Stalking attraverso manoscritti


Quando si parla di violenza contro le donne viene in rilievo, nell’ambito dei reati del c.d. “Codice Rosso”, lo stalking ossia il delitto di “atti persecutori” previsto e punito dall’art. 612-bis c.p. che punisce severamente “chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita..”.
Trattando delle molteplici applicazioni della grafologia non si può trascurare che il manoscritto costituisce una delle modalità “tipiche”, secondo le cronache giudiziarie, di attuazione delle molestie in danno della persona offesa.
Spesso si tratta di lettere o biglietti che vengono recapitati dopo che la vittima ha provveduto a bloccare il numero di telefono ed i contatti del persecutore sui social network.
Ma può anche trattarsi di lettere anonime rispetto alle quali è necessario individuare l’autore/l’autrice.
Tra i fatti di cronaca sull’argomento è indicativo un caso di qualche anno fa, accaduto in provincia de L’Aquila, specificamente solo grazie ad una perizia grafologica è stato possibile arrestare per “stalking” un uomo di 53 anni che aveva terrorizzato un Paese con lettere anonime e sms volgari.
Ulteriore esempio: il 3 ottobre 2024 l’Agenzia ANSA intitolava così un articolo: “Lo stalking con lettere anonime, arrestato ‘il Pescatore’” raccontando che il soggetto attinto dalla misura cautelare, secondo gli inquirenti, inviava lettere minatorie alle donne prese di mira (finora risultate essere quattro, di cui tre già a lui legate da un vincolo sentimentale) firmandosi come ‘il Pescatore’ o ‘Fischermann’. Ebbene, nelle notizie di stampa si legge che le lettere ricevute dalle diverse donne sono risultate provenienti dalla stessa mano perché caratterizzate dalla “stessa grafia”.
Nel caso degli atti persecutori l’autore degli scritti anonimi mira a creare un danno alla vittima, a lederne la serenità provocandogli uno stato d’ansia ovvero il cambiamento delle proprie abitudini di vita.
Poiché la scrittura è espressione della personalità non sembra anomalo che il persecutore scriva di suo pugno le frasi moleste.
Corre l’obbligo di evidenziare che il contenuto delle lettere o dei biglietti, affinché sussista la condotta punita dall’art. 612 bis c.p., non deve essere necessariamente offensivo o volgare perché anche l’invio ripetuto di biglietti con scritte del tipo “mi manchi”, “ti amo”, “ti aspetto”, “ti prego prendiamoci un caffè”, se provoca ansia nel destinatario integra il delitto in parola. Occorre senz’altro guardare al contesto dei fatti ed al rapporto autore-destinatario affinché possa parlarsi di “molestia” e valutare gli effetti sulla vittima.

Gabriele Colasanti

Avvocato del foro di Roma – Giornalista-pubblicista

LA DATA SUL TESTAMENTO OLOGRAFO

In questi lunghi anni di vita del mio giornale, “Grafologia Magazine” circa dieci, la sottoscritta insieme ai tanti “amici di penna”, come li ho sempre definiti, che via via si sono avvicendati nel corso di questi anni, abbiamo messo nero su bianco attingendo alle rispettive competenze professionali, per dare vita a numerosi articoli inerenti sia al testamento olografo, che ovviamente altre forme di testamento, e tantissimi altri aspetti relativi alla scrittura o alle firme. Sono stati espressi pareri e dispensato consigli da parte di molti professionisti quali Avvocati e Criminologi, altresì scandagliati tutti gli aspetti secondo una differente prospettiva rispetto a quella grafologica ampliando l’orizzonte anche dal punto di vista legale. Inizialmente, quando ho intrapreso questa “avventura” anche psicologi e psicoterapeuti hanno contribuito alla crescita del giornale scrivendo numerosi articoli anche per quanto concerne l’età evolutiva della scrittura, ovvero quella dei bambini e adolescenti e, seppur on-line si tratta di una vera e propria testata giornalistica, dove tutti hanno dato il loro contributo in modo spontaneo e professionale. In questi anni ho parlato a lungo su cos’è un testamento, illustrando ampiamente che trattasi di un atto con il quale una persona dispone, per quando sarà deceduta, di tutte le proprie sostanze o parte di esse, è un atto formale, quindi redatto previa scrittura pur essendo prevista una varietà di forme eterogenee tra di loro, e tuttavia valide ad attribuire una eguale importanza a livello giuridico. Se il testamento è olografo deve essere scritto esclusivamente dalla mano del testatore, testo data e firma e non ci devono essere interferenze di natura grafologica, ovvero mani estranee, e nel caso in cui dovessero sorgere dei dubbi in questo senso da parte di qualche erede, il testamento può essere impugnato nei termini di prescrizione di cinque anni dal giorno in cui è stata data esecuzione alle volontà testamentarie. I requisiti del testamento olografo sono sicuramente l’olografia della scrittura, ovvero scritto interamente dalla mano del testatore, che vi sia apposta la data e la firma, inoltre il testamento deve indicare nello specifico quali beni sono destinati a quali persone. La data è il secondo requisito previsto per la validità del testamento olografo, ma, se per il testo manoscritto e la firma la legge non transige, infatti vi sono regole ferree sopra elencate, viceversa, per quanto riguarda la data a volte i provvedimenti legali sono meno intransigenti, specialmente quando il testamento è stato scritto da un soggetto molto anziano, che, vuoi per l’emozione, l’anzianità o altro ci sia una dimenticanza, ovvero che la data non sia stata scritta nel modo tradizionale, quindi all’inizio del testo oppure a fondo pagina prima della firma. Affinché il testamento sia ritenuto valido nonostante questa mancanza è che all’interno del testo manoscritto vi siano delle indicazioni certe che rivelino seppur indirettamente quando è stato redatto, ad esempio: “Io sottoscritto …sto scrivendo il mio testamento il giorno di Natale del 2001”, quindi sappiamo che Natale è sempre il 25 Dicembre e l’anno è stato dichiarato quindi una data certa; oppure sto scrivendo le mie ultime volontà il giorno del mio settantesimo compleanno, se il testatore all’interno del manoscritto ha menzionato il suo giorno mese e anno di nascita è sicuramente anch’essa una data certa, e così via. Recentemente ho avuto l’occasione di fornire la mia consulenza ovvero parere pro – veritate su un testamento olografo ideato e scritto da una persona piuttosto anziana in cui aveva dimenticato di scrivere la data, i parenti esclusi dall’asse ereditario, ovviamente hanno subito impugnato il testamento. Nonostante questa avversità Il testamento è stato ritenuto valido, in quanto oltre ad essere stato scritto e firmato di proprio pugno il testatore aveva fatto riferimento al giorno mese ed anno della nascita di un suo nipote quindi “Ho scritto il mio testamento il giorno della nascita di” … che aveva ovviamente menzionato nella scheda testamentaria dichiarando il nome, cognome, giorno, mese ed anno di nascita, una data certa di un fatto già avvenuto. Certamente questi sono casi eccezionali, non è di certo la regola, la data è sicuramente indispensabile ai fini della validità di un testamento, ma ci sono anche le eccezioni e sicuramente è fondamentale il parere del Giudice, quindi tutto nelle mani della sua discrezionalità. Altra cosa è apporre una data anteriore ad una azione che il testatore dichiara di aver fatto, cioè quando in esso si menziona come passato o compiuto un atto che invece è avvenuto in epoca posteriore alla data del testamento, quindi se la data non è certa il testamento è nullo.


