“Fake news” – Nessuno escluso

A cura di Patrizia Belloni

L’era che attualmente stiamo vivendo, la possiamo definire “era digitale”, in quanto, la tecnologia, social network, dove al primo posto troviamo facebook, seguito da instagram e twitter, hanno modificato fortemente il modo di creare e gestire anche le relazioni umane.
Tutti noi siamo collegati ad internet costantemente, per lavoro, studio, o altro, basta un tablet, uno smartphone e possiamo accedere a qualsiasi notizia, in ogni parte del mondo.
Possiamo viaggiare e spaziare in un attimo, conoscere usi e costumi di paesi lontanissimi, avere scambi culturali con una infinità di persone, comunicare con il resto del mondo.
Se la tecnologia, se da un lato ci semplifica la vita, dall’altro può renderla altrettanto molto difficile da gestire.
In questi ultimi tempi si fa un gran parlare di “Fake News”, termine Anglosassone, che sta ad indicare le notizie false, che vengono messe in rete, sia dal cittadino comune, o da persone che comunque in un modo o nell’altro ne traggono un profitto.
Il rovescio della medaglia, il lato negativo di internet, è proprio questa forma ossessiva da parte di alcuni soggetti nel diffondere, attraverso la rete, notizie non soltanto false, ma addirittura dannose per la comunità, soltanto per generare ulteriore malcontento.
La più eclatante, risale a non molto tempo fa, quando un signore ha diffuso la notizia che suo figlio era diventato autistico in seguito ad una vaccinazione.
Oppure, affermare incautamente, che la meningite sia di provenienza soltanto Africana, dovuta all’immigrazione.
La presenza di tanti social network, hanno trasformato anche il cittadino qualunque, in un potenziale produttore di notizie, vere o false.
Tutti, oggi hanno la possibilità di sostituirsi al giornalista, basta avere uno smartphone, trovarsi nel momento dove si sta verificando un fatto, anche a volte spiacevole, riprenderlo, commentarlo e metterlo in rete, senza preoccuparsi, di quanto dolore, tutto questo, generi nelle persone coinvolte.
Nella grande famiglia delle “Fake News” troviamo anche il settore della grafologia, scienza umana che studia la scrittura delle persone.
Ciò che trovo più avvilente, è che molto spesso, sono proprio i “colleghi” a diffondere delle enormi “bufale”.
Addirittura qualche settimana fa, una grafologa, che ha un notevole spazio, in una nota rivista “rosa”, ha asserito che dalla scrittura, si può capire sicuramente, se prova quel sentimento chiamato amore, per una persona specifica.
Ora, è vero che analizzando il percorso grafico di due persone, che hanno una relazione sentimentale, si può capire se tra di loro esiste empatia, affinità elettive, se caratterialmente sono compatibili, se vanno nella stessa direzione, perseguendo gli stessi obiettivi, ma non possiamo spingerci oltre questo.
Questo tipo di notizia, purtroppo, non giova né alla categoria, né tantomeno al cittadino, che non biasimo, quando si rivolge al grafologo che non appare in televisione o su settimanali “rosa”, pensando che questi possano esaudire qualsiasi loro desiderio o necessità, perché lo hanno sentito dire da quelli bravi, quindi vero!
Come ricordo spesso, però mi rendo conto, mai abbastanza, che la grafologia è una scienza umana e come tale ha i suoi limiti.
Per i giornalisti, una delle prime regole del codice deontologico, è quella di verificare personalmente una notizia prima di pubblicarla, se si tratta di giornale cartaceo, piuttosto che on-line, ma anche prima di diffonderla nei vari media, sia televisivi che radiofonici.
Ciò vale anche per chi gestisce un blog, e non è detto che debba essere necessariamente un giornalista, ma dovrebbe comunque, usare il codice deontologico del “buon senso”.
Non fidarsi di fonti sconosciute, soltanto per “sensazionalismo”, come nel caso del “mostro Indonesiano”, che altro non era che un grosso animale morto, che ogni tanto affiorava sull’acqua.
Naturalmente questa notizia falsa, ha iniziato a circolare nel web, che oltre ai tantissimi klic, quindi denaro per i banner pubblicitari, gettando però, l’intera popolazione asiatica nella disperazione, un vero e proprio terrorismo psicologico.
Allora, in me, si fa strada un quesito: perché anche il cittadino “qualunque”, quando trova una notizia che viaggia in rete, non si pone la domanda, sarà vera?
Internet è indubbiamente una grande risorsa, se usato nel modo giusto, ma può trasformarsi, a volte, in una spietata macchina da guerra.

