Falsificazione della firma per far espatriare la figlia minore senza il consenso dell’altro genitore

Considerazioni sulla scorta di un caso giudiziario e di cronaca di interesse grafologico in tema di tutela del minore.

Recentemente, a metà dicembre di quest’anno, è stata diffusa la notizia della sentenza di condanna ad otto mesi di reclusione pronunciata dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di una madre che aveva falsificato la firma del marito per ottenere il rilascio del documento valido per l’espatrio per la figlia minore e ciò al fine trasferirsi all’estero interrompendo i rapporti padre-figlia.

I fatti  risalgono al 2016 ma la tematica è di estrema attualità  perché la disgregazione della coppia genitoriale sovente sfocia nella condotta ostativa dell’uno verso l’altro genitore ed il trasferimento del figlio all’estero, quand’anche circoscritto ad un limitato arco temporale, rappresenta  la fattispecie che, in via di fatto,  recide il rapporto genitoriale con conseguenze gravi per il minore, basti pensare all’impatto nella sfera psicologica conseguente alla repentina interruzione dei contatti con uno dei genitori.

 A ben vedere,  la normativa italiana mira ad evitare tali accadimenti essendo necessario il consenso di entrambi i genitori  ai fini del rilascio  al minore del documento valido per l’espatrio, in quanto l’art. 3 della Legge n. 1185/1967 (norme sui passaporti) prevede che “non possono ottenere il passaporto” i minorenni senza l’assenso dei genitori quali esercenti la responsabilità genitoriale.

Nel caso sopra richiamato, del quale non si conoscono i dettagli processuali, evidentemente la madre della bambina è stata ritenuta responsabile di aver  falsificato la firma dell’altro genitore al fine di manifestare la sussistenza proprio di quel consenso richiesto dalla normativa in tema di documenti validi per l’espatrio che, giova evidenziarlo, è posta  a tutela dei minori.

Difatti, con la riforma di cui alla Legge n. 219/12 ed al successivo D.lgs. n. 154/13 il legislatore, includendo espressamente tra “le decisioni di maggiore interesse per i figli” anche quella riguardante l’individuazione della residenza abituale del minore, ha  stabilito che la scelta sia assunta da entrambi i genitori e che solo nei casi di insanabile disaccordo tra quest’ultimi la stessa sia rimessa al giudice (artt. 316 e 337 ter c.c.).

Anche in caso di collocamento “prevalente” del minore presso uno dei genitori, o di  affidamento esclusivo, la scelta relativa alla sua  residenza deve essere, comunque, assunta da entrambi i genitori.

D’altronde anche il diritto alla libera circolazione di cui all’art. 16 Cost. che attribuisce a ciascun cittadino il diritto di  “uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge” trova delle limitazioni a salvaguardia dei figli, nell’alveo dei principi di cui agli artt. 30 e 31 Cost. e del principio del best interest of the child  che  trova la sua prima manifestazione nella Dichiarazione Universale dei diritti del fanciullo del 1959.

La recente condanna, quindi, comporta delle riflessioni in merito all’ampia portata di  una condotta criminosa che non  solo lede  il soggetto di cui viene falsificata la firma ma anche quelli del minore coinvolto.

In tale ambito, il professionista grafologo costituisce un valido ausilio per evidenziare e portare alla luce eventuali condotte illecite di falsificazione delle firme e di sostituzione di persona.

