Il grafologo giudiziario come consulente della persona offesa dal reato

La grafologia giudiziaria viene in ausilio della difesa tecnica della persona offesa dal reato.
Si deve premettere che la persona offesa dal reato coincide con il titolare dell’interesse giuridico protetto, anche in modo non prevalente dalla norma incriminatrice che si assume sia stata violata dal reato (Tonini, Manuale di procedura penale).

In particolare, ai sensi dell’art. 90 del Codice di Procedura Penale (Diritti e facoltà della persona offesa dal reato), la persona offesa, in ogni stato e grado del procedimento può presentare memorie e, con esclusione del giudizio dinanzi la Corte di Cassazione, indicare elementi di prova.
In tale contesto, il difensore della persona offesa, in forza di quanto previsto dall’art. 327-bis c.p.p. può compiere investigazioni difensive al fine di ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito.
Appare utile considerare che le investigazioni difensive servono anche a vagliare la sussistenza del reato prima ancora della presentazione della denuncia e della querela, nel primo caso per comunicare all’Autorità Giudiziaria la notizia di un reato perseguibile d’ufficio che abbia leso i propri interessi e, nel secondo caso, per chiedere all’Autorità Giudiziaria di procedere e perseguire penalmente per un fatto-reato non perseguibile d’ufficio rispetto al quale la querela costituisce condizione di procedibilità in mancanza della quale non può essere esercitata l’azione penale.
Nel corso delle indagini preliminari, invece, la persona offesa può fornire al Pubblico Ministero il proprio contributo investigativo comunicando elementi idonei ad agevolare l’individuazione del colpevole o, comunque, utili delineare il fatto storico oggetto dell’indagine nonché per sostenere l’accusa in giudizio nei confronti dell’indagato.
Nel nostro ordinamento la persona offesa è tenuta a rappresentare fatti veritieri perché diversamente è imputabile per i delitti di calunnia, simulazione di reato, false informazioni al pubblico ministero e falsa testimonianza.
La grafologia giudiziaria viene in rilievo, certamente, allorquando lo scritto sia l’elemento costitutivo del reato, basti pensare alle fattispecie di:

  •  Falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito (Art. 491 C.P.);
  •  Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti (art. 478 C.P.);
  •  Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (Art. 478 C.P.);
  •  Sostituzione di persona (art. 494 c.p.).

Inoltre, la grafologia entra a far parte del procedimento penale anche quando il manoscritto falso o apocrifo e la firma apocrifa rappresentano uno degli elementi costitutivi del reato come nel caso, a titolo esemplificativo e non esaustivo, della truffa (Art. 640 c.p.), della diffamazione (art. 595 c.p.), degli atti persecutori (c.d. stalking – art. 612 bis c.p.), dell’istigazione al suicidio (art. 580 c.p.).
Il gesto grafico, poi, può costituire elemento di prova di crimini efferati come l’omicidio, il sequestro di persona e dei c.d. “crimini seriali”.
Pertanto, nell’ambito giuridico sinteticamente descritto, l’avvocato difensore della persona offesa può nominare come consulente tecnico il grafologo giudiziario il quale, attraverso le specifiche competenze tecniche, viene chiamato a fornire un ausilio tecnico-specialistico per la ricerca di elementi utili all’attività difensiva nell’ottica del perseguimento dell’interesse punitivo e risarcitorio del soggetto privato che è, appunto, la persona offesa dal reato.
In questo caso, il grafologo giudiziario è un libero-professionista che nel rispetto delle norme e della deontologia affianca la persona offesa ed il suo difensore e può essere da questi liberamente scelto nell’ambito degli esperti della materia.
In conclusione, vista la complessità delle fattispecie valutate in sede penale, è consigliabile interpellare un esperto in materia grafologica, un grafologo giudiziario, quando manoscritti e/o firme siano di interesse per il procedimento penale; anche in via preventiva per individuare il reo ovvero escludere talune persone o circoscrivere il novero dei possibili responsabili del delitto.

Gabriele Colasanti

Avvocato del foro di Roma – Giornalista-pubblicista

La consulenza tecnica d’ufficio grafologica nel processo civile

Nel processo civile, la grafologia, nella fattispecie grafologia giudiziaria o forense, rappresenta una materia specialistica, connotata di peculiarità tecniche oltre che di stampo umanistico, utile a dirimere il contenzioso insorto fra le parti e rimesso all’autorità giudiziaria. Sono molteplici le controversie aventi ad oggetto l’apocrifia di una sottoscrizione o di un testo in particolare nell’ambito delle obbligazioni e dei contratti e nelle cause successorie che vede come “protagonista” il testamento olografo (art. 602 Cod. Civ.). Sembrano delineare l’importanza della grafologia in ambito giudiziario – civilistico – le disposizioni di cui agli artt. 214 c.p.c. e ss. (disconoscimento della scrittura privata). L’art. 216 c.p.c. (istanza di verificazione) prevede che “la parte che intende valersi della scrittura disconosciuta deve chiederne la verificazione, …indicando le scritture che possono servire di comparazione…”.
Ciò premesso, va precisato che il Giudice ove debba decidere su questioni che implichino l’impiego di conoscenze specialistiche e/o tecniche può avvalersi di un consulente tecnico d’ufficio (C.T.U.) che assume la qualifica di ausiliario del giudice allo scopo di rispondere ai quesiti formulati dal Giudice (oggetto dell’incarico peritale) che in ambito civilistico vengono determinati sulla scorta delle domande e delle eccezioni delle parti sulle quali grava l’onere della prova. Pertanto, il Giudice può individuare un consulente tecnico al quale assegnare la risposta ad uno o più quesiti circa i fatti controversi fra le parti in causa (ad esempio: “accerti il C.T.U. se la firma apparentemente apposta da Tizio sul contratto di locazione sia apocrifa” oppure “accerti il C.T.U. se il testamento olografo pubblicato in data x dal notaio Sempronio sia stato interamente redatto per mano del defunto Mevio e dallo stesso sottoscritto”).
Laddove venga nominato un consulente tecnico d’ufficio le parti in causa hanno diritto di nominare un consulente tecnico di parte (C.T.P.) che assista alle operazioni peritali ai sensi dell’art. 194 c.p.c., presenti eventuali osservazioni ed istanze nonché sia parte del contraddittorio che conduce il C.T.U. ad elaborare la relazione di consulenza tecnica d’ufficio sa sottoporre al giudice.
Sotto il profilo processuale le operazioni peritali si debbono svolgere nel rispetto del principio del contraddittorio, alla stregua di quanto dispongono l’art. 194, comma 2°, c.p.c., e l’art. 90 disp. att. c.p.c., che presidiano il diritto delle parti di intervenire, nel contraddittorio tra di loro, alle operazioni peritali (di persona o a mezzo dei propri consulenti e difensori) e di presentare al consulente – per iscritto o financo a voce – osservazioni ed istanze.
L’art. 195, comma 2°, c.p.c. prescrive, altresì, di inviare la bozza di consulenza alle parti, al fine di raccoglierne le osservazioni, prima del deposito formale della perizia.
Pertanto, gli aspetti sinteticamente sopra illustrati debbono essere considerati da coloro che intendano promuovere o resistere in giudizio sia per evitare azioni ovvero eccezioni non idonee a superare il vaglio tecnico in contraddittorio sia per esaminare la possibilità di farsi assistere da un consulente tecnico di parte.

Gabriele Colasanti
Avvocato del Foro di Roma