a cura di Roberto Colasanti
Il grafologo giudiziario sia esso nominato dall’ufficio del giudice civile o penale, dal pubblico ministero oppure dalle parti in causa allorché si trovi ad esaminare una firma apposta su di un testamento pubblico, quanto potrà sentirsi condizionato dalla particolare natura dell’atto?
Sicuramente tale quesito non rientrerà tra quelli rivolti dal giudice al grafologo giudiziario che invece dovrà pronunciarsi sull’autenticità o falsità della firma apposta in calce al testamento pubblico.
La domanda che non vuole essere retorica, intende invece lanciare alcuni spunti di riflessione su di un tema particolarmente delicato, ovvero se sia ragionevole ipotizzare che la firma del testatore apposta in calce al testamento pubblico possa essere falsa.
Prima di ogni considerazione al riguardo è bene rammentare che il testamento pubblico trova la sua disciplina nell’art. 603 del codice civile[1]. In base a tale formulazione il notaio deve ricevere le volontà del testatore alla presenza di due testimoni che dovranno essere trascritte a sua cura e sottoscritte oltre che dal testatore anche da due testimoni nonché dallo stesso notaio che riveste la qualità di pubblico ufficiale. Gli atti sottoscritti dal notaio con le formalità dell’atto pubblico fanno fede fino a querela di falso poiché tali atti ai sensi dell’art. 2700 del codice civile godono di fede privilegiata in ordine alla provenienza del documento, delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.
Da quanto sopra ne deriva chiaramente che a meno di una condotta dolosa da parte del notaio nel redigere un atto pubblico, falso in tutto o in parte, la firma apposta in calce ad un testamento pubblico debba ritenersi vergata dalla persona che si è presentata a lui in qualità di testatore.
Il problema sorge per il notaio nell’accertarsi dell’identità della persona che si presenta a lui per fare testamento pubblico. La normativa a tal proposito fa riferimento alle legge sull’Ordinamento del Notariato e degli Archivi Notarili n.89 del 1913 che impone al notaio di essere certo dell’identità della persona che interviene nell’atto pubblico ma senza però dettare univoche e dettagliate disposizioni in merito alle modalità o procedure da seguire per giungere ad un’identificazione personale sicuramente certa. Basti pensare che l’esibizione di un documento d’identità personale non viene affatto menzionato anche se nella pratica è prassi consolidata degli studi notarili chiedere in visione la carta d’identità o altro documento equipollente.
Nei piccoli comuni della provincia italiana probabilmente il compito del notaio da questo punto di vista appare assai più semplice in quanto le persone ma soprattutto i nuclei familiari si conoscono tra loro da lungo tempo vuoi perché vi è una minore densità di popolazione rispetto ai capoluoghi di provincia vuoi per il ristretto numero di infrastrutture e luoghi di aggregazione sociale da poter frequentare.
D’altronde basare l’identificazione della persona sulla scorta del solo documento di riconoscimento può dimostrarsi improvvido o quantomeno rischioso tenuto conto che la falsificazione dei documenti d’identità non è affatto un fenomeno raro, ma è altrettanto vero che il notaio possa cadere in errore nell’identificare una persona.
[1] Art. 603 codice civile – Testamento pubblico.
Il testamento pubblico è ricevuto dal notaio in presenza di due testimoni.
Il testatore, in presenza dei testimoni, dichiara al notaio la sua volontà, la quale è ridotta in iscritto a cura del notaio stesso. Questi dà lettura del testamento al testatore in presenza dei testimoni. Di ciascuna di tali formalità è fatta menzione nel testamento.
Il testamento deve indicare il luogo, la data del ricevimento e l’ora della sottoscrizione, ed essere sottoscritto dal testatore, dai testimoni e dal notaio. Se il testatore non può sottoscrivere, o può farlo solo con grave difficoltà, deve dichiararne la causa e il notaio deve menzionare questa dichiarazione prima della lettura dell’atto.
Per il testamento del muto o sordo si osservano le norme stabilite dalla legge notarile per gli atti pubblici di queste persone. Qualora il testatore sia incapace anche di leggere, devono intervenire quattro testimoni.
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[1] Art. 603 codice civile – Testamento pubblico.
Il testamento pubblico è ricevuto dal notaio in presenza di due testimoni. Il testatore, in presenza dei testimoni, dichiara al notaio la sua volontà, la quale è ridotta in iscritto a cura del notaio stesso. Questi dà lettura del testamento al testatore in presenza dei testimoni. Di ciascuna di tali formalità è fatta menzione nel testamento. Il testamento deve indicare il luogo, la data del ricevimento e l’ora della sottoscrizione, ed essere sottoscritto dal testatore, dai testimoni e dal notaio. Se il testatore non può sottoscrivere, o può farlo solo con grave difficoltà, deve dichiararne la causa e il notaio deve menzionare questa dichiarazione prima della lettura dell’atto. Per il testamento del muto o sordo si osservano le norme stabilite dalla legge notarile per gli atti pubblici di queste persone. Qualora il testatore sia incapace anche di leggere, devono intervenire quattro testimoni.