Gabriele Colasanti

Avvocato del Foro di Roma

Tipi di testamento

Patrizia Belloni

grafologa giudiziaria

Il testamento come già ricordato è l’atto reversibile con il quale una persona dispone, per quando avrà cessato di vivere, di tutte le sostanze o parte di esse, è un atto mortis causa perché la sua funzione consiste nella determinazione della sorte dei rapporti patrimoniali in conseguenza alla morte del testatore, è un atto formale ed essenzialmente unilaterale, ovvero è sufficiente un’unica manifestazione di volontà cioè quella del testatore per essere efficace.
Il testamento si suddivide in due categorie, può essere ordinario o speciale, nell’ambito della prima categoria la legge distingue il testamento olografo (cioè scritto di proprio pugno) da quello redatto per atto notarile il quale a sua volta può essere pubblico o segreto.
I testamenti speciali rappresentano invece particolari forme di testamento pubblico riconosciute soltanto per determinate situazioni o circostanze.
“Sono consapevole di escludere da ogni diritto e titolo su ogni mio bene…. In quanto si sono sempre disinteressate ad ogni mia anche piccola esigenza, in sostanza non si sono mai curate di me”
Una frase emblematica, scritta da una signora deceduta pochi mesi or sono e di cui mi sto occupando come consulente della parte convenuta, una frase che esprime tanta solitudine, ed ogni volta che leggo nei testamenti olografi questo triste passaggio fa male anche perché spesso ciò accade anche con i figli che dimenticano i propri genitori.
Si tratta di una persona colta e benestante, nubile che si è dedicata al lavoro per tutta la vita e non avendo avuto figli le sue attenzioni quasi materne sono state dedicate alle sue nipoti figlie di una sorella, la storia si ripete, finché queste nipoti erano piccole ma anche fino all’età adolescenziale questa zia era al centro delle loro attenzioni e viceversa, viaggi, gite scolastiche, le feste di compleanno… poi a mano a mano che il tempo passa e le priorità sono altre per queste due ragazze la zia quasi non esiste più.
Ha fatto bene a diseredarle? Ha compiuto un atto vendicativo e cinico?
Certamente non possiamo giudicarla, a volte la solitudine gioca un ruolo che è difficile da accettare, ci si sente traditi ed abbandonati dalle persone più care.
Però queste due ragazze si sono ricordate di questa loro zia tanto generosa e amorevole soltanto dopo la sua morte, ed avendo appreso la triste notizia – naturalmente di essere state diseredate queste hanno pensato bene di impugnare il testamento in quanto ritenuto falso, ovviamente da loro, quindi hanno dato luogo ad un procedimento civile impiantato sul nulla.
I beneficiari dell’eredità si sono rivolti a me nominandomi consulente di parte (convenuta) e sono ben felice di questo incarico dal momento che il testamento e la firma sono autentici.
La Signora C.S. (le iniziali per la privacy) circa due anni fa decide di fare testamento, alla soglia degli ottanta anni, e si è avvalsa della modalità Testamento Segreto, in cosa consiste?
Viene scritto in privato di proprio pugno perché scrivere personalmente il contenuto sembra dare al testatore l’impressione di esprimere meglio le proprie volontà, ma poi consegnato a un Notaio in una busta chiusa, con la presenza di due testimoni, a sua volta il notaio redige una dichiarazione che quel giorno in quell’ora la Signora C.S. consegna “brevi manu” le proprie ultime volontà, il tutto viene chiuso in un’altra busta insieme al testamento e naturalmente sigillata dal Notaio – Pubblico Ufficiale.
Questa modalità è un’ottima combinazione tra testamento olografo e pubblico perché da un lato soddisfa il desiderio di scrivere personalmente il proprio testamento in tutta segretezza (come l’olografo) dall’altro lato il vantaggio di garantire tramite il deposito presso un Notaio di fiducia la conservazione dell’atto e la sua certa reperibilità al momento opportuno.
Infatti gli svantaggi del testamento olografo sono svariati, può essere smarrito o distrutto ovvero sottratto per opera di terzi interessati, può essere falsificato, la sua autenticità può essere negata, allocando all’erede testamentario l’onere probatorio.

La consulenza tecnica d’ufficio grafologica nel processo civile

Nel processo civile, la grafologia, nella fattispecie grafologia giudiziaria o forense, rappresenta una materia specialistica, connotata di peculiarità tecniche oltre che di stampo umanistico, utile a dirimere il contenzioso insorto fra le parti e rimesso all’autorità giudiziaria. Sono molteplici le controversie aventi ad oggetto l’apocrifia di una sottoscrizione o di un testo in particolare nell’ambito delle obbligazioni e dei contratti e nelle cause successorie che vede come “protagonista” il testamento olografo (art. 602 Cod. Civ.). Sembrano delineare l’importanza della grafologia in ambito giudiziario – civilistico – le disposizioni di cui agli artt. 214 c.p.c. e ss. (disconoscimento della scrittura privata). L’art. 216 c.p.c. (istanza di verificazione) prevede che “la parte che intende valersi della scrittura disconosciuta deve chiederne la verificazione, …indicando le scritture che possono servire di comparazione…”.
Ciò premesso, va precisato che il Giudice ove debba decidere su questioni che implichino l’impiego di conoscenze specialistiche e/o tecniche può avvalersi di un consulente tecnico d’ufficio (C.T.U.) che assume la qualifica di ausiliario del giudice allo scopo di rispondere ai quesiti formulati dal Giudice (oggetto dell’incarico peritale) che in ambito civilistico vengono determinati sulla scorta delle domande e delle eccezioni delle parti sulle quali grava l’onere della prova. Pertanto, il Giudice può individuare un consulente tecnico al quale assegnare la risposta ad uno o più quesiti circa i fatti controversi fra le parti in causa (ad esempio: “accerti il C.T.U. se la firma apparentemente apposta da Tizio sul contratto di locazione sia apocrifa” oppure “accerti il C.T.U. se il testamento olografo pubblicato in data x dal notaio Sempronio sia stato interamente redatto per mano del defunto Mevio e dallo stesso sottoscritto”).
Laddove venga nominato un consulente tecnico d’ufficio le parti in causa hanno diritto di nominare un consulente tecnico di parte (C.T.P.) che assista alle operazioni peritali ai sensi dell’art. 194 c.p.c., presenti eventuali osservazioni ed istanze nonché sia parte del contraddittorio che conduce il C.T.U. ad elaborare la relazione di consulenza tecnica d’ufficio sa sottoporre al giudice.
Sotto il profilo processuale le operazioni peritali si debbono svolgere nel rispetto del principio del contraddittorio, alla stregua di quanto dispongono l’art. 194, comma 2°, c.p.c., e l’art. 90 disp. att. c.p.c., che presidiano il diritto delle parti di intervenire, nel contraddittorio tra di loro, alle operazioni peritali (di persona o a mezzo dei propri consulenti e difensori) e di presentare al consulente – per iscritto o financo a voce – osservazioni ed istanze.
L’art. 195, comma 2°, c.p.c. prescrive, altresì, di inviare la bozza di consulenza alle parti, al fine di raccoglierne le osservazioni, prima del deposito formale della perizia.
Pertanto, gli aspetti sinteticamente sopra illustrati debbono essere considerati da coloro che intendano promuovere o resistere in giudizio sia per evitare azioni ovvero eccezioni non idonee a superare il vaglio tecnico in contraddittorio sia per esaminare la possibilità di farsi assistere da un consulente tecnico di parte.

Gabriele Colasanti
Avvocato del Foro di Roma