Firme di fantasia

Una modalità finalizzata al disconoscimento della propria firma

Per portare a termine una perizia grafologica, che sia su un testamento olografo, quindi manoscritto, oppure su firme, non basta conoscere i singoli segni, le specie grafiche, ma si devono acquisire certezze attraverso la pratica, esercitare l’occhio che permetterà di cogliere i sintomi grafici, avere la giusta sensibilità per arrivare ad una conclusione ottimale, ovvero alla diagnosi esatta.
Spesso, tali “sintomi”, nascono dalle più svariate combinazioni, saperle distinguere, l’una dall’altra, al fine di essere in grado di riconoscere quelle particolarità che emergono dalla falsificazione, non è un compito semplice.
Come di consueto, una breve premessa al riguardo. Infatti, il tema che voglio trattare in questo articolo – spero chiaro ed esaustivo – è quello del disconoscimento delle firme.
Ho già affrontato l’argomento “disconoscimento” tempo fa; ho parlato delle diverse modalità, ovvero firmare in modo genuino, convinti di quello che si sta compiendo, lungi dal pensiero di doverle disconoscere un domani, quindi apposte consapevolmente.
Poi, alle volte, la necessità, un momento di difficile, l’impossibilità oggettiva di onorare un impegno preso, spesso, conduce verso la strada più semplice, apparentemente, quella del disconoscimento.
In questo caso un percorso in salita, una causa persa, dal momento che si devono produrre firme comparative su documenti certi e, ovviamente, se non c’è premeditazione, la firma sarà più o meno uguale. Quindi, in questo caso consiglio sempre di avvalersi del diritto di recesso ove previsto.
Poi, c’è il caso di chi firma in modo diverso dal solito, intenzionalmente, in quanto già prevede un disconoscimento futuro. Ovviamente ci si prepara psicologicamente, e la firma “appare diversa”, ma, come affermano i “grandi” della perizia forense, “non esiste un falsario tanto bravo da riuscire a nascondere la propria natura, i gesti innati emergono sempre”.
Personalmente non mi occupo spesso di questo argomento, è assai spinoso e presenta delle difficoltà non indifferenti, specialmente quando si tratta di firme cosiddette “di fantasia”.
Ormai, chi mi segue da tempo, sa che la mia modalità di comunicazione, è quella di narrare esperienze professionali vissute.

LA “FIRMA DI FANTASIA”

Sussiste quando lo scrivente ha firmato inventando uno stile grafico del tutto diverso, artificiale, quindi una maschera, che non corrisponde alla sua natura. Tutto ciò allo scopo premeditato di potere disconoscere la firma successivamente.
Ovviamente tale strategia  generalmente viene messa in atto da truffatori esperti (della serie “mandrakata”) che infatti riescono a modificare la dimensione, la forma, la pressione, e tutte (o quasi) le caratteristiche principali del proprio gesto grafico.
Il quesito che mi è stato posto è: determinare se le svariate firme in calce, poste su documenti importanti, possono essere attribuite ad una persona, che però nega di esserne l’autore.
All’inizio, quando il soggetto in questione mi ha fornito le proprie firme su documenti certi (carta d’identità e documento rilasciato dalla questura per il porto d’armi) pensavo ad una totale trasparenza.
Successivamente, quando mi ha inviato più firme in verifica, una diversa dall’altra, un campanello di allarme si è acceso, ovviamente.
Le firme inventate hanno tutte la stessa modalità di esecuzione, la dimensione delle lettere cambia rispetto a quella naturale. Quindi, se si scrive abitualmente “piccolo”, nella firma di fantasia la dimensione delle lettere è molto più grande, viceversa se abitualmente si scrive “grande”, la dimensione delle lettere sarà molto più piccola.
Si riscontra sempre assenza di ritmo, ovvero la firma appare piatta, senza vita, immobile. Cambia, infatti, la velocità, perché non è scritta di getto. Verticale perché ci si concentra a camuffare. Ci sono tremori nel breve tracciato grafico, che denotano emotività. Tutto ciò desta già molti dubbi sull’autenticità, perché vergare il proprio nome e cognome è il gesto grafico più spontaneo e naturale in assoluto.
Quando la firma è autentica, questa si snoda con grande rapidità e scioltezza.
Un altro elemento molto importante che mi ha condotto alla risoluzione del problema è che, sempre queste persone, si concentrano sulle lettere maiuscole della propria firma. Il nome, ad esempio Mario, non è assolutamente riconducibile alla persona in questione (dissimulatore), ma, nel cognome, ad esempio Rossi, si iniziano a notare dei segni di cedimento, ovvero, l’attenzione diminuisce e, specialmente se ci sono le doppie, come in questo cognome di pura fantasia, emergono i famosi gesti tipo, fuggitivi, che fanno parte della spontaneità del soggetto, come ad esempio la modalità di “legare” le due esse.
Tutto ciò non sfugge all’occhio attento del grafologo, ma come ho accennato all’inizio ci vuole “mestiere”, esperienza e dedizione, ma, soprattutto non farsi condizionare dai racconti, (spesso finalizzati a fuorviare) della persona che si rivolge al professionista.

