A Bologna, lungo i portici di San Luca, questo potere della scrittura si è rovesciato in negativo. Non più parola che illumina, che celebra, che decora: ma parola che colpisce, che denigra, che ferisce. Le frasi sessiste e diffamatorie comparse contro la personal trainer Alice G., con tanto di dati personali esposti, non sono semplici scarabocchi, ma veri e propri atti di violenza simbolica.
Queste parole, che alcuni potrebbero liquidare come goliardia o semplice vandalismo, assumono in realtà la forma di una violenza simbolica. Non si tratta soltanto di decoro urbano: siamo di fronte a un atto che tocca la dignità di una persona, la sua reputazione, la sua sicurezza. Il diritto, in questi casi, ci offre strumenti chiari per leggere la gravità del fenomeno. Le scritte sui muri, infatti, possono integrare diverse fattispecie di reato previste dal Codice penale: la diffamazione (art. 595 c.p.), quando si attribuiscono a qualcuno fatti lesivi della sua reputazione; le molestie (art. 660 c.p.), quando si insiste nel colpire una persona con comportamenti invadenti e offensivi; persino la trattazione illecita di dati personali, quando, come nel caso di specie si rendono pubblici numeri di telefono o altri riferimenti che dovrebbero restare privati.
Accanto alla responsabilità penale, vi è poi quella civile: chi viene colpito da un atto del genere ha diritto al risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale, per il pregiudizio subito. La scrittura, in questo senso, non è soltanto un graffito passeggero: è una traccia che produce conseguenze giuridiche concrete.
Ma forse l’aspetto più inquietante è quello simbolico. In un luogo iconico della città, attraversato da fedeli, turisti, cittadini, la scrittura è stata usata per imprimere un marchio di esclusione. Un segno che non solo colpisce direttamente la vittima, ma che lancia a chi passa un messaggio di odio, insinuando che la violenza possa essere scritta e lasciata lì, sotto gli occhi di tutti.
Ecco perché cancellare quelle parole non è un atto banale di manutenzione urbana, ma un gesto di riaffermazione collettiva: significa dire che non tutto può restare scritto, che non tutto merita di permanere. La scrittura può custodire memoria e bellezza, ma può anche trasmettere violenza. Sta alla società, e alle istituzioni, scegliere quale voce lasciare parlare sui muri che ci circondano.
Matthias Ebner
dottore in Giurisprudenza – praticante forense foro di Roma
Allievo diplomato scuola notarile “Anselmo Anselmi”
L’autografia come garanzia di autenticità nel testamento olografo
parlarsi di autografia” (Cass. civ., 06/03/2017, n. 5505).
È evidente che la scrittura autografa costituisce un elemento di garanzia aggiuntivo, poiché, a differenza degli atti unilaterali tra vivi soggetti a forma scritta, si può escludere con certezza che il testatore possa successivamente confermare la volontà espressa (in questo senso anche Cass. civ., 01/12/2000, n. 15379).
Questo principio della scrittura autografa era già noto ai Romani e rappresenta non solo un pilastro del nostro ordinamento giuridico, ma è anche riconosciuto come principio trasversale nella maggior parte degli ordinamenti giuridici, sia europei che extraeuropei.
Nonostante la crescente digitalizzazione, l’elemento della scrittura autografa resta imprescindibile nel contesto del testamento olografo. Ciò si riscontra in tutti quegli ordinamenti giuridici in cui i testamenti redatti meccanicamente sono ammessi, in quanto devono essere o autenticati da un notaio oppure sottoscritti alla presenza di testimoni per compensare la mancanza dell’autografia.
Matthias Ebner
dottore in Giurisprudenza – praticante forense foro di Roma
Allievo diplomato scuola notarile “Anselmo Anselmi”
La forza della scrittura nel diritto immobiliare: la pubblicità come garanzia giuridica
Essa può essere definita come una forma di pubblicità legale mediante la quale determinati negozi giuridici relativi a diritti reali (come compravendite o donazioni) vengono trascritti nella Conservatoria per renderli opponibili ai terzi. L’acquisto dei diritti reali, invece, avviene tramite consenso traslativo ai sensi dell’art. 1376 c.c.