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L’impronta della scrittura

René Le Senne nasce a Elbeuf in Francia, nel 1882, professore di filosofia alla Sorbona, è noto soprattutto per il suo trattato di caratterologia, ovvero una branca della psicologia che ha per oggetto lo studio del carattere, che si propone come obiettivo l’applicazione di metodi e mezzi oggettivi per una accurata indagine.

Vista la grande variabilità del genere umano, cerca di stabilirne le costanti generali.

Le Senne prende in considerazione solo quattro fattori che fanno parte del carattere di ciascuno di noi.

L’emotività, l’attività, la risonanza delle proprie emozioni, ed infine l’ampiezza del campo di coscienza.

In base alle svariate combinazioni di queste proprietà Le Senne distingue otto caratteri fondamentali: il nervoso, sentimentale, collerico, passionale, sanguigno, flemmatico non emotivo attivo, amorfo, flemmatico non emotivo non attivo.

Questo studio si è rivelato direi fondamentale per le applicazioni grafologiche, per la sua elevata comprensibilità, oggi è tra le tipologie più usate specialmente dai grafologi francesi e spagnoli.

La parola carattere deriva dal greco e significa impronta, quindi quando scriviamo lasciamo la nostra, e da lì si parte per intraprendere uno studio circa le caratteristiche di una scrittura su basi oggettive, per giungere alla personalità del soggetto in questione.

Le Senne insegna che non si può distinguere una scrittura maschile da quella femminile senza essere a conoscenza del sesso dello scrivente, tanto meno esiste la scrittura dello stupratore seriale piuttosto che del rapinatore, o spacciatore, etc.

Ci sono delle scritture che lasciano una certa impronta ed attraverso uno studio molto accurato ed anche una valutazione delle patologie latenti, che emergono dalla scrittura, possono fornire un orientamento che però come tale rimane.

A tal proposito, per tornare a Le Senne, si afferma il principio che ci sono molti uomini facenti parte della “tipologia” sentimentale e ciò comporta un certo tipo di scrittura, più morbida e accogliente, che emana sentimento e calore. Mentre ci sono donne che appartengono alla “tipologia” collerico, ( lo dice la parola stessa) e la scrittura sarà ovviamente opposta.

In grafologia, come nella vita nulla è scontato, sfatiamo il mito che la scrittura armoniosa, dalla forma rotonda, morbida , che si snoda come un nastro di seta sul rigo faccia parte del genere femminile, mentre quella rigida, angolosa, dall’apparenza aggressiva del genere maschile, a volte è proprio il contrario.

Vi mostro alcuni esempi per dimostrare che è impossibile stabilire il “sesso” della scrittura

SCRITTURA DONNA

SCRITTURA UOMO

La grafologia è una scienza umana, basata sullo studio delle persone attraverso la scrittura, seguendo un percorso psicologico ma anche scientifico, vedasi i temperamenti ippocratici e le ricerche del neurologo Pophal attraverso i vari stadi di tensione e distensione del gesto grafico.

In quanto “umana” è possibile considerare, anche un margine di errore, per questo e tanti altri motivi si devono analizzare bene tutte le caratteristiche di una scrittura e non spettacolarizzare a tutti i costi una professione così impegnativa.

E’ da ritenersi nociva una errata informazione, a livello mediatico, da parte di sedicenti grafologi, che amano andare in televisione affermando concetti del tutto errati, fuorviando l’utente che non conosce questa professione, facendo passare un messaggio quasi di “stregoneria”!

Sicuramente non biasimo chi non conosce la grafologia, il suo significato e di quanto studio e dedizione ci sia per arrivare a tracciare un profilo psicologico avendo a disposizione poche righe di scrittura, o, per quanto riguarda la perizia giudiziaria “ soltanto” una firma.

Ciò che stupisce sono gli “addetti ai lavori o i presunti tali, che in questo modo calpestano o screditano la professione, offendendo la categoria e chi osserva scrupolosamente il codice deontologico, rinunciando, a volte, ad un incarico a favore della chiarezza.

Patrizia Belloni