La volontà dispositiva (requisito) nel testamento olografo

L’art. 602 c.c. disciplina il testamento olografo che rappresenta la forma testamentaria “proveniente dalla mano del de cuius” in quanto trattasi di quel testamento redatto, datato e sottoscritto di pugno dal testatore e rappresenta la forma più “intima”, semplice ed economica, con cui una persona può disporre per quando non sarà più in vita.

Il Codice Civile  prevede  che il  testamento olografo per essere valido debba contenere i seguenti requisiti:

  • l’autografia,
  • la datazione in relazione al momento in cui il documento viene perfezionato,
  • la sottoscrizione sempre e solo per mano del testatore.

Sembra utile riportare l’art. 602 Cod. Civ. che così dispone:

“Il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore [606, 684, 685 c.c.].

La sottoscrizione deve essere posta alla fine delle disposizioni. Se anche non è fatta indicando nome e cognome, è tuttavia valida quando designa con certezza la persona del testatore.

La data deve contenere l’indicazione del giorno, mese e anno. La prova della non verità della data è ammessa soltanto quando si tratta di giudicare della capacità del testatore [591 c.c.], della priorità di data tra più testamenti o di altra questione da decidersi in base al tempo del testamento [651, 656, 657, 687 c.c.].”

Sono sufficienti i requisiti sopra elencati? No, oltre ai requisiti formali sopra menzionati occorre che il testo sia espressione della volontà del testatore di disporre dei propri beni post mortem.

Invero, il de cuius può aver sottoscritto un atto suscettibile di essere interpretato come scrittura privata a contenuto patrimoniale ma non come testamento olografo, anche in presenza dei predetti requisiti di forma.  Infatti, ai fini della configurabilità di una scrittura privata come testamento olografo, non è sufficiente la presenza dei requisiti di forma individuati dall’art. 602 c.c. ma sussiste anche la necessità dell’accertamento dell’oggettiva riconoscibilità nella scrittura della volontà attuale del suo autore di compiere un atto di disposizione del proprio patrimonio per il tempo successivo al suo decesso.

In giurisprudenza è stato affermato che è necessario riscontrare una chiara volontà testamentaria in un atto il quale abbia i requisiti formali di un testamento olografo poiché, proprio in considerazione della serietà dell’atto e delle sue conseguenze giuridiche, vanno individuati requisiti minimi di riconoscibilità oggettiva nell’atto di cui si tratta di un negozio mortis causa, che valgano, ad esempio, a distinguerlo da una donazione, o da un riconoscimento di debito etc.

In dottrina si è ritenuto che non sia sufficiente la manifestazione di una intenzione o di un desiderio, pertanto, affermare  “istituirò mio erede” non equivale a “istituisco mio erede”, così come scrivere “Tutti i miei beni sono esclusivamente di proprietà di…..” non equivale a “istituisco erede in tutti i miei beni il signor/la signora…”.

Una volta rinvenuto uno scritto olografo ed autografo occorre vagliarne il contenuto per verificare che lo stesso integri volontà testamentaria  e sottoporlo ad un esame grafologico (anche preventivo) in caso di subbi sull’autenticità (anche parziale) in particolar modo nei casi in cui i rapporti fra testatore e beneficiario non fossero così stretti da  fugare ogni dubbio in merito ad una possibile apocrifia del testamento.

Gabriele Colasanti

avvocato del Foro di Roma e giornalista pubblicista

e-mail: avv.gabrielecolasanti@gmail.com

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