In altre parole, i diritti reali (come il diritto di proprietà) si acquistano mediante il consenso traslativo e non attraverso la trascrizione. Quest’ultima serve solo a impedire che terzi possano far valere diritti reali identici o incompatibili sullo stesso bene. Questa forma di pubblicità legale è detta anche “ad effetto dichiarativo”.
Un’altra forma di pubblicità legale è quella ad effetto costitutivo. In questo caso, l’esistenza del diritto è subordinata alla sua risultanza nei registri pubblici. Per questo motivo, in tale contesto non si parla più di trascrizione, bensì di iscrizione. Il Codice civile italiano conosce questa forma di pubblicità soprattutto in relazione all’ipoteca (art. 2808 c.c.). Questa distinzione tra pubblicità dichiarativa e costitutiva ha radici storiche e risale all’epoca della Rivoluzione francese.
In origine, anche i registri ipotecari francesi prevedevano solo la pubblicità dichiarativa. Ma con il tempo si è introdotta la pubblicità costitutiva per contrastare il fenomeno delle cosiddette “ipoteche occulte”. In questa pratica fraudolenta, una persona acquistava la proprietà di un immobile attraverso la erogazione di un mutuo e un contratto di garanzia ipotecaria. Poiché all’epoca era prevista solo la pubblicità dichiarativa, l’acquirente ometteva l’iscrizione dell’ipoteca e rivendeva l’immobile. I compratori, ignari, scoprivano l’esistenza dell’ipoteca solo quando il creditore la faceva valere a causa della mancata restituzione del mutuo.
Per questo motivo, il legislatore ha previsto che l’ipoteca esista solo se è regolarmente iscritta: una garanzia che, proprio come una firma leggibile in grafologia, non lascia ambiguità sull’identità giuridica del diritto. In questo modo, il diritto diventa leggibile, interpretabile e affidabile, proprio come una scrittura che riflette fedelmente la volontà del suo autore.
Matthias Ebner
dottore in Giurisprudenza – praticante forense foro di Roma
Allievo diplomato scuola notarile “Anselmo Anselmi”
L’identikit di una scrittura
Nell’attività intellettuale volta allo studio della Grafologia Forense, si sono susseguiti svariati criteri di valutazione e quindi interpretativi diversi tra loro, ma con l’intento di migliorare la fondatezza e conseguentemente l’affidabilità dei risultati ottenuti.
Si è inizialmente basati sul criterio di confronto morfologico delle lettere valutando essenzialmente le forme delle singole lettere ed anche la dimensione, e questo criterio (purtroppo) viene utilizzato ancora oggi da alcuni periti senza considerare la velocità della scrittura oppure di una firma perché la maggiore velocità con cui si scrive tende a rimpicciolire la dimensione o calibro delle lettere.
Successivamente si è tentato di valutare le caratteristiche, le peculiarità espressive che derivano dalla formazione della grafia, precisamente dal movimento scrittorio nella successione dinamica, quindi equilibrio tra movimento e spazio, e secondo Klages questa alternanza determina il ritmo, che è un elemento interiore di potenzialità che non ha nulla a che vedere con i comportamenti sociali, etici o culturali della persona che scrive ma verte esclusivamente sulla sua energia psichica, anch’esso molto utile al consulente quando esamina un manoscritto o testamento olografo, perché il movimento e di conseguenza il ritmo sono unici, come unica è la grafia, nessuna uguale ad un’altra.
In un manoscritto o firma si dovrà valutare l’energia vitale che trova espressione nella stessa grafia, inoltre considerare la possibile variabilità grafica dovuta sovente a cause naturali (patologie, assunzione di farmaci, anzianità etc.) oppure artificiose come spesso mi capita di accertare in un testamento olografo quando non è autentico.
Per valutare la suddetta variabilità grafica o viceversa la coerenza di stile grafico mantenuta anche nel corso di svariati anni, occorrono scritture e firme di comparazione sia coeve che antecedenti, scritture eseguite in passato, purché siano certe e coerenti, omogenee ossia dello stesso genere (corsivo con corsivo numeri con numeri etc.) ed anche chiare e leggibili, si intende fotocopie di qualità.