Patrizia Belloni
Grafologa giudiziaria

Dati statistici sui testamenti in Italia.

Più di tre su quattro sono olografi.

L’ultima relazione statistica, pubblicata dal Ministero della Giustizia, sui testamenti in Italia, rilevata tramite la consultazione del Registro Generale dei Testamenti (R.G.T.), risale al 2017.

analisi, ha messo in evidenza che mediamente un italiano su sette provvede a lasciare le proprie disposizioni testamentarie, tra questi più di tre su quattro scelgono la forma del testamento olografo.
Nell’ordinamento italiano sono previsti: il testamento olografo, pubblico e segreto, ai quali si aggiungono i testamenti speciali e il testamento internazionale.
Ricordiamo che i testamenti speciali sono ricevibili da soggetti, anche diversi dal notaio, in particolari situazioni (calamità naturali, tempo di guerra, a bordo di navi od aeromobili) ed hanno una limitata efficacia temporale collegata al cessare delle circostanze eccezionali che ne hanno consentito la redazione.
Il testamento internazionale è stato introdotto in Italia nel 1990 dalla legge n. 387, e costituisce una forma testamentaria semplificata ed uniforme per tutti gli Stati che hanno aderito alla Convenzione di Washington, ma è pressoché inapplicato nel nostro paese.
Le iscrizioni nel R.G.T., per quanto riguarda quelli pubblici nell’arco temporale che va dal 1989 al 2017, ha evidenziato che vi ricorre principalmente il genere femminile nella misura del 55,39%, a fronte del 44,61 % del genere maschile, su di un totale di 832.341 iscrizioni.
Sempre i dati statistici mostrano che lo strumento preferito, per disporre del proprio patrimonio, resta il testamento olografo, redatto direttamente dal testatore, con una percentuale che nel 2017 è stata pari al 77,72.
I testamenti pubblici nel 2017 hanno invece rappresentato il 22,18% del totale di quelli pubblicati.
Particolarmente esigua la quantità dei testamenti segreti che si è attestata nel 2017 al 0,09%.
E’ il caso di rammentare che il testamento segreto, può essere redatto solo dal notaio attraverso specifiche formalità.
Assai più diffuso nella pratica, il deposito fiduciario presso un notaio di un testamento olografo, consegnato in busta chiusa.
Nel R.G.T., viene annotata l’avvenuta pubblicazione di tutte le forme di testamento, rappresentando perciò l’unica fonte di dati statisticamente attendibile a livello nazionale.
Raffrontando i dati rilevati dal R.G.T., sui testamenti pubblicati ed il numero dei decessi reso noto dall’ISTAT, si è potuto calcolare che sull’intero territorio nazionale oltre il 13% delle persone decedute nell’anno 2017, ha formalizzato le ultime volontà. Vale a dire che poco più di una successione su sette, è stata regolata sulla base delle disposizioni testamentarie.
In conclusione gli italiani non hanno una grande propensione a fare testamento, preferendo lasciare alle norme di legge la ripartizione dei propri beni, ma quando sentono il bisogno di esprimere le loro ultime volontà si avvalgono perloppiù della forma del testamento olografo.
L’olografo, si presta però, soprattutto quando favorisce un erede a discapito di altri ad essere disconosciuto per autentico, dando luogo a battaglie legali, in cui i grafologi giudiziari sono chiamati a svolgere un compito di ricerca della verità, tutt’altro che facile e scontato.

Roberto Colasanti

La scrittura quale espressione dell’uomo e della sua evoluzione o regressione

La necessità di valutazione di scritture di comparazione coeve a quelle in verifica

