L’apocrifia della firma apposta sui moduli per il rilascio del
passaporto per il figlio minorenne

Sulla scrivania dei grafologi vengono sottoposti, con maggiore frequenza, i casi di falsificazione delle firme apposte da uno dei genitori di figli minorenni sulla modulistica per il rilascio del passaporto o della carta di identità valida per l’espatrio.

Si deve premettere che la vigente formulazione dell’art. 3 della legge n. 1185/1967 (norme sui passaporti) prevede che “non possono ottenere il passaporto” i minorenni senza l’assenso dei genitori, quali esercenti la responsabilità genitoriale, nonché i genitori che avendo “prole minore” non abbiano l’assenso dell’altro genitore ovvero, in mancanza, l’autorizzazione del Giudice tutelare.

Analogo consenso occorre per il rilascio della carta di identità valida per l’espatrio. In concreto, per il rilascio del passaporto ad un soggetto minorenne basta la presenza di uno solo dei genitori perché il consenso dell’altro genitore se “impossibilitato a presentarsi per la dichiarazione” presso gli uffici della Questura, può essere attestato allegando alla richiesta di rilascio del passaporto una fotocopia del documento del genitore assente firmato in originale (il documento deve essere firmato per il confronto delle firme) con una dichiarazione scritta di assenso all’espatrio firmata in originale ai sensi del DPR 445 del 2000 legge Bassanini.

In tale contesto si verificano i casi di falsificazione delle firme in alcuni casi apposte dall’altro genitore interessato al rilascio del documento per l’espatrio ed in altri casi ad opera dello stesso figlio minorenne che interessato alla partenza all’estero ed incaricato di raccogliere il consenso del padre o della madre provveda esso stesso ad apporre la firma sulla modulistica.

La giurisprudenza di merito ha ravvisato la fattispecie di reato della “falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico” (art. 483 c.p.) nell’ipotesi dell’apposizione della firma apocrifa dell’altro genitore nella modulistica di rilascio del passaporto. Per contrastare tali condotte illecite ed a salvaguardia dei minori, gli uffici della Questura effettuano delle verifiche apposte tra la firma presente sulla modulistica e quella del documento di identità, in tali casi viene interpellato il genitore assente presso gli uffici e firmatario allo scopo di confermare o meno la circostanza del prestato consenso. Diversamente, la falsità commessa viene alla luce con la conoscenza del viaggio all’estero mediante la pubblicazione di fotografie, il racconto da parte di amici, conoscenti ovvero in sede di rendicontazione delle spese sostenute per il figlio minore. Si può verificare anche il disconoscimento postumo e/o comunque strumentale da parte del genitore che aveva prestato il consenso ma, facendosi forza sulla propria assenza negli uffici pubblici, ritenga di rinnegare la propria sottoscrizione.

Tralasciando i tecnicismi circa le modalità per la validità di detto disconoscimento si può concludere affermando che i contrasti genitoriali fra persone non più unite dal legame sentimentale ben può richiedere il supporto del professionista grafologo anche nelle procedure che, di primo acchito, possono sembrare di routine. Senz’altro non appare opportuno ricevere la sottoscrizione dell’altro genitore per tramite del minorenne e/o di terze persone occorrendo, invece, dialogare direttamente con il firmatario della modulistica.

Gabriele Colasanti

Avvocato del Foro di Roma

La consulenza tecnica d’ufficio grafologica nel processo civile

Nel processo civile, la grafologia, nella fattispecie grafologia giudiziaria o forense, rappresenta una materia specialistica, connotata di peculiarità tecniche oltre che di stampo umanistico, utile a dirimere il contenzioso insorto fra le parti e rimesso all’autorità giudiziaria. Sono molteplici le controversie aventi ad oggetto l’apocrifia di una sottoscrizione o di un testo in particolare nell’ambito delle obbligazioni e dei contratti e nelle cause successorie che vede come “protagonista” il testamento olografo (art. 602 Cod. Civ.). Sembrano delineare l’importanza della grafologia in ambito giudiziario – civilistico – le disposizioni di cui agli artt. 214 c.p.c. e ss. (disconoscimento della scrittura privata). L’art. 216 c.p.c. (istanza di verificazione) prevede che “la parte che intende valersi della scrittura disconosciuta deve chiederne la verificazione, …indicando le scritture che possono servire di comparazione…”.
Ciò premesso, va precisato che il Giudice ove debba decidere su questioni che implichino l’impiego di conoscenze specialistiche e/o tecniche può avvalersi di un consulente tecnico d’ufficio (C.T.U.) che assume la qualifica di ausiliario del giudice allo scopo di rispondere ai quesiti formulati dal Giudice (oggetto dell’incarico peritale) che in ambito civilistico vengono determinati sulla scorta delle domande e delle eccezioni delle parti sulle quali grava l’onere della prova. Pertanto, il Giudice può individuare un consulente tecnico al quale assegnare la risposta ad uno o più quesiti circa i fatti controversi fra le parti in causa (ad esempio: “accerti il C.T.U. se la firma apparentemente apposta da Tizio sul contratto di locazione sia apocrifa” oppure “accerti il C.T.U. se il testamento olografo pubblicato in data x dal notaio Sempronio sia stato interamente redatto per mano del defunto Mevio e dallo stesso sottoscritto”).
Laddove venga nominato un consulente tecnico d’ufficio le parti in causa hanno diritto di nominare un consulente tecnico di parte (C.T.P.) che assista alle operazioni peritali ai sensi dell’art. 194 c.p.c., presenti eventuali osservazioni ed istanze nonché sia parte del contraddittorio che conduce il C.T.U. ad elaborare la relazione di consulenza tecnica d’ufficio sa sottoporre al giudice.
Sotto il profilo processuale le operazioni peritali si debbono svolgere nel rispetto del principio del contraddittorio, alla stregua di quanto dispongono l’art. 194, comma 2°, c.p.c., e l’art. 90 disp. att. c.p.c., che presidiano il diritto delle parti di intervenire, nel contraddittorio tra di loro, alle operazioni peritali (di persona o a mezzo dei propri consulenti e difensori) e di presentare al consulente – per iscritto o financo a voce – osservazioni ed istanze.
L’art. 195, comma 2°, c.p.c. prescrive, altresì, di inviare la bozza di consulenza alle parti, al fine di raccoglierne le osservazioni, prima del deposito formale della perizia.
Pertanto, gli aspetti sinteticamente sopra illustrati debbono essere considerati da coloro che intendano promuovere o resistere in giudizio sia per evitare azioni ovvero eccezioni non idonee a superare il vaglio tecnico in contraddittorio sia per esaminare la possibilità di farsi assistere da un consulente tecnico di parte.

Gabriele Colasanti
Avvocato del Foro di Roma