La grafologia Giudiziaria ha permesso di fare molti passi avanti in materia grafologica, perché utilizza tutti i metodi utilizzati nel corso degli anni da tutti i capi scuola della grafologia, come Crepieux, Klages, Pulver, Saudek, Moretti, che hanno fornito il loro contributo interpretativo del movimento scrittorio, del ductus, (il gesto grafico inteso nella sua interezza come traccia lasciata visibile ed aerea quindi non visibile viene denominato ductus) dell’importante valutazione circa la naturalezza e spontaneità, (metodo grafologico) qualità rilevanti che si devono riscontrare in un manoscritto o firma quando sono autentici.
Il Ruolo del C.T.P (consulente tecnico di parte)
Il CTP è considerato un difensore tecnico ed ha compiti simili al CTU (consulente tecnico d’Ufficio e viene nominato dal Giudice) e come quest’ultimo ha come obiettivo la ricerca della verità che a mio modesto avviso, si alimenta attraverso la chiarezza, il CTP di parte privata, integra con la propria consulenza (parere pro – veritate) la difesa che l’Avvocato non può elaborare perché è una materia che esula dalla Sua competenza, ed i rapporti professionali con il legale di parte che l’ha nominato devono essere basati sulla sincerità e fiducia, inoltre il consulente di parte non deve mai lasciarsi influenzare dai racconti dal cliente, ma soltanto il proprio lavoro, che consiste nello studio delle scritture o firme di comparazione, deve scaturire il convincimento se ci sono i presupposti per proseguire ed accettare l’incarico oppure no.
Molto spesso accade che quando vengo contattata dal privato cittadino, spesso anche da Avvocati, mi chiedono la “perizia” ed io ogni volta devo chiarire il concetto che personalmente rivesto il ruolo del CTP e quindi è una consulenza tecnica di parte, la perizia (consulenza tecnica d’ufficio in sede civile) la svolgerà il CTU una volta acquisiti i documenti originali, con le operazioni peritali disposte dal Giudice, alle suddette operazioni parteciperanno il CTP della parte attrice (chi promuove la causa) il CTP della parte convenuta (chi subisce l’accusa di aver prodotto un falso) con il CTU presso gli uffici di competenza o studi Notarili quando si è svolta la consulenza su un testamento olografo.
A tal proposito “racconto” un episodio che ultimamente mi sono trovata a dover gestire, un fatto alquanto increscioso, ovvero che dopo un paio di settimane dalla consegna della mia consulenza di parte, questa persona mi ricontatta chiedendomi, avanzando delle insistenti pretese una “perizia giurata”.
Premesso che la consulenza di parte è una opinione, un convincimento (anche se corroborato da una infinita serie di elementi, quali uno studio approfondito, esperienza, etc.) che si fa il CTP dopo aver esaminato e studiato tutti i documenti forniti dai parenti del “De Cuius” in questo caso infatti si trattava di un testamento olografo, la perizia spetta ad un organo “super partes” ovvero il CTU nominato dal Giudice ed è già giurata perché quando si accetta l’incarico viene svolta una “cerimonia di giuramento”.
In ogni rapporto professionale che sia Consulente – Avvocato; Consulente – privato cittadino, ci vuole chiarezza ed onestà intellettuale, soprattutto fiducia reciproca, e se quella persona avesse espresso la sua intenzione sin da subito gli avrei risposto seduta stante che non è possibile giurare su un proprio convincimento, in modo tale che saremmo stati liberi entrambi di non intraprendere alcun tipo di discorso professionale.
La Grafologia non è una scienza esatta bensì umana, nonostante oggigiorno con tutti gli studi effettuati grazie anche alla Grafologia Forense, con l’applicazione del metodo grafologico che consiste di avvalersi di tutti i metodi studiati nel corso di questi anni, e non tralasciando, anzi prendendo in considerazione anche la psicologia della scrittura, si è raggiunto un alto livello di certezza, ma rimane comunque sempre un margine di errore specialmente se il perito non ha la giusta preparazione, esperienza, professionalità e scrupolo, che consiste anche nell’andare a fondo e non accontentarsi del “colpo d’occhio”, che molto spesso conduce a valutazioni errate, l’apparenza molto spesso inganna.