La scrittura, come è noto ormai da molto tempo, rappresenta la proiezione più umana, terrena, dell’intera sfera psichica di ciascun individuo.
Lo studio della grafologia vide i suoi albori già dal 1600 con Cesare Lombroso, ed oggi, attraverso anni di studi e di ricerca, da parte di grafologi illustri, psicologi e filosofi si è affermata, oltre come scienza umana, (in quanto studia l’uomo), anche come un efficace strumento per esaminare la personalità di chi scrive.
Attraverso una tecnica di osservazione e di interpretazione della scrittura, si mettono in luce le caratteristiche intellettuali, ovvero il tipo di intelligenza e le modalità di espressione, sintetica, analitica, concreta, astratta ecc., l’integrazione socio – culturale, pertanto il comportamento, la capacità o meno di relazionarsi con il prossimo (anche nella sfera affettiva) e molto altro ancora dell’autore del manoscritto.
Quando l’indagine si applica alla natura dell’uomo, questa assume uno statuto che sfugge all’oggettivazione delle scienze esatte, ma si articola in una dimensione di umanità che oltrepassa i suoi paradigmi scientifici permeandosi delle luci e delle ombre, spesso inesorabili dell’anima” – da Eugenio Borgna – “ Noi siamo un colloquio”.
E’ l’istinto psicomotorio che guida la mano, di conseguenza in ogni individuo, la scrittura si manifesta con specifiche caratteristiche grafiche, personali e personalizzanti, un po’ come le impronte digitali, per quanto riguarda alcune specie grafiche.
Con l’avanzare del tempo, anche l’età produce lente ed inesorabili variazioni nella scrittura, proprio come i tratti somatici di ciascun essere umano.
Nella fanciullezza sono dominanti i tratti tipici del periodo, si dà vita al proprio gesto grafico in modo rallentato, pensato. Infatti la scrittura sarà precisa, chiara e leggibile; si presta molta attenzione alla forma, si vuole valorizzare il più possibile il modo di presentarsi, a discapito del movimento, ovvero libertà.
Soltanto verso l’adolescenza, l’attività grafica, o motilità, appare più sciolta, anche se le forme scolastiche sono ancora presenti.
La scrittura, con le sue modificazioni grafiche, si evolve sino a quando un individuo raggiunge un più completo sviluppo. Verso i 16/17 anni si può riscontrare un tracciato grafico più disinvolto, meno aderente al modello scolastico, si avverte la necessità di dare un proprio “volto” alla scrittura: ciò che viene detta “personalità grafica”.
Con il sopraggiungere dell’anzianità, proprio come l’andatura, anche la scrittura può apparire incerta, con tremori, deficienze, per questo è fondamentale, in perizia giudiziaria, specialmente quando si analizza un testamento olografo, vergato da una persona anziana, avere come termine di paragone un discreto numero di scritture, che siano coeve, ossia, scritte il più vicino possibile, come data, al testamento.
Come ho già scritto nei miei articoli, mi avvalgo di esperienze dirette, di fatti realmente accaduti poiché ciò rende tutto più umano, alla portata di chi legge, che probabilmente si riconosce in quanto narrato, magari trova una soluzione al proprio problema oppure non commette alcuni errori di valutazione che spesso compromettono l’andamento dell’intero giudizio da parte del grafologo.
Poco tempo fa, una signora mi ha contattato per farmi analizzare un testamento olografo, segreto, ovvero scritto di proprio pugno dalla testatrice ma consegnato ad un Notaio, il quale dichiara di aver ricevuto in data… dalla Signora … nel pieno delle proprie facoltà fisiche e mentali, un testamento, quindi sottoscritto e sigillato dal Notaio – Pubblico Ufficiale.
La Signora in questione, come unica scrittura comparativa, o di confronto, mi ha prodotto uno scritto vergato dalla defunta sorella risalente agli anni ’70, quindi, considerando che il testamento è stato scritto nel 2018, molti anni or sono.
Nel corso della sua esistenza, la signora defunta ha attraversato periodi piuttosto bui dal punto di vista sanitario, dovuti ad una amputazione di un arto inferiore del corpo. Di conseguenza problemi di circolazione sanguigna, depressione dovuta alla importante menomazione, quindi svariati farmaci antidepressivi, terapie farmacologiche intensive, tutto ciò ha influito in maniera devastante sulla scrittura.
Ogni qualvolta il nostro organismo viene in qualche modo leso, in maniera più o meno grave, ogni alterazione che si manifesta nella struttura cellulare di ciascun individuo si riflette, inevitabilmente, sulle diverse attività anche motorie, nonché sulla scrittura.
Dai numerosi studi effettuati da medici neurologi, viene confermato che il grafismo è influenzato dallo stato di salute psico-fisica dello scrivente, per questo motivo, la scrittura è sensibile alle influenze di natura patologica.
Quando ci si rivolge al grafologo, è di fondamentale importanza produrre scritture di comparazione certe del testatore, soprattutto coeve. Più documenti vengono messi a disposizione per poter compiere uno studio, meglio è, al fine di poter valutare se sia il caso o meno di impugnare il testamento.
Produrre al grafologo scritture che siano effettivamente state vergate dal testatore durante la sua esistenza è fondamentale ma purtroppo accade che alcune persone si avvalgono di scritture vergate da altre persone per convincere il consulente ad assumere l’incarico, quindi iniziare un percorso giudiziario sulla base del nulla.
E’ importante ricordare che, oltre al consulente di parte (CTP) , una volta iniziato l’iter, c’è anche il CTP di controparte, che ovviamente darà il proprio parere in merito, poi, in ultimo, il CTU, consulente di ufficio nominato dal Giudice, che darà un suo parere “super partes”, una volta esaminate le note preventive dei rispettivi consulenti di parte, sullo scritto in analisi.
Il Giudice, una volta esaminate tutte le varie perizie, emetterà sentenza sulla base del proprio convincimento, ma anche sulla scorta della consulenza del CTU.
In breve ho sottolineato i vari passaggi per far capire, a chi legge, che il consulente di parte è soltanto il primo passo, importante, ma soltanto se vige la regola del rispetto e sincerità reciproci.
L’attività del grafologo impone il rispetto dei valori morali e professionali e, come per altri consulenti, vige la regola del segreto professionale, per cui, tutte le informazioni, i documenti che vengono prodotti al professionista, hanno come unico, fondamentale obiettivo, di poter arrivare alla verità.
Patrizia Belloni
Grafologa giudiziaria

