VANTAGGI DEL TESTAMENTO OLOGRAFO

A cura di Patrizia Belloni
Grafologa giudiziaria

Uno dei principi fondamentali, quando si osserva un testamento olografo, è non farsi condizionare, né dalla eccessiva brevità del testo, che non sempre è sinonimo di falso, né da quello prolisso, troppo particolareggiato, che spesso non è garanzia di autenticità.
In entrambi i casi, si deve procedere con molta cautela, sgombrare la mente da qualsiasi pregiudizio di genere ed attenersi esclusivamente alle prove certe, ovvero scritture e firme di comparazione, il più possibile coeve alla data del testamento, e procedere con il confronto sulla scrittura da esaminare, mettendo sul piatto della bilancia divergenze e conformità.
Se, da un lato, il testamento olografo è preferito dal testatore anche da un punto di vista psicologico, per la possibilità che ha di poterlo correggere, rifare, aggiornare, lo è anche al grafologo, in quanto ha l’attuabilità, di poter effettuare, attraverso la grafia, una anamnesi del de cuius.
Sono numerose le “informazioni” che si possono ricavare dalla scrittura, attraverso un profilo psicologico, che si può elaborare, quando si analizza un testamento scritto di proprio pugno dal testatore.
Risultano molteplici gli aspetti che esulano dalla perizia sulla scrittura vera e propria, soltanto da un punto di vista tecnico, quindi, oltre a prendere in considerazione i generi della scrittura, la forma, la dimensione, ecc., ci si avvale anche di quegli elementi extragrafici, che si rivelano, a volte, fondamentali per integrare l’analisi grafotecnica di un testamento.
Infatti sono quelle componenti, che aiutano ad evidenziare le peculiarità di un individuo, ovvero il carattere, la mentalità, la sensibilità, il livello culturale, non da meno il modo di approcciarsi con l’altro, ma che fanno parte proprio di quella persona, appunto individuali.
Recentemente ho svolto una perizia su un testamento olografo molto particolare.
Soltanto due righe, uno scritto breve, lapidario ed asettico, non vi era alcun segno di emozione, alcun coinvolgimento, che traspare di solito, attraverso la grafia, quando il testamento olografo è autentico.
Scrivere il proprio testamento è un momento molto delicato, significa stare in raccoglimento con se stessi, ed in pochi attimi, mentre si scrivono le ultime volontà, i ricordi scorrono veloci, si pensa alle persone care, ai figli, al compagno magari di una vita ed è proprio per questo motivo che dalla scrittura emerge lo stato d’animo di quel preciso momento, che non sarà sicuramente distaccato.
Chi scrive un testamento olografo, solitamente tende ad essere molto chiaro circa le proprie volontà, alle volte la dimensione delle lettere aumenta, la grafia  è più chiara e leggibile, proprio per il timore di non essere capiti, ma lo stile ovviamente non cambia.
Il testatore chiarisce anche il più piccolo dettaglio, e se in vita è stata una persona con una precisione ineccepibile, radicata ai propri schemi mentali, quando scrive il “suo” testamento lo è maggiormente.
In questa occasione, sono stata agevolata dai numerosi scritti che mi sono stati forniti dai familiari del “de cuius”, gli originali di tante situazioni, dalla denuncia di smarrimento di alcuni documenti, alla lettera che aveva scritto per ricordare un evento particolare, il compleanno di suo fratello, una bella giornata, trascorsa all’aria aperta, una gita con tutta la famiglia, un racconto dettagliato dove traspariva affetto e coinvolgimento.
Era una persona che amava scrivere, una grafia molto evoluta dal modello scolastico, e ciò si nota anche da come vengono legate le lettere, chi è abituato a scrivere tende a velocizzare il gesto grafico effettuando delle “ricombinazioni”, ovvero delle ricostruzioni grafiche molto particolari.
Inoltre svolgeva una professione piuttosto importante, ogni giorno a stretto contatto con avvocati e magistrati, per svariati anni, persona precisa e formale, abituata a descrivere, chiarificare ogni minimo dettaglio.
In quel caso ho avuto la possibilità di avvalermi anche delle valutazioni extragrafiche e di conoscere a fondo  la persona attraverso le sue lunghe lettere, la sua profonda cultura.

Le  scritture comparative, in quel caso, denotavano l’altruismo dello scrivente e, non per ultimo, l’affetto sincero che nutriva per la propria famiglia.
Aver riscontrato, nel testamento in verifica, anche un livello ortografico notevolmente divergente dall’abituale modo di scrivere che la persona aveva, persino la firma, incerta e stentata, quando si scrive il proprio nome e cognome, il ductus, appare sempre agile e flessuoso, apporre la propria firma, è un gesto naturale per eccellenza, perché fa parte della esclusiva natura di chi la scrive.
La conclusione, purtroppo, è stata quella di falso, un tentativo di imitazione mal riuscito.
Nel momento in cui un soggetto con una scrittura elementare, non evoluta dal modello scolastico, con scarsa capacità grafomotoria, penalizzata a volte anche dal tipo di professione svolta, (per esempio di chi svolge un lavoro prettamente manuale) prova ad imitarne una molto evoluta, il tentativo fallisce.
Per questo, quando si falsifica un documento, in questo caso un testamento olografo, si tende a scrivere molto poco.
Quando si prova ad imitare la scrittura di un’altra persona, c’è un impegno psicomotorio non indifferente, ed è per questo motivo che la scrittura non risulta naturale, né spontanea, perché ci si concentra molto per effettuare l’imitazione, il grado di tensione del braccio e dalla mano aumentano notevolmente, e quindi avremo una scrittura “immobile”.
Uno dei tanti vantaggi ad avere scritti originali, del “de cuius” il più possibile coevi alla data del testamento, è proprio quello di poter valutare meglio, anche la pressione ed il tratto, che sono inimitabili.

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