Patrizia Belloni
Grafologa Giudiziaria e Giornalista
Specializzata in analisi e comparazione di testamenti olografi
www.patriziabelloni.it
Schizofrenia e scrittura – riflessioni grafologiche
La Schizofrenia
Schizofrenia e Grafologia
Patrizia Belloni
Grafologa Giudiziaria e Giornalista
Specializzata in analisi e comparazione di testamenti olografi
www.patriziabelloni.it
Editoriale – Grafologia Magazine compie 10 anni

Quest’anno “Grafologia Magazine” compie i suoi primi dieci anni di vita, tutto è iniziato appunto nel 2015 quando ho considerato la possibilità di avere, attraverso una testata giornalistica on- line, uno spazio che fosse in grado di coniugare la mia passione per la scrittura unitamente a quella della grafologia.
All’inizio di questo percorso più volte mi sono espressa con il termine “avventura editoriale”, non perché avessi scarsa fiducia nel progetto, anche perché sapevo che avrei potuto contare sulla collaborazione di “penna” di professionisti qualificati quali, Avvocati, Psicologi, colleghi Grafologi, e ciascun professionista ha fornito un contributo in base alle proprie competenze.
Un sostegno essenziale che riguarda una materia, appunto la grafologia, che suscita un grande interesse teorico ed una vasta richiesta pratica perché è una scienza importante, sia socialmente che giuridicamente, specifica per identificare gli autori delle scritture eseguite a mano, giacché ha come unico obiettivo l’identificazione del soggetto che ha redatto un manoscritto, pertanto finalità non descrittive come nella grafologia generale, bensì capace di identificare, attraverso una tecnica specifica l’autore di un manoscritto, con le dovute scritture e firme di comparazione.
La Grafologia Giudiziaria richiede necessariamente l’impiego contemporaneo di tutte le metodologie, ed è appunto il metodo grafologico da me utilizzato, che comprende l’intero panorama di tutti i metodi di indagine, che via via nel corso degli anni e della storia che riguarda la Grafologia Peritale hanno contribuito a dare maggiore valenza ad una perizia, da tenere ben presente che anche il sostegno della psicologia applicata alla scrittura è ormai è un contributo indispensabile per arrivare alla verità.
Ed è anche grazie a tutti coloro che mi hanno supportata in questi anni ed ancora oggi lo fanno, i miei cari “amici di penna”, che mi aiutano a portare avanti questo progetto, e non pensavo che avrei avuto così tanta approvazione sia dagli addetti ai lavori ma soprattutto dalle tante persone che non si occupano di queste tematiche, ma che mi seguono da molto tempo leggendo “Grafologia Magazine”.
Oggi a distanza di tanto tempo mi accorgo che dieci anni fa ho utilizzato un termine inesatto, che è molto di più di “un’avventura editoriale” per me, ma anche per i tanti che accettano, accolgono un consiglio e si conformano ad un suggerimento, è un vero e proprio cammino verso la consapevolezza che attraverso le mie esperienze professionali che racconto, mettendo a disposizione di chi legge, sia le problematiche ma anche la risoluzione ad un problema che riguarda tante famiglie.
In molti hanno la possibilità di riconoscersi nei miei articoli, e da lì nasce la condivisione, invero mi scrivono perché così si sentono meno soli, chiedendomi se vi sia la possibilità di trovare una soluzione per quanto concerne la difficile tematica dei lasciti testamentari.
Nei miei tanti articoli – che preferisco definire storie grafologiche – perché in questi anni mi sono sempre ispirata a fatti realmente accaduti, in qualità di Grafologa Giudiziaria, esperienze professionali che hanno lasciato un segno anche sotto il profilo umano, ho raccontato storie di vita vera, di famiglie che si sono disgregate a causa di una eredità, in conflitto da molto tempo e probabilmente lo saranno per tutta la vita.
Ho trattato pochi anni or sono un caso di una donna vittima di anonimo – grafia da parte del coniuge soltanto per vendetta, attraverso scritti diffamatori che fortunatamente sono riuscita a risolvere, ma anche di persone che si approfittano dei più fragili ma certamente abbienti, facendogli firmare deleghe o addirittura assegni per acquistare beni di lusso, testamenti olografi falsificati da figli oppure dal coniuge, come è accaduto ultimamente, insomma un panorama piuttosto variegato dove noi grafologi professionisti troviamo spazio per fare in modo che tutto vada nella giusta direzione.