Il testamento olografo quale possibile frutto della circonvenzione del testatore

a cura di Gabriele Colasanti –  avvocato

Il testamento olografo, previsto dall’art. 602 c.c., viene sottoposto allo scrutinio del grafologo giudiziario ove sia necessario verificarne l’autenticità.
L’indagine grafologica, sovente, prende le mosse dall’anomalia del contenuto, dal periodo di sua redazione (ad esempio coincidente con patologie del testatore), dall’identità del beneficiario, etc.
Vengono in rilievo, pertanto, anche gli “elementi extragrafici” che possono essere tanto indice di falsità quanto di mancanza di spontaneità. Quest’ultima può essere indice rivelatore della costrizione.

La perizia grafologica, quindi, può costituire il presupposto di azioni legali non solo aventi ad oggetto la falsificazione del testamento ma anche l’induzione del testatore a scrivere “di proprio pugno” un testamento a vantaggio di soggetti che abbiano approfittato delle sue particolari condizioni psico-fisiche.

Ed infatti, il nostro ordinamento sanziona penalmente coloro che profittandosi dell’incapacità di una persona portino la medesima a compiere degli atti di disposizione patrimoniale e, quindi, ottengano in proprio o altrui favore un vantaggio economico.

Nel novero di detti atti vi rientra anche il testamento olografo.
Infatti, l’atto di ultima volontà scritto per intero, datato e sottoscritto di mano dal testatore ben può essere indotto mediante abuso della persona in condizione di inferiorità psico-fisica.
A tal proposito si fa riferimento all’art. 643 c.p.rubricato “Circonvenzione di persone incapaci”  che punisce la condotta di “chiunque per procurare a sé o ad altri un profitto (…) abusando dello stato d’infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso”.

La giurisprudenza di legittimità ha definito la “deficienza psichica” di cui all’art.643 c.p., ricomprendendovi qualsiasi minorazione della sfera volitiva ed intellettiva che agevoli la suggestionabilità della vittima e ne riduca i poteri di difesa contro le altrui insidie (si veda, in tal senso, Cassazione, sent. n.24192 del 2010).

Quanto, invece, al testamento olografo ne è indubbia l’idoneità pregiudizievole verso i successibili legittimi nell’ipotesi che istituisca altri soggetti quali eredi (il succitato art. 643 c.p. prevede che il pregiudizio dell’atto può riguardare tanto l’autore quanto altri).
Tuttavia, il testamento può produrre effetti dannosi anche a distanza di molti anni rispetto al momento dell’induzione alla redazione con risvolti sulla prescrizione del reato.
Sull’argomento la Suprema Corte di Cassazione (Cassazione, sent. n. 20669 del 2017) ha statuito che il reato di circonvenzione di incapace consistito nell’induzione alla redazione di un testamento olografo si consuma con la pubblicazione dell’atto e l’accettazione dell’eredità, fatti produttivi di un effetto dannoso per il soggetto passivo e da cui deriva il materiale conseguimento del profitto ingiusto.

Da tale momento deve decorrere la prescrizione.

In applicazione del suddetto principio, la Suprema Corte ha annullato la sentenza che aveva dichiarato estinto per prescrizione il reato di circonvenzione di incapace consistito nella induzione alla redazione di un testamento olografo.
Ciò detto ove il grafologo ravvisi nel testamento olografo elementi tali da evidenziare la mancanza di spontaneità ovvero la presenza in capo al testatore di patologie che si manifestano anche nella scrittura (si veda ad esempio la sindrome di Alzheimer) ed idonee a costituirne “infermità o deficienza psichica” appare consigliabile vagliare l’ipotesi della circonvenzione di incapace.
Tale ipotesi assumerà rilievo sia sotto il profilo penale (art. 643 c.p.) sia sotto il profilo civilistico (art. 591 c.c.).

