Freud e le tre istanze

Secondo Freud la rappresentazione della struttura della psiche è composta da: Io, Es, Super-Io.[1]

Quando nasciamo, siamo tutti Es, ovvero allo stato brado, assecondiamo le pulsioni, inseguiamo il nostro benessere fisico, il primo stadio.

Man mano che si cresce si fa strada il Super-Io, ovvero la sede delle proibizioni, si prende coscienza, riusciamo a distinguere il bene dal male.

Poi c’è l’Io, ovvero il mediatore tra queste istanze in conflitto.

Possiamo ritrovare i concetti di Feud anche nella famosa favola di Collodi, la celeberrima Pinocchio, quante volte l’abbiamo ascoltata e raccontata ai nostri bambini…

Ecco, Lucignolo rappresenta l’Es, la trasgressione, non riesce a controllare le proprie pulsioni, inseguendo il proprio piacere trasgredisce tutte le regole.

Pinocchio, l’Io della situazione, che non essendo abbastanza forte si faceva trascinare nelle avventure più disparate e a volte pericolose! Anche se tormentato dai sensi di colpa nei confronti del povero Geppetto, deluso da questo “bambino”.

A quel punto arrivava sempre il grillo parlante, la coscienza, il Super-Io, punitivo e vessatorio che puntualmente scaturiva crisi esistenziali a Pinocchio, ovvero ad un Io debole, poco strutturato per poter gestire una situazione così difficile.

Il piacere, la trasgressione da un lato ed il dovere, studiare, fare i compiti, rispettare l’anziano “genitore”, che dilemma!

A questo punto ci si chiede… cosa c’entra Pinocchio con la grafologia?

Nella scrittura si individuano i segni corrispondenti a ciascuna di queste tre istanze.

Noi grafologi, quando esaminiamo uno scritto, dal momento che viene richiesto un profilo psicologico, ci soffermiamo sugli elementi che soprattutto ci parlano dell’Io.

Che sia solido o meno, da lì si parte.

Ciò si evince dalla zona “media” della scrittura, riusciamo a capire se lo scrivente riesce a resistere ai richiami della trasgressione senza lasciarsi sopraffare da un Super-Io castrante.

Zona media, ovvero il piano orizzontale, la superficie della terra, ciò su cui ciascuno di noi poggia i piedi, la concretezza in cui ci muoviamo, la direzione verso una meta da raggiungere, l’incontro con l’altro e soprattutto l’adattamento.

E’ proprio su quest’asse, l’orizzontale, che raffigura l’immagine temporale che intercorre tra ciò che è stato e ciò che sarà.

Se la zona media è salda e ben strutturata, sicuramente non si farà “trascinare” da un movimento captatore, che cercherà di renderla debole, in balìa degli eventi.

[1]Freud, L’io e l’Es, 1923

Patrizia Belloni

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