Patrizia Belloni
Grafologa Giudiziaria e Giornalista
Specializzata in analisi e comparazione di testamenti olografi
www.patriziabelloni.it
La Perizia Giudiziaria e il metodo Grafologico
Riconducibile alla comune esperienza dei Grafologi professionisti è che, per redigere un parere “pro – veritate” (consulenza) che abbia una rilevante validità, sia per quanto riguarda la procedura oltre che la deontologia, la grafologia giudiziaria impone l’impiego di norme e metodologie che ne fanno, con l’aiuto della psicologia della scrittura, un sostegno indispensabile per una efficace ricerca della verità.
“La Grafologia Giudiziaria esige l’adozione di canoni e metodologie che ne fanno, con l’aiuto della psicologia, un sussidio indispensabile per l’attività volta alla ricerca della verità giudiziaria, ed il metodo grafologico procede così oltre la fase descrittiva per collegare le particolarità espressive alle dinamiche psichiche, in connessione con la cultura, l’emotività, l’affettività e i disturbi della personalità, la scrittura, appunto come proiezione della personalità del soggetto”.
Avere a disposizione gli adeguati documenti quindi prove concrete, è obbligatorio, si parla cioè di un congruo numero di scritture o firme in base a quello che si dovrà accertare, inoltre le fotocopie che verranno utilizzate per la comparazione, fornite dal committente, dovranno essere idonee, di buona qualità, chiare e leggibili, è superfluo dire che più ve ne sono meglio è ai fini di una corretta e professionale consulenza.
Dovranno essere coeve, ovvero alcune quanto più possibile vicine alla data del testamento (abitualmente 5/6) ma anche quelle antecedenti e se vi sono anche quelle molto datate è ancora meglio, ne deriva l’utilità di potersi rendere conto dell’evolvere della condotta grafica dello scrivente (variabilità grafica); omogenee significa che devono essere dello stesso genere di scrittura, il corsivo dovrà essere comparato con corsivo, stampatello con stampatello e così via.
Se viene richiesto al Grafologo Giudiziario, di accertare l’autenticità o l’apocrifia di un testamento olografo da un prossimo congiunto del “de cuius”, saranno necessari manoscritti di provenienza certa del testatore, nel caso in cui non si potrà disporre di scritture certe, la consulenza verterà soltanto sulla firma apposta sul testamento, perché reperire firme per la comparazione spesso è più facile rispetto ai manoscritti, poiché le persone anziane perdono nel tempo l’abitudine di scrivere, spesso però non manca da parte loro, l’occasione di apporre la propria firma, sicuramente sul proprio documento di identità, a volte su un atto notarile (compra – vendita di un immobile) oppure sul libretto della pensione, a volte viene apposta su un assegno bancario o postale.
Queste elencate sono tutte firme di provenienza certa sono molto utili al grafologo per la comparazione, con l’auspicio che tra tutte le firme prodotte ve ne siano alcune coeve.
E se così non fosse?
Se il congiunto che ha maturato l’intenzione di impugnare il testamento non avesse a sua disposizione quanto richiesto dal consulente per svariati motivi, dovrebbe rinunciare a fare emergere la verità testamentaria.
In che modo si potrebbe dare voce a chi voce non l’ha più?
Utilizzando il metodo grafologico, il più sicuro ed attendibile, perché quando si deve peritare un manoscritto oppure una firma richiede sovente l’utilizzo contemporaneo di altre metodologie che fanno parte a loro volta dell’intero panorama di metodi d’indagine, infatti è molto importante che la perizia grafo – tecnica su base grafologica accolga anche altri procedimenti di osservazione e quindi di studio, per raggiungere il livello di certezza nella soluzione del caso peritale in oggetto, quindi avvalendosi anche della psicologia della scrittura attraverso i temperamenti ippocratici.
Ippocrate di Coo, viene considerato universalmente il padre della medicina, visse nella Grecia classica del IV secolo a.c, e l’antichissima medicina Ippocratica ci ha trasmesso nel tempo, attraverso le generazioni che ciascuno di noi è contraddistinto dalla predominanza di quattro elementi umorali che fanno parte della composizione del sangue.
Comprendo che questo studio non è di facile accesso ma ciò che è importante sapere che il temperamento non cambia nel corso degli anni quindi, se ci troviamo a dover esaminare una firma oppure un manoscritto attraverso la grafia, riusciamo a stabilire il temperamento dello scrivente ed anche se le scritture o firme che ci sono state fornite, non sono proprio coeve risaliamo al temperamento e se è lo stesso della firma o manoscritto in verifica allora si tratta della stessa persona.
