Indagini complesse e semplici soluzioni: Un caso di omicidio e la ricerca di un latitante.

a cura di Roberto Colasanti

Quindici anni di latitanza nel corso dei quali aveva continuato a comandare i suoi uomini ad incontrarsi con la moglie, diventando papà per la terza volta, eppure per gli investigatori “Peppe”1 era un fantasma.
La sua invisibile presenza aveva contribuito ad accrescere il dominio criminale della famiglia che oltre al traffico della droga continuava ad alimentarsi sulle attività più tradizionali ma sempre remunerative quali usura ed estorsioni.
Commercianti, agricoltori, imprenditori di ogni genere e categoria, nessuno in zona, poteva sottrarsi al pagamento della protezione. Chi non aveva chiesto la protezione della famiglia di “Peppe” aveva dovuto mettere in conto la saracinesca del negozio saltata per via dell’esplosivo, il taglio delle piante da frutto o l’incendio dei mezzi da lavoro quali: trattori, escavatori etcetera.
Il pedinamento dei familiari era impossibile da praticare in quel paese del reggino dove tutti si conoscevano e l’intruso non poteva che essere uno sbirro. I servizi tecnici di ascolto erano risultati oltremodo sterili anche perché facevano parte di quegli strumenti di indagine notoriamente utilizzati dagli investigatori e maggiore fortuna non avevano avuto le perquisizioni a sorpresa eseguite in ogni ora del giorno e della notte, festività comprese.
Era evidente che il latitante e i suoi familiari avevano trovato un modo di comunicare sicuro ed affidabile.
Il sistema era semplice, quasi banale ma efficace e successivamente si scoprirà che era simile a quello utilizzato dai latitanti più famosi della mafia siciliana, messaggi manoscritti detti anche “pizzini”.
La scoperta di tale modalità di comunicazione fu invero del tutto casuale ed avvenne in coincidenza dell’omicidio di un noto avvocato del foro di Locri.
Un omicidio di inaudita violenza consumato sull’uscio dello studio del legale da giovani sicari che l’ho attinsero con 6 colpi di pistola alla testa senza lasciargli alcuna possibilità di scampo.
L’omicidio scosse gli uffici della Procura della Repubblica e le indagini partirono con grande spiegamento di uomini e mezzi con la consapevolezza della difficoltà del caso.
Le indagini cercarono di ricostruire le relazioni dell’avvocato e si concentrarono tra le numerose carte custodite nei fascicoli dello studio. Dall’esame di quelle carte emersero delle lettere manoscritte in cui il latitante si rivolgeva all’avvocato trattando diversi aspetti e non solo quelli di carattere strettamente giudiziario. Quelle lettere però non erano arrivate per posta ordinaria ne raccomandata.
Un ignoto messaggero aveva recapitato le lettere all’avvocato e analogo sistema veniva utilizzato per mantenere i contatti con i familiari. Un sistema difficile da intercettare perché espletato da pochi fidati corrieri, incensurati e pertanto sconosciuti alle forze dell’ordine.
La scoperta del sistema certamente di per se non aveva svelato il covo del latitante, ma fu essenziale per individuare il messaggero.
Le indagini sull’omicidio dell’avvocato, espletate senza risparmio di energie, fornirono l’occasione per eseguire perquisizioni domiciliari in tutto il paese e le campagne viciniori senza sconti a nessuno.
Interi blocchi di edifici furono passati al setaccio e non ci fu alcuno che avanzò rimostranze, e se è vero che da tale attività non scaturirono elementi utili per le indagini sull’omicidio è altrettanto certo che fu individuato il messaggero del latitante.
Grazie all’occhio attento degli uomini impiegati nelle indagini ai quali erano stati preventivamente mostrati i manoscritti del latitante si poté rilevare che nell’abitazione di quella famiglia di allevatori di bovini c’era un foglietto con l’elenco della spesa inclusa la marca di sigarette da lui preferita, scritto sicuramente dalla mano di “Peppe”.
Nella circostanza gli investigatori fecero finta di nulla, per non destare sospetti, ma da allora iniziarono i servizi per tenere sotto controllo i componenti di quella famiglia che fino a quel momento non aveva mai avuto alcun legame con il latitante o con i membri di quella famiglia mafiosa calabrese.
Questa volta gli investigatori avevano fatto centro e da lì a qualche mese il latitante venne arrestato nei pressi di una masseria lontana dal paese.
Il caso prospettato è l’ennesimo esempio di come le conoscenze grafologiche possano costituire un punto di forza per l’investigatore nella risoluzione delle indagini più complesse.

1 Soprannome volutamente generico.

Roberto Colasanti

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