Come giungere alla verità peritale

La verità peritale è sostenuta dalla chiarezza con la quale si svolge il lavoro, sia nella prima fase di studio dove il consulente dopo aver esaminato tutto il materiale – che gli è stato inviato dalla persona interessata a sapere appunto la verità – sia quello da verificare ma anche di tutte le scritture o firme di comparazione decide se ci siano i presupposti per consigliare ad andare avanti con il percorso oppure no.
La verità peritale non deve essere offuscata da pregiudizi di varia natura che possa ridurne il valore specialmente per coloro che credono nell’efficacia della Grafologia giudiziaria come la sottoscritta, e mettono in pratica il proprio sapere volto alla ricerca della autenticità attraverso l’analisi del movimento scrittorio che ciascuno di noi personalizza, nonché dalla naturalezza e spontaneità che deve essere riscontrata sia nel testo se ci riferiamo ad uno scritto olografo, ma soprattutto nelle firma, è chiaro che il rigore metodologico è una imprescindibile esigenza di deontologia professionale e per quanto mi riguarda soprattutto morale, ed il rigore sarà superiore quanto più il perito grafologo nel corso degli anni avrà acquisito una maggiore maturità professionale attraverso la conoscenza del metodo grafologico peritale, e quindi metterà in atto.
Spesso il perito grafologo si interfaccia con persone non esperte e di conseguenza la comunicazione con tali soggetti dovrà essere quanto più chiara possibile e far loro comprendere in modo razionale seguendo una certa logica soprattutto dimostrativa il motivo di un determinato giudizio, soprattutto specificare quali sono le condizioni indispensabili per poter effettuare una consulenza quanto più chiara ed onesta professionalmente.
Quindi è necessario che vengano forniti al consulente dalla persona che promuove la causa – parte attrice – adeguata documentazione ovvero che le scritture di comparazione siano omogenee al testo da verificare quindi se un testamento olografo è stato eseguito in corsivo anche le scritture di comparazione dovranno essere scritte con la stessa modalità, che siano coeve alla data della stesura del testamento o firma, che ci sia un numero adeguato di comparative, che siano fotocopie di qualità cioè non devono essere rovinate o sbiadite dal tempo.
Sovente mi capita di non accettare un incarico di CTP ma ciò non vuol dire che non ci sia la volontà di svolgere un lavoro oppure non essere in grado di sostenere una consulenza ma semplicemente se già dal primo approccio la persona non mi fornisce adeguata documentazione, come già accaduto, scritture molto datate tipo di venti anni prima dalla data del testamento – che anche quelle sono utili al fine di stabilire se c’è coerenza grafica – ma ci vogliono necessariamente e soprattutto quelle coeve alla data del testamento o della firma apposta su un qualsiasi documento.
Il medico di famiglia sarebbe disposto a fare una diagnosi sulla scorta di analisi cliniche che gli vengono fornite dal paziente di dieci o venti anni prima?
Anche per la perizia giudiziaria vale lo stesso discorso, è impossibile in quanto la scrittura viene proprio condizionata dallo stato di salute dello scrivente, oltre che dall’età, dallo stato psicofisico del momento in cui ha vergato – ovvero messo nero su bianco le proprie ultime volontà.

La Grafologia giudiziaria ha la peculiarità di identificare l’autore di scritture olografe attraverso anche l’analisi del tracciato personale (ductus), valuta le possibili cause di variazioni grafiche, che siano naturali (che fanno parte della natura del soggetto) come ad esempio l’anzianità, cure farmacologiche, percorso psicoterapico ecc. oppure artificiose come ad esempio imitazione di un testamento olografo ma anche dissimulazioni volte al disconoscimento della propria firma apposta su assegni o contratti di svariata natura.
L’obbiettivo principale del Grafologo giudiziario è quello di giungere ad individuare l’identità di una persona attraverso l’analisi degli scritti olografi è un compito molto complesso e non facile proprio per la varietà dei gesti grafici di ciascuno di noi, per questo motivo si richiede la collaborazione da parte del richiedente ed ovviamente una fiducia necessariamente reciproca.

Patrizia Belloni
Grafologa Giudiziaria
www.patriziabelloni.it

Falsificazione della firma per far espatriare la figlia minore senza il consenso dell’altro genitore

Considerazioni sulla scorta di un caso giudiziario e di cronaca di interesse grafologico in tema di tutela del minore.

Recentemente, a metà dicembre di quest’anno, è stata diffusa la notizia della sentenza di condanna ad otto mesi di reclusione pronunciata dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di una madre che aveva falsificato la firma del marito per ottenere il rilascio del documento valido per l’espatrio per la figlia minore e ciò al fine trasferirsi all’estero interrompendo i rapporti padre-figlia.

I fatti  risalgono al 2016 ma la tematica è di estrema attualità  perché la disgregazione della coppia genitoriale sovente sfocia nella condotta ostativa dell’uno verso l’altro genitore ed il trasferimento del figlio all’estero, quand’anche circoscritto ad un limitato arco temporale, rappresenta  la fattispecie che, in via di fatto,  recide il rapporto genitoriale con conseguenze gravi per il minore, basti pensare all’impatto nella sfera psicologica conseguente alla repentina interruzione dei contatti con uno dei genitori.

 A ben vedere,  la normativa italiana mira ad evitare tali accadimenti essendo necessario il consenso di entrambi i genitori  ai fini del rilascio  al minore del documento valido per l’espatrio, in quanto l’art. 3 della Legge n. 1185/1967 (norme sui passaporti) prevede che “non possono ottenere il passaporto” i minorenni senza l’assenso dei genitori quali esercenti la responsabilità genitoriale.

Nel caso sopra richiamato, del quale non si conoscono i dettagli processuali, evidentemente la madre della bambina è stata ritenuta responsabile di aver  falsificato la firma dell’altro genitore al fine di manifestare la sussistenza proprio di quel consenso richiesto dalla normativa in tema di documenti validi per l’espatrio che, giova evidenziarlo, è posta  a tutela dei minori.

Difatti, con la riforma di cui alla Legge n. 219/12 ed al successivo D.lgs. n. 154/13 il legislatore, includendo espressamente tra “le decisioni di maggiore interesse per i figli” anche quella riguardante l’individuazione della residenza abituale del minore, ha  stabilito che la scelta sia assunta da entrambi i genitori e che solo nei casi di insanabile disaccordo tra quest’ultimi la stessa sia rimessa al giudice (artt. 316 e 337 ter c.c.).

Anche in caso di collocamento “prevalente” del minore presso uno dei genitori, o di  affidamento esclusivo, la scelta relativa alla sua  residenza deve essere, comunque, assunta da entrambi i genitori.

D’altronde anche il diritto alla libera circolazione di cui all’art. 16 Cost. che attribuisce a ciascun cittadino il diritto di  “uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge” trova delle limitazioni a salvaguardia dei figli, nell’alveo dei principi di cui agli artt. 30 e 31 Cost. e del principio del best interest of the child  che  trova la sua prima manifestazione nella Dichiarazione Universale dei diritti del fanciullo del 1959.

La recente condanna, quindi, comporta delle riflessioni in merito all’ampia portata di  una condotta criminosa che non  solo lede  il soggetto di cui viene falsificata la firma ma anche quelli del minore coinvolto.

In tale ambito, il professionista grafologo costituisce un valido ausilio per evidenziare e portare alla luce eventuali condotte illecite di falsificazione delle firme e di sostituzione di persona.

Gabriele Colasanti

Avvocato del Foro di Roma