Infatti, Ippocrate attraverso uno studio scientifico aveva stabilito che ad ogni tipologia di scrittura e specialmente della pressione, ovvero la forza esercitata sul foglio, corrispondeva un temperamento ma non esiste quello puro, ma che i quattro (linfatico, sanguigno, bilioso e nervoso) sono generalmente rappresentati in misure non eguali nell’individuo, allora attraverso i segni grafici si riuscirà a stabilire il temperamento predominante.
Con questa modalità di indagine si possono avere più certezze, specialmente quando si effettua uno studio preliminare per accertarsi che vi siano i dovuti presupposti per fare intraprendere la strada dell’impugnazione al congiunto del “de cuius”, fermo restando che avere a disposizione svariate firme o scritture di comparazione resta sempre la soluzione migliore.
Patrizia BelloniGrafologa Giudiziaria e Giornalista
Specializzata in analisi e comparazione di testamenti olografi
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Stalking attraverso manoscritti
Quando si parla di violenza contro le donne viene in rilievo, nell’ambito dei reati del c.d. “Codice Rosso”, lo stalking ossia il delitto di “atti persecutori” previsto e punito dall’art. 612-bis c.p. che punisce severamente “chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita..”.
Trattando delle molteplici applicazioni della grafologia non si può trascurare che il manoscritto costituisce una delle modalità “tipiche”, secondo le cronache giudiziarie, di attuazione delle molestie in danno della persona offesa.
Spesso si tratta di lettere o biglietti che vengono recapitati dopo che la vittima ha provveduto a bloccare il numero di telefono ed i contatti del persecutore sui social network.
Ma può anche trattarsi di lettere anonime rispetto alle quali è necessario individuare l’autore/l’autrice.
Tra i fatti di cronaca sull’argomento è indicativo un caso di qualche anno fa, accaduto in provincia de L’Aquila, specificamente solo grazie ad una perizia grafologica è stato possibile arrestare per “stalking” un uomo di 53 anni che aveva terrorizzato un Paese con lettere anonime e sms volgari.
Ulteriore esempio: il 3 ottobre 2024 l’Agenzia ANSA intitolava così un articolo: “Lo stalking con lettere anonime, arrestato ‘il Pescatore’” raccontando che il soggetto attinto dalla misura cautelare, secondo gli inquirenti, inviava lettere minatorie alle donne prese di mira (finora risultate essere quattro, di cui tre già a lui legate da un vincolo sentimentale) firmandosi come ‘il Pescatore’ o ‘Fischermann’. Ebbene, nelle notizie di stampa si legge che le lettere ricevute dalle diverse donne sono risultate provenienti dalla stessa mano perché caratterizzate dalla “stessa grafia”.
Nel caso degli atti persecutori l’autore degli scritti anonimi mira a creare un danno alla vittima, a lederne la serenità provocandogli uno stato d’ansia ovvero il cambiamento delle proprie abitudini di vita.
Poiché la scrittura è espressione della personalità non sembra anomalo che il persecutore scriva di suo pugno le frasi moleste.
Corre l’obbligo di evidenziare che il contenuto delle lettere o dei biglietti, affinché sussista la condotta punita dall’art. 612 bis c.p., non deve essere necessariamente offensivo o volgare perché anche l’invio ripetuto di biglietti con scritte del tipo “mi manchi”, “ti amo”, “ti aspetto”, “ti prego prendiamoci un caffè”, se provoca ansia nel destinatario integra il delitto in parola. Occorre senz’altro guardare al contesto dei fatti ed al rapporto autore-destinatario affinché possa parlarsi di “molestia” e valutare gli effetti sulla vittima.
Gabriele Colasanti
Avvocato del foro di Roma – Giornalista-pubblicista
Il grafologo giudiziario come consulente della persona offesa dal reato
La grafologia giudiziaria viene in ausilio della difesa tecnica della persona offesa dal reato.
Si deve premettere che la persona offesa dal reato coincide con il titolare dell’interesse giuridico protetto, anche in modo non prevalente dalla norma incriminatrice che si assume sia stata violata dal reato (Tonini, Manuale di procedura penale).
In particolare, ai sensi dell’art. 90 del Codice di Procedura Penale (Diritti e facoltà della persona offesa dal reato), la persona offesa, in ogni stato e grado del procedimento può presentare memorie e, con esclusione del giudizio dinanzi la Corte di Cassazione, indicare elementi di prova.
In tale contesto, il difensore della persona offesa, in forza di quanto previsto dall’art. 327-bis c.p.p. può compiere investigazioni difensive al fine di ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito.
Appare utile considerare che le investigazioni difensive servono anche a vagliare la sussistenza del reato prima ancora della presentazione della denuncia e della querela, nel primo caso per comunicare all’Autorità Giudiziaria la notizia di un reato perseguibile d’ufficio che abbia leso i propri interessi e, nel secondo caso, per chiedere all’Autorità Giudiziaria di procedere e perseguire penalmente per un fatto-reato non perseguibile d’ufficio rispetto al quale la querela costituisce condizione di procedibilità in mancanza della quale non può essere esercitata l’azione penale.
Nel corso delle indagini preliminari, invece, la persona offesa può fornire al Pubblico Ministero il proprio contributo investigativo comunicando elementi idonei ad agevolare l’individuazione del colpevole o, comunque, utili delineare il fatto storico oggetto dell’indagine nonché per sostenere l’accusa in giudizio nei confronti dell’indagato.
Nel nostro ordinamento la persona offesa è tenuta a rappresentare fatti veritieri perché diversamente è imputabile per i delitti di calunnia, simulazione di reato, false informazioni al pubblico ministero e falsa testimonianza.
La grafologia giudiziaria viene in rilievo, certamente, allorquando lo scritto sia l’elemento costitutivo del reato, basti pensare alle fattispecie di:
- Falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito (Art. 491 C.P.);
- Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti (art. 478 C.P.);
- Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (Art. 478 C.P.);
- Sostituzione di persona (art. 494 c.p.).
Inoltre, la grafologia entra a far parte del procedimento penale anche quando il manoscritto falso o apocrifo e la firma apocrifa rappresentano uno degli elementi costitutivi del reato come nel caso, a titolo esemplificativo e non esaustivo, della truffa (Art. 640 c.p.), della diffamazione (art. 595 c.p.), degli atti persecutori (c.d. stalking – art. 612 bis c.p.), dell’istigazione al suicidio (art. 580 c.p.).
Il gesto grafico, poi, può costituire elemento di prova di crimini efferati come l’omicidio, il sequestro di persona e dei c.d. “crimini seriali”.
Pertanto, nell’ambito giuridico sinteticamente descritto, l’avvocato difensore della persona offesa può nominare come consulente tecnico il grafologo giudiziario il quale, attraverso le specifiche competenze tecniche, viene chiamato a fornire un ausilio tecnico-specialistico per la ricerca di elementi utili all’attività difensiva nell’ottica del perseguimento dell’interesse punitivo e risarcitorio del soggetto privato che è, appunto, la persona offesa dal reato.
In questo caso, il grafologo giudiziario è un libero-professionista che nel rispetto delle norme e della deontologia affianca la persona offesa ed il suo difensore e può essere da questi liberamente scelto nell’ambito degli esperti della materia.
In conclusione, vista la complessità delle fattispecie valutate in sede penale, è consigliabile interpellare un esperto in materia grafologica, un grafologo giudiziario, quando manoscritti e/o firme siano di interesse per il procedimento penale; anche in via preventiva per individuare il reo ovvero escludere talune persone o circoscrivere il novero dei possibili responsabili del delitto.
