Testamento olografo è valido fino a prova contraria a dirlo è la Cassazione

Il testamento olografo “scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore” (art. 602 Cod. Civ.) viene in rilievo nell’ambito degli “scritti” di interesse del consulente grafologo sicché appare necessario fare cenno ad una recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione.

I giudici di legittimità hanno affermato che la contestazione della autenticità di un testamento olografo deve essere avanzata mediante una   domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura con la conseguenza che l’onere probatorio grava sul proponente l’azione (Cassazione, sez. II Civile, n. 1995 del 2016). Detta sentenza  è conforme ad altra recente pronuncia di legittimità (Cass. sez. un 15 giugno 2015, n. 12307) ove si è affermato che la parte che contesti l’autenticità di un testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, gravando su di essa l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo. Ad avviso della Suprema Corte, quindi, per superare l’efficacia probatoria di un testamento olografo, non risulta sufficiente né  il ricorso al disconoscimento né la proposizione di querela di falso. Tra le motivazioni addotte dai giudici è ricompresa anche la necessità di evitare che il “semplice disconoscimento” di un atto, il testamento olografo, caratterizzato da peculiare efficacia dimostrativa renda troppo gravosa la posizione dell’attore che si professa erede  che mal si concilia con l’intrinseca forza dimostrativa propria della forma testamentaria di cui all’art. 602 cod. civ.

Quanto affermato può sembrare una mera questione tecnica ma in realtà l’affermazione della Corte di Cassazione ha anche dei risvolti sul piano pratico.  Difatti, posto che  il testamento successivo “prevale” su quello precedente (si vedano gli artt. 680 e 682 cod. civ. per il caso, rispettivamente di revoca espressa e di revoca tacita), applicando l’interpretazione anzidetta, colui che voglia far valere in giudizio la falsità dell’ultimo atto di disposizione non si dovrà limitare a disconoscerne il contenuto in via d’eccezione ma dovrà proporre un’azione di accertamento negativo facendosi carico del relativo onere probatorio.

In tale quadro la professionalità del consulente grafologo emergerà sia nella veste di consulente di parte (CTP) sia di consulente d’ufficio (CTU) nominato dal giudice in seno al contenzioso con la necessità di rinvenire le scritture di comparazione.

E’ qui che nasce il problema, in quanto la ricerca delle scritture di comparazione può risultare tutt’altro che facile. Vuoi perché si deve trattare di scritture di sicura produzione del de cuius vuoi perché controparte potrebbe aver provveduto a sottrarre o addirittura a distruggere buona parte dei  manoscritti riconducibili al de cuius. In questi casi il consulente grafologo se necessario dovrà diventare anche investigatore ampliando le proprie ricerche presso Uffici pubblici quali anagrafe, conservatorie dei registri immobiliari, tribunali, motorizzazione, camere di commercio etc., ove potrebbero rinvenirsi firme autografe o scritti riferite al de cuius. Tutto ciò naturalmente comporterà un aggravio di non poco conto in termini di tempo e costi che sicuramente avranno un peso nelle scelte di coloro che dovranno dimostrare che il testamento olografo mostrato da uno degli eredi  è stato vergato da mano diversa.

Gabriele Colasanti

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