STORIA  DEL TESTAMENTO OLOGRAFO DI UN “PADRE PADRONE”

Patrizia Belloni

grafologa giudiziaria

Poter adottare un bambino per una coppia che non può avere figli in modo naturale rappresenta una occasione veramente grande, un modo diverso per diventare genitori ma non meno importante infatti quasi sempre si crea un legame forte tra genitori- figli spesso come quello biologico.

Perché si avverte il desiderio di adottare un bambino?  Quali sono le ragioni che spingono molte coppie ad intraprendere questo cammino?

A me personalmente verrebbe da rispondere che il motivo principale è quello di dare amore ad una creatura a cui è stato negato questo diritto al momento della sua nascita, creare una famiglia, trasmettere dei valori ed aiutarlo a crescere, la percezione tangibile della continuità cioè la presa di coscienza di una realtà e non a caso spesso si dice “tramandato di padre in figlio”.

Invece purtroppo a volte capita che i bambini vengano adottati per motivi di mero opportunismo, so che nel 2022 anno in cui ci troviamo tutto ciò possa sembrare assurdo ed anacronistico, accade più spesso di quanto si possa immaginare, non è un problema dovuto alla posizione geografica, ma è il frutto dell’ignoranza e povertà che coinvolge molte persone ed è una storia vera quella che vi sto per narrare, con mio forte rammarico.

Pochi mesi fa venivo contattata telefonicamente da un certo Sig. Marcello (nome di fantasia) il quale mi chiedeva un appuntamento per sottopormi un testamento olografo scritto di proprio pugno da suo padre, “c’è qualcosa che non mi torna in quella scrittura e penso che il testamento sia falso”, sue testuali parole, una frase che purtroppo le persone mi ripetono ormai da moltissimo tempo.

Dal momento che mi occupo quasi esclusivamente di testamenti olografi accetto di buon grado l’incontro professionale con il Sig. Marcello con la speranza che la sua convinzione avesse delle reali fondamenta e che non fosse dettata soltanto dal desiderio maturato dalle proprie aspettative per avere un domani un po’ più roseo economicamente.

Ci incontriamo nel mio studio ed il Sig. Marcello mi dice di essere stato adottato quando aveva circa sei anni fine anni settanta, in un paese non molto distante da Roma, infatti pensava di aver trovato finalmente dei genitori amorevoli, una bella casa in campagna un bellissimo prato dove poter scorrazzare in libertà un fedele cagnolino inseparabile compagno di giochi da accudire invece…

Era stato adottato per necessità, i genitori putativi avevano bisogno di qualcuno che li aiutasse nei campi, accudire il bestiame ed eseguire altre mille incombenze, gli avevano permesso di ottenere a stento soltanto la licenza elementare e poi lavoro ed ancora soltanto lavoro.

Una storia che sembra tratta dal libro di Gavino Ledda “Padre Padrone”

Infatti ho riscontrato non poche analogie con quel romanzo dal quale successivamente nel 1977 fu tratto il celebre film diretto dai fratelli Taviani.

“Sono venuto a riprendermi il ragazzo, mi serve a governare le pecore e a custodirle… ho bisogno di lui in campagna il ragazzo è mio”

Questo è un passo del libro sopracitato, il “ragazzo” aveva soltanto sei anni, figlio naturale, frequentava la prima elementare ed era in classe quando il padre irruppe sotto gli occhi attòniti della maestra e dei compagni, era il 1944.

Nasce nel 1938 in provincia di Sassari, pastore analfabeta fino all’età di vent’anni, poi grazie ad un suo superiore dell’esercito durante il servizio militare consegue la licenza elementare nel 1961 e da lì la scalata verso la cultura che rende libero ogni essere umano, fino ad arrivare alla laurea in lettere intorno agli anni settanta.

Purtroppo il presentimento che avevo maturato quando il Sig. Marcello mi aveva illustrato la situazione al telefono, cioè che il testamento fosse il frutto della mente contorta di quel “padre” quindi autentico si è avverata, anche se mai come quella volta avrei voluto che il finale fosse stato diverso.

Non soltanto lo ha diseredato sciorinando tutta una serie di motivazioni valide soltanto nella sua povera mente, ma oltretutto scrivendo che siccome era stato adottato non aveva diritto a nulla di quei beni che tra l’altro il Sig. Marcello con il suo lavoro di anni ed anni aveva contribuito a costruire nel vero senso della parola.

 Una volta diventato maggiorenne e con l’aiuto di uno zio era riuscito a riprendere gli studi e a diplomarsi geometra, successivamente era stato assunto presso una società di costruzioni del suo paese ed aveva ristrutturato proprio con le sue mani la grande casa dove viveva con la sua famiglia, ormai molto datata e bisognosa di “cure”.

Nel frattempo la sua mamma adottiva era deceduta e suo padre ritenne opportuno risposarsi con una donna molto più giovane di lui, una ragazza dell’est che dapprima venne assunta come badante e da lì a poco divenne la padrona di casa e non soltanto.

Il testamento come ho anticipato era autentico, scritto di pugno del Sig. Giovanni, il Sig. Marcello mi ha consegnato molto materiale sul quale poter lavorare, infatti anche se suo padre, persona rozza e quasi per nulla scolarizzata era solito lasciare per casa ogni mattina tanti foglietti scritti a mano sui quali erano specificati i vari lavori che ciascuno dei componenti della famiglia doveva sbrigare.

Non ho ritenuto accettare l’incarico perché non vi erano i presupposti, il testamento olografo è stato scritto interamente dal Sig. Giovanni, scrittura elementare ma libera da costrizioni, un testamento scritto nella assoluta consapevolezza di ciò che stava affermando. Fortunatamente non tutto è risultato vano perché anche i figli adottivi riconosciuti hanno diritto alla quota di eredità legittima, la stessa che spetta ai figli naturali di una coppia, pertanto il Sig. Marcello avrà la soddisfazione di avere un adeguato riconoscimento ai sensi dell’art. 536 c.c. che equipara i figli adottivi a quelli naturali e legittimi.

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