Considerazioni sul “bianco”

Il bianco, in grafologia, è indice rivelatore della personalità umana, occorre quindi studiarlo con attenzione, nei suoi spazi, nella sua vivacità, nei suoi blocchi e nei suoi ritmi.

Provate, infatti, a sedervi davanti a un foglio bianco e immaginate che qualcuno vi dica: “Ora scriva 10/15 righe, può scrivere ciò che vuole… Quasi subito si avverte una sensazione di disagio, impauriti di fronte al foglio bianco senza sapere come iniziare, come riempire questo spazio, alcuni alla fine rinunciano, altri tentano. Tutto questo per evidenziare il significato e di quanto sia importante il bianco in grafologia.

Questo colore “non colore”, questo concetto di vuoto/non vuoto che, secondo la filosofia Zen, viene inteso come natura originaria dell’uomo.

Anche nella pittura, come ho avuto modo di constatare andando a vedere la mostra a Roma alle Scuderie del Quirinale, Matisse in alcuni suoi quadri lasciava un piccolo spazio bianco, non colorato, non privo di significato ma, al contrario, perché possa essere riempito dei colori, dei suoni e delle modulazioni e delle vibrazioni proprie di chi guarda il quadro.

Anche la pittura giapponese lascia molto spazio al bianco rappresentante l’universo in contrapposizione al nero che, sempre secondo la filosofia Zen, rappresenta la forma materiale. L’equilibrio tra queste forze, vuoto/pieno, leggerezza/pesantezza, uomo/natura, rappresenta la pienezza della vita, serena e tranquilla.

Una vita che ci possa permettere di far fronte agli ostacoli che inevitabilmente incontreremo sul nostro cammino.

Il bianco dovrebbe quindi essere considerato un serbatoio da cui attingere potenzialità, energia che non dovrebbero spaventarci fino al punto di isolarci, ma accompagnarci nella nostra crescita, sia dal punto di vista intellettuale, spirituale che pratico.

Tale percorso potrebbe essere foriero di intuizioni brillanti, idee e progetti che potrebbero gratificare noi stessi e anche agli occhi degli altri.

Claudia Ducci

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