Gabriele Colasanti
Avvocato del foro di Roma – Giornalista-pubblicista
LA DATA SUL TESTAMENTO OLOGRAFO
In questi lunghi anni di vita del mio giornale, “Grafologia Magazine” circa dieci, la sottoscritta insieme ai tanti “amici di penna”, come li ho sempre definiti, che via via si sono avvicendati nel corso di questi anni, abbiamo messo nero su bianco attingendo alle rispettive competenze professionali, per dare vita a numerosi articoli inerenti sia al testamento olografo, che ovviamente altre forme di testamento, e tantissimi altri aspetti relativi alla scrittura o alle firme. Sono stati espressi pareri e dispensato consigli da parte di molti professionisti quali Avvocati e Criminologi, altresì scandagliati tutti gli aspetti secondo una differente prospettiva rispetto a quella grafologica ampliando l’orizzonte anche dal punto di vista legale. Inizialmente, quando ho intrapreso questa “avventura” anche psicologi e psicoterapeuti hanno contribuito alla crescita del giornale scrivendo numerosi articoli anche per quanto concerne l’età evolutiva della scrittura, ovvero quella dei bambini e adolescenti e, seppur on-line si tratta di una vera e propria testata giornalistica, dove tutti hanno dato il loro contributo in modo spontaneo e professionale. In questi anni ho parlato a lungo su cos’è un testamento, illustrando ampiamente che trattasi di un atto con il quale una persona dispone, per quando sarà deceduta, di tutte le proprie sostanze o parte di esse, è un atto formale, quindi redatto previa scrittura pur essendo prevista una varietà di forme eterogenee tra di loro, e tuttavia valide ad attribuire una eguale importanza a livello giuridico. Se il testamento è olografo deve essere scritto esclusivamente dalla mano del testatore, testo data e firma e non ci devono essere interferenze di natura grafologica, ovvero mani estranee, e nel caso in cui dovessero sorgere dei dubbi in questo senso da parte di qualche erede, il testamento può essere impugnato nei termini di prescrizione di cinque anni dal giorno in cui è stata data esecuzione alle volontà testamentarie. I requisiti del testamento olografo sono sicuramente l’olografia della scrittura, ovvero scritto interamente dalla mano del testatore, che vi sia apposta la data e la firma, inoltre il testamento deve indicare nello specifico quali beni sono destinati a quali persone. La data è il secondo requisito previsto per la validità del testamento olografo, ma, se per il testo manoscritto e la firma la legge non transige, infatti vi sono regole ferree sopra elencate, viceversa, per quanto riguarda la data a volte i provvedimenti legali sono meno intransigenti, specialmente quando il testamento è stato scritto da un soggetto molto anziano, che, vuoi per l’emozione, l’anzianità o altro ci sia una dimenticanza, ovvero che la data non sia stata scritta nel modo tradizionale, quindi all’inizio del testo oppure a fondo pagina prima della firma. Affinché il testamento sia ritenuto valido nonostante questa mancanza è che all’interno del testo manoscritto vi siano delle indicazioni certe che rivelino seppur indirettamente quando è stato redatto, ad esempio: “Io sottoscritto …sto scrivendo il mio testamento il giorno di Natale del 2001”, quindi sappiamo che Natale è sempre il 25 Dicembre e l’anno è stato dichiarato quindi una data certa; oppure sto scrivendo le mie ultime volontà il giorno del mio settantesimo compleanno, se il testatore all’interno del manoscritto ha menzionato il suo giorno mese e anno di nascita è sicuramente anch’essa una data certa, e così via. Recentemente ho avuto l’occasione di fornire la mia consulenza ovvero parere pro – veritate su un testamento olografo ideato e scritto da una persona piuttosto anziana in cui aveva dimenticato di scrivere la data, i parenti esclusi dall’asse ereditario, ovviamente hanno subito impugnato il testamento. Nonostante questa avversità Il testamento è stato ritenuto valido, in quanto oltre ad essere stato scritto e firmato di proprio pugno il testatore aveva fatto riferimento al giorno mese ed anno della nascita di un suo nipote quindi “Ho scritto il mio testamento il giorno della nascita di” … che aveva ovviamente menzionato nella scheda testamentaria dichiarando il nome, cognome, giorno, mese ed anno di nascita, una data certa di un fatto già avvenuto. Certamente questi sono casi eccezionali, non è di certo la regola, la data è sicuramente indispensabile ai fini della validità di un testamento, ma ci sono anche le eccezioni e sicuramente è fondamentale il parere del Giudice, quindi tutto nelle mani della sua discrezionalità. Altra cosa è apporre una data anteriore ad una azione che il testatore dichiara di aver fatto, cioè quando in esso si menziona come passato o compiuto un atto che invece è avvenuto in epoca posteriore alla data del testamento, quindi se la data non è certa il testamento è nullo.
Patrizia Belloni
Grafologa Giudiziaria e Giornalista
Specializzata in analisi e comparazione di testamenti olografi
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