Patrizia Belloni
Grafologa Giudiziaria e Giornalista
Specializzata in analisi e comparazione di testamenti olografi
www.patriziabelloni.it

Falsificazione della firma per far espatriare la figlia minore senza il consenso dell’altro genitore

Considerazioni sulla scorta di un caso giudiziario e di cronaca di interesse grafologico in tema di tutela del minore.

Recentemente, a metà dicembre di quest’anno, è stata diffusa la notizia della sentenza di condanna ad otto mesi di reclusione pronunciata dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di una madre che aveva falsificato la firma del marito per ottenere il rilascio del documento valido per l’espatrio per la figlia minore e ciò al fine trasferirsi all’estero interrompendo i rapporti padre-figlia.

I fatti  risalgono al 2016 ma la tematica è di estrema attualità  perché la disgregazione della coppia genitoriale sovente sfocia nella condotta ostativa dell’uno verso l’altro genitore ed il trasferimento del figlio all’estero, quand’anche circoscritto ad un limitato arco temporale, rappresenta  la fattispecie che, in via di fatto,  recide il rapporto genitoriale con conseguenze gravi per il minore, basti pensare all’impatto nella sfera psicologica conseguente alla repentina interruzione dei contatti con uno dei genitori.

 A ben vedere,  la normativa italiana mira ad evitare tali accadimenti essendo necessario il consenso di entrambi i genitori  ai fini del rilascio  al minore del documento valido per l’espatrio, in quanto l’art. 3 della Legge n. 1185/1967 (norme sui passaporti) prevede che “non possono ottenere il passaporto” i minorenni senza l’assenso dei genitori quali esercenti la responsabilità genitoriale.

Nel caso sopra richiamato, del quale non si conoscono i dettagli processuali, evidentemente la madre della bambina è stata ritenuta responsabile di aver  falsificato la firma dell’altro genitore al fine di manifestare la sussistenza proprio di quel consenso richiesto dalla normativa in tema di documenti validi per l’espatrio che, giova evidenziarlo, è posta  a tutela dei minori.

Difatti, con la riforma di cui alla Legge n. 219/12 ed al successivo D.lgs. n. 154/13 il legislatore, includendo espressamente tra “le decisioni di maggiore interesse per i figli” anche quella riguardante l’individuazione della residenza abituale del minore, ha  stabilito che la scelta sia assunta da entrambi i genitori e che solo nei casi di insanabile disaccordo tra quest’ultimi la stessa sia rimessa al giudice (artt. 316 e 337 ter c.c.).

Anche in caso di collocamento “prevalente” del minore presso uno dei genitori, o di  affidamento esclusivo, la scelta relativa alla sua  residenza deve essere, comunque, assunta da entrambi i genitori.

D’altronde anche il diritto alla libera circolazione di cui all’art. 16 Cost. che attribuisce a ciascun cittadino il diritto di  “uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge” trova delle limitazioni a salvaguardia dei figli, nell’alveo dei principi di cui agli artt. 30 e 31 Cost. e del principio del best interest of the child  che  trova la sua prima manifestazione nella Dichiarazione Universale dei diritti del fanciullo del 1959.

La recente condanna, quindi, comporta delle riflessioni in merito all’ampia portata di  una condotta criminosa che non  solo lede  il soggetto di cui viene falsificata la firma ma anche quelli del minore coinvolto.

In tale ambito, il professionista grafologo costituisce un valido ausilio per evidenziare e portare alla luce eventuali condotte illecite di falsificazione delle firme e di sostituzione di persona.

Gabriele Colasanti

Avvocato del Foro di Roma