L’importanza della psicologia della scrittura nella perizia grafologica

a cura di Patrizia Belloni

Grafologa giudiziaria

In ciascun essere umano, vi è una parte non visibile, nascosta, è quella parte, dove aspetti ambientali, culturali, religiosi, hanno contribuito alla formazione del carattere ed a strutturare la personalità di ogni individuo, quella zona “franca” che custodiamo gelosamente, dove ogni tanto ci si rifugia, dove riappaiono i ricordi.

Anche l’interiorità, la parte più profonda diognuno di noi, che viene custodita gelosamente, può diventare comprensibile, decifrabile,
grazie anche alla scrittura, alla traccia che si lascia sul foglio bianco.

Il linguaggio scritto, rappresenta una impronta personale, unica, che  attraverso uno studio ricercato, può rivelare l’identità dello scrivente, infatti, attraverso il percorso, o tracciato grafico, si possono capire sia gli aspetti caratteriali, ovvero, il temperamento, il tipo di intelligenza, l’affettività che una persona è in grado di dare ma anche di ricevere, il grado di socialità, inclinazioni dal punto di vista lavorativo.

Chi si occupa, come me, di grafologia giudiziaria, sa bene quanto la perizia grafotecnica sia importante, la possiamo definire “l’arma” legale, una significativa risorsa che permette di risalire all’autore, ad esempio, di una lettera anonima, oppure della falsificazione di un testamento, addirittura di un biglietto lasciato sul luogo di un delitto.

Altresì, la grafologia giudiziaria, impone una rigorosa applicazione della metodologia, che, unitamente all’ausilio della psicologia della scrittura, rendono un contributo necessario per la ricerca della verità.

Il termine “perizia” deriva dal latino, e significa, come molti di voi sapranno, conoscenza acquisita con esperienza, capacità, abilità, ed il termine deriva dal verbo perire, che in parole semplici, significa andare al di là, oltre le apparenze.

Andare oltre le apparenze… vuol dire, per un grafologo giudiziario, non soffermarsi sulla morfologia, ovvero sulla forma delle lettere, ma vedere, e non guardare soltanto, tutti gli altri aspetti grafici, che sono molti, per giungere ad una conclusione, possibilmente quella giusta.

Anche se, viene insegnato che la forma è il genere grafico tra i più importanti, nella scala gerarchica, infatti i generi della scrittura sono otto, e la forma insieme alla dimensione, ovvero al calibro della lettere, è quella collocata ai primi posti.

D’altro canto però, non deve essere esaminata come un prodotto statico, ma, valutata nella sua dinamicità, scorrevolezza, fluidità ma soprattutto spontaneità, infatti, nessuna specie grafica dovrebbe essere valutata in modo isolato ma contestualizzata, presa in esame per quello scritto specifico.

L’applicazione statica, dei criteri inerenti alla morfologia, che esercitano alcuni periti grafici, li porta ad una valutazione spesso errata di omografia, ovvero, la conclusione: lo scritto è il frutto della mano di…

Fortunatamente si tratta di un metodo superato, che viene applicato non molto di frequente, in quanto produce non pochi danni, specialmente quando ci si trova a dover analizzare un testamento olografo, scritto da una persona anziana.

Il grafologo giudiziario, se professionista attento e scrupoloso, oltre ad  osservare l’aspetto morfologico, deve essere in grado di capire se quel testamento, pur essendo stato scritto effettivamente dal “de cuius”, ciò si capisce grazie alle scritture di comparazione, possibilmente coeve, (nelle persone anziane la scrittura cambia, si modifica, più velocemente rispetto ad un soggetto giovane)  cioè il più vicino possibile alla data del testamento, sia  effettivamente, frutto della sua volontà.

Spesso i testamenti olografi, sono il prodotto di una coercizione, costrizione di natura psicologica, (ricatto morale) oppure il risultato ottenuto  guidando la mano” del testatore, ed ancora…a volte il testo viene dettato da qualcuno.

Purtroppo, ci sono individui, che per far scrivere un testamento ad un anziano che sia parente o conoscente, gli somministrano alcoolici, o tranquillanti.

Tutte anomalie della scrittura che si palesano, o attraverso tremori diversi dallo stato naturale, dovuto all’età dello scrivente, infatti, i tremori dovuti alla vecchiaia sono diversi dai tremori di chi fa uso di sostanze che creano dipendenza, alcool o droghe, tremori dovuti all’incertezza di chi sta falsificando, oppure a lettere e parole frammentate, incerte, esitanti, soste ingiustificate specialmente nella firma.

Se all’interno di una scheda testamentaria, troviamo delle frasi sconnesse, per cui si evince una confusione della sfera cognitiva, e poi, magari troviamo che vengono citate date di nascita – luogo, giorno, mese ed anno-
di perfetti sconosciuti, ai quali è stato lasciato tutto ciò che la persona possedeva, allora, forse, un “piccolo” campanello di allarme si dovrebbe accendere.

Non mi stancherò mai di dire, che il compito che siamo chiamati a svolgere, è molto delicato, fare in modo di dare voce a chi non c’è più, far rispettare le sue vere volontà, non è cosa di poco conto, ma, con la superficialità con cui spesso si ha a che fare, vengono procurati molti danni, materiali e soprattutto morali alle famiglie di chi non c’è più.

ANONIMOGRAFIA

Vale la pena ricordare, a chi segue questo giornale on-line, che gli scritti anonimi – o anonimografie – sono spesso il frutto di persone non propriamente normali, per cui, lo studio della grafopatologia potrà essere senz’altro molto utile ai fini dell’individuazione dell’autore.

In questi ultimi anni, sempre più spesso si ricorre al grafologo esperto in perizia grafotecnica per potere individuare anche un presunto autore di scritti anonimi, da un lato perché, (purtroppo) questa pratica è sempre più diffusa e, dall’altro, perché oggi, con le attuali tecniche esplorative e con le capacità d’indagine scientifica, si è acquisita una lunga esperienza in questo settore.

Ciò consente non solo, attraverso una comparazione di scritti, di individuarne l’autore, (qualora si abbia un sospetto verso qualcuno in particolare) ma spesso, anche a capire e spiegare i motivi che spingono certi individui a ricorrere a mezzi talmente poco trasparenti per dire ciò che pensano. Spesso si tratta di soggetti – uomo – donna-  convinti di aver subito un torto; spesso, il tema è ricorrente, trattasi di delusioni amorose, magari un rifiuto, un ripensamento dovuto al comportamento del “corteggiatore”. Pertanto, chi si sente offeso, vuole creare un fastidio verso chi ha destato loro tanta sofferenza, che spesso si protrae nel tempo, sconfinando nello stalking.

Scrivere biglietti, lettere, od inviare mail anonime, gratifica quei soggetti affetti da psicopatologie, come accade sotto altro aspetto per la cleptomania; per loro significa avere una occupazione che gli consenta di esprimersi, seppur in incognito, e di liberarsi così dalle proprie frustrazioni.

L’anonimografia occasionale – invece

E’ tutta la restante e variegata produzione anonima del singolo responsabile, dettata da una particolare circostanza, o da uno scopo ben preciso, che costituisce nella sua vita un episodio sporadico e, comunque, non abitudinario.

Ultimamente, mi sono occupata di un caso piuttosto spiacevole di anonimografia

Una giovane donna, separata dal coniuge da circa tre anni, con una bambina in età pre-adolescenziale, improvvisamente, ha iniziato a ricevere sul suo telefono cellulare privato una serie di chiamate piuttosto inquietanti.

Offerte di denaro in cambio di prestazioni occasionali a sfondo sessuale: “no guardi, ha sbagliato numero” ripeteva la signora. Finché un giorno viene contattata da un soggetto, con numero non celato, il quale diceva, a seguito di una spiegazione richiesta dalla mia assistita – dal momento che le telefonate erano aumentate- che aveva trovato il suo numero scritto sul muro del bagno degli uomini in un certo Autogrill, naturalmente con una frase di accompagnamento.

Il caso ha voluto che questo signore, una volta capita la situazione e volendo aiutare la vittima, ha fatto una foto dal suo cellulare della scritta e l’ha inviata alla signora, che non appena ha visto la grafia ha da subito nutrito un forte sospetto nei confronti del suo ex marito. A quel punto si è rivolta a me, quale grafologa giudiziaria, per avere un parere obiettivo, pro-veritate, al fine di potersi rivolgere ad un legale e, di conseguenza, sporgere una denuncia ai danni del persecutore.

Naturalmente mi ha fornito una serie infinita di documenti olografi ed il caso, oppure la fortuna, ha voluto che questo “signore” avesse l’abitudine di scrivere in stampatello proprio come la scritta sul muro in Autogrill; non ha nemmeno tentato di “camuffare” il proprio modo di scrivere, come invece spesso accade, evidentemente tranquillo che non sarebbe stato scoperto.

Anche nella scrittura a stampatello, nonostante strutturalmente sia più schematica e meno personalizzata di quella in corsivo, comunque permangono peculiarità individualizzanti della mano dell’autore scrivente, specialmente quando è stato vergato – come nel caso in questione- in modo del tutto naturale e spontaneo.

Questo è stato un episodio, seppur riprovevole e condannabile, dettato da un momento di rabbia, un atto isolato, e sapere che, è stato proprio questo “signore” a lasciare moglie e figlia, da un giorno all’altro, per un’altra donna, fa pensare che abbia dei seri problemi.

E’ proprio il caso di dire che: nella vita tutto può succedere, da un probabile, eventuale “cliente”, la signora ha trovato colui che le ha consentito di mettere fine a quella continua tortura. 

Scritte anonime nei bagni pubblici. Un incubo per le vittime da cui è possibile difendersi

Le pareti dei bagni pubblici, ovunque questi si trovino, presentano il comune fenomeno delle scritte anonime, lasciate da diversi autori e con vari intenti che confidano di rimanere nella totale oscurità, in ragione della più assoluta riservatezza del luogo.

 Insomma una zona franca dai sistemi di  videosorveglianza e da altre forme di vigilanza diretta.

Si tratta di un vero fenomeno sociale che non risparmia alcuna area territoriale da nord a sud, da est a ovest.

In alcuni casi la scritta o il disegno per quanto volgari e censurabili per l’evidente danno arrecato ai  rivestimenti dei servizi igienici, non sono destinati ad offendere qualcuno in maniera mirata, rimanendo quale testimonianza di malcostume e inciviltà.

In altri casi l’autore dell’anonima scrittura, ben consapevole di poter arrecare un serio danno al bersaglio prescelto, lascia in una o più occasioni, in uno o più bagni pubblici, frasi ingiuriose dell’altrui reputazione.

Questi ultimi casi rivestono, senza alcun dubbio,  rilevanza penale e le conseguenze per la vita delle vittime delle scritte diffamatorie, possono andare ben oltre al danno alla reputazione e all’immagine della persona.

A chi non è capitato, viaggiando in auto, di doversi fermare in  un’area di servizio, per fruire dei servizi igienici e di trovare scritte vergate a mano, in cui si fa credere che il diretto interessato, abbia lasciato un proprio annuncio pubblicitario, per prestazioni di carattere sessuale, con l’indicazione del recapito telefonico per essere contattato?

Solo una visione superficiale, può liquidare la questione come uno scherzo di pessimo gusto.

No, non si può pensare di definire il fatto così sbrigativamente, perché tra le migliaia di persone che si serviranno di quella toilette, ve ne saranno immancabilmente alcune che chiameranno quel numero, ritenendo di trovarsi di fronte ad un annuncio, lasciato dall’intestatario dell’utenza telefonica.

Lo dimostrano alcune delle vicende giudiziarie sviluppatesi in seguito alle denunce di simili episodi, approdate sino ai giudici della Corte di Cassazione.

Le vittime perloppiù donne, dopo la comparsa dell’anonimo annuncio a sfondo sessuale, sono state contattate ripetutamente, da uomini che senza alcun problema gli hanno riferito di aver trovato il recapito telefonico, in un bagno pubblico posto all’interno di un’area di servizio.

Ma ci si può difendere efficacemente da simili fatti? Ed è possibile risalire al colpevole?

Proverò a fornire delle risposte che possano tornare utili in caso di bisogno.

E’ bene chiarire che scrivere falsi annunci in forma anonima sulle pareti dei bagni pubblici, facendo credere  che l’intestataria dell’utenza telefonica sia una prostituta o una persona dedita ad altre attività licenziose, integra diverse ipotesi di reato, quali la diffamazione, art. 595 c.p.; il trattamento illecito di dati, art. 167 codice privacy; gli atti persecutori, art. 612 bis c.p.; molestia o disturbo alle persone, art. 660 c.p.

Da quanto detto ne deriva che la persona offesa anche da uno solo dei suddetti reati può rivolgersi all’Autorità giudiziaria per chiedere l’identificazione e la punizione del responsabile.

Gli  atti tipici previsti dal codice di procedura penale per mettere in moto il sistema giudiziario, attraverso le indagini preliminari, sono la denuncia e la querela che la parte offesa può presentare direttamente o per tramite di un procuratore speciale, presso la Procura della Repubblica territorialmente competente o in qualsiasi commissariato della polizia di Stato o comando Stazione carabinieri.

La proposizione della denuncia o della querela è l’unico modo per ottenere dei risultati concreti per evitare il protrarsi dello stato di impunità agli autori delle telefonate moleste, individuare esattamente il luogo ove sono comparse le scritte diffamatorie, acquisirle come elemento di prova e rimuoverle in maniera definitiva.

La localizzazione delle scritture anonime e la loro acquisizione è di fondamentale importanza nella ricerca del responsabile del reato, risultando risolutivo in alcuni episodi in cui oltre alle scritture anonime, si è potuto disporre delle scritture comparative, appartenenti al sospettato che spesso coincide, con la persona con la quale  si è avuta una relazione sentimentale o di amicizia, conclusasi negativamente.

Come citato, poc’anzi, l’acquisizione della scrittura anonima può consentire ad un grafologo giudiziario di poter dare un nome al suo autore, a condizione di avere  scritture comparative di una o più persone sospettate.

                                                                                                   Roberto Colasanti  

Criminologo investigativo e della sicurezza

Genuinità del testamento olografo. L’importanza degli indizi extragrafici

a cura di Roberto Colasanti 

Criminologo investigativo e della sicurezza

Il testamento olografo rappresenta come è noto la volontà di chi in vita vuol disporre del proprio patrimonio in previsione della morte seppure con i  limiti imposti dal codice civile. Le disposizioni testamentarie infatti non possono ledere la quota di legittima ovvero quella parte del patrimonio che per legge spetta agli eredi legittimari quali il coniuge, i figli e in mancanza di questi ultimi ai genitori. La quota  disponibile può variare secondo i casi dal 25 al 50 per cento del patrimonio del de cuius, ma non può riguardare l’intera massa ereditaria.

Totalmente libera è la facoltà di disporre del testatore in assenza dei suddetti  eredi legittimari anche in presenza di eredi legittimi quali fratelli, sorelle, zii, cugini e nipoti, sino al 6° grado di parentela. Nella realtà succede spesso che un fratello, una sorella, uno zio o una zia deceduti senza l’esistenza  in vita di coniuge, figli e genitori, abbia lasciato un testamento olografo in favore di soggetti estranei alla cerchia degli eredi legittimi che senza quel testamento sarebbero stati chiamati all’eredità nelle percentuali previste dal codice civile. In quest’ultima ipotesi il testamento olografo diviene a seguito della pubblicazione del notaio, titolo idoneo al trasferimento di proprietà di beni mobili e immobili dal de cuius all’erede ivi nominato.

La casistica degli eredi nominati per testamento olografo ed estranei alla cerchia della parentela ovvero degli eredi legittimi è piuttosto varia ed in alcuni casi il filo che lega il defunto all’erede nominato è alquanto labile se non addirittura invisibile per cui sorge altrettanto spontaneo il sospetto da parte degli eredi legittimi che il testamento olografo sia totalmente  o parzialmente falso oppure il frutto di altre illecite azioni.

Esprimersi sull’autenticità di un testamento olografo che rammentiamo per essere valido deve essere stato interamente manoscritto dal de cuius – in caso di contenzioso – è compito del giudice che si avvale di consulenti tecnici esperti di grafologia giudiziaria. La consulenza grafologica in questi casi si sviluppa attraverso la comparazione tra il testamento olografo in verifica e le scritture comparative acquisite nel corso delle operazioni peritali, da cui si potrà giungere ad una conclusione utile alla decisione della causa in un senso o nell’altro. Questo breve premessa serve per introdurre quegli elementi  che usualmente rimangono ai margini della consulenza grafologica. Stiamo parlando degli indizi extragrafici che costituiscono per chi indaga sia in ambito penale sia in campo civile, preziosi elementi per la ricerca della verità. Proviamo ad esemplificare per maggiore praticità.  Prendiamo il caso di un’anziana di oltre ottanta anni deceduta senza eredi legittimari che, apparentemente, un testamento olografo in favore di due estranei nominandoli unici eredi, escludendo in toto gli eredi legittimi.

Il primo indizio emerso dalla lettura del testamento è stato l’indirizzo di residenza indicato sull’atto che non coincide con quello risultante storicamente all’anagrafe e con la realtà dei fatti. Per quale ragione l’anziana signora avrebbe dovuto indicare un indirizzo di residenza diverso da quello reale rispetto alla data di sottoscrizione? Nessuna, perché l’indirizzo di residenza non è un elemento essenziale per la validità del testamento. Una logica spiegazione potrebbe essere che il testamento sia stato redatto successivamente all’avvenuto trasferimento della signora nella nuova residenza da persone che non avevano l’esatta cognizione della data di avvenuto cambio di residenza. Indagare ulteriormente su tale punto diventa quindi fondamentale.

Il secondo indizio ci viene fornito dalla seguente affermazione “…nelle mie piene facoltà mentali e fisiche e senza alcuna pressione nomino miei eredi…”  Si tratta di una formulazione non richiesta dalla legge per la validità del testamento ma che è stata inserita  per fugare i dubbi degli eredi legittimi sulle condizioni fisiche e mentali della de cuius e per salvaguardare esclusivamente i beneficiari a sorpresa dell’eredità. L’anziana signora avrebbe potuto motivare la sua scelta con maggiore raziocinio utilizzando una frase del tipