, ambizione, versatilità mentale, creatività e capacità di adattamento, spiccavano come dominanti tra le sue numerose qualità .

E nonostante gli anni condivisi, solo a quel punto ho veramente compreso quanto il (pre)giudizio che avevo formulato su quell’uomo fosse il risultato di false credenze e proiezioni tutte mie dandomi così la possibilità di aprire gli occhi e  vedere quella parte di lui, riflessa nella scrittura, che fino a quel momento mi era stata invisibile .

Grafologia e Bionergetica: due discipline a confronto. Dal corpo alla mente, andata e ritorno.

A cura di Elettra Spinelli

La grafologia  è quella branca della scienza che si occupa dello studio della scrittura. Attraverso l’analisi grafologica è possibile giungere alla comprensione dei tratti salienti della personalità dello scrivente, come se lo stesso filo grafico che ha vergato lo scritto in esame  si trasformasse, con l’intervento del grafologo,   in un vero e proprio ritratto.

Con l’applicazione  rigorosa, oggettiva e scientifica del metodo grafologico  è possibile individuare  i punti di forza  come le fragilità del soggetto . Riconoscerne il potenziale energetico , il modo in cui lo impiega, come si colloca nella sfera sociale, come imposta le sue relazioni affettive e tante altre indicazioni che contribuiscono a dare un quadro esaustivo del suo carattere. E, con l’ausilio di concetti propri dei padri della  psicologia , comprendere come è stata la sua  crescita , se ha  vissuto delle criticità in una o più fasi evolutive e se ha  sviluppato particolari   tratti caratteriali   che ancora lo accompagnano.

Analogamente la bioenergetica (disciplina introdotta da Alexander Lowen *  avvalendosi  del contributo fornito  dagli studi di W.  Reich**) partendo dall’ analisi del corpo è in grado di mettere in luce una serie di aspetti propri del carattere  dell’individuo, fino a giungere anch’essa ad individuarne la  personalità.

Secondo  Lowen , il carattere  altro non   è che  il risultato del tipo di  reazione agita rispetto alle esperienze vissute nelle diverse  fasi evolutive, che si struttura come forma difensiva e che  ha una diretta correlazione con il corpo. Infatti le  reazioni si traducono fisicamente in blocchi o rigidità che a loro volta agiscono  anche a livello metabolico.

E come  la grafologia  si avvale dei segni grafici per arrivare a delineare il nodo della personalità, la bioenergetica  traccia il profilo   leggendo  i segni del corpo.

Ad esempio, un bambino che abbia subito una difficoltà nei primi mesi di vita(struttura  del carattere orale secondo Lowen) a causa ad esempio di una madre assente o distratta che non ha saputo soddisfare i suoi bisogni , porterà dei segni corporei tipici di questo disagio. La deprivazione a livello orale  riduce  la forza  dell’impulso di succhiare originando  segni di immaturità fisica,  uno sviluppo muscolare poco marcato- evidente per lo più nelle braccia e nelle gambe-  respirazione   poco profonda  che dà conto del basso livello energetico della personalità e , in senso letterale e figurato, difficoltà a stare in piedi.

E questi segni  li possiamo ritrovare  in grafologia. Se prendiamo in esame delle scritture che mostrano una predominanza della fase orale in senso freudiano, avremo una  mollezza generale,  una scrittura in superficie  con movimento statico o poco progressivo,  lettere affettive gonfie o aperte, o schiacciate o  infantili  , ossia  tutti elementi che denotano  basso livello di energia ,carente  strutturazione  e dipendenza.

E non stupisca il fatto che, partendo da approcci differenti  ed utilizzando discipline diverse si giunga al medesimo risultato. Se il fine ultimo è la comprensione del vero nucleo dell’essere umano, separandolo da ciò che gli  sta   intorno come  barriera difensiva   più o meno consapevole , allora  non sarà il tipo di approccio a determinare il risultato, ma la capacità di distinguere ciò che c’è di autentico da ciò che si sovrappone  e nasconde, poiché se è vero che la mente mente, il corpo  come la grafia no!

 

*A.Lowen  “Bionergetica” 1975

** W. Reich  “ Analisi del carattere” 1933

STALKING E GRAFOLOGIA

A cura di Patrizia Belloni

Quella che sto per raccontarvi è una storia vera fatta di comportamenti persecutori, ripetuti ed intrusivi, messi in atto da una persona sconosciuta, una storia come tante altre, di quelle che riempiono le pagine di quotidiani ormai da troppo tempo e chissà per quanto ancora, che occupano un grande spazio nei vari telegiornali. Purtroppo sto parlando di “stalking”.

I reiterati fatti di questa tipologia di reato, che da troppo tempo ci accompagnano come fosse una normale  realtà quotidiana, ci hanno abituato, purtroppo, a convivere con quella che personalmente considero una “piaga sociale” dove spesso le donne sono vittime di un ex troppo presente.

Atti ossessivi e persecutori, quelli che fanno male al corpo e all’anima, un accanimento malevolo, verso chi ha condiviso un percorso di vita, che sia stato breve oppure no, fatto spesso anche di sacrifici e rinunce, aver cresciuto dei figli in nome e per amore della famiglia.

Questa volta però, l’epilogo è diverso

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Molto spesso l’autore viene alla luce

A cura di Elettra Spinelli

Lo stampatello è uno stile grafico  in cui  la forma prevale sul movimento, che viene messo al suo servizio per consentirne la costruzione. Può trovare impiego per un  bisogno di  chiarezza o per abitudini professionali, ma  spesso viene utilizzato  come una vera e propria  maschera che lo scrivente indossa -più o meno consapevolmente- per nascondersi, non mostrare  la sua vera natura.  Una sorta di mantello di invisibilità che gli consente di celarsi allo sguardo altrui .

Al contrario, l’anonimo che utilizza lo stampatello, si maschera consapevolmente con la convinzione che attraverso questo stratagemma, possa nascondere la sua identità, rendersi invisibile. Continua a leggere

Dalla parte della grafologia

Sono trascorsi moltissimi anni dalla sua nascita, molti studiosi da svariate parti del mondo si sono dedicati a questa materia, attraverso la ricerca.
Basti pensare alla Francia, ancora oggi considerata la “culla” della grafologia a livello mondiale.
Fu proprio Jean Hippolyte Michon, il fondatore storico della grafologia, ad elaborare un sistema al fine di classificare i segni grafici abbinandoli ad un determinato significato caratteriale.

Proprio a Michon si deve il merito di aver coniato il termine grafologia, e nel 1871 fondò la nota rivista “La Graphologie” che ancora oggi viene pubblicata.
Nel XIX secolo anche scrittori e poeti del calibro di Goethe affermavano che: “Non esiste alcun dubbio che la scrittura abbia rapporto con il carattere e l’intelligenza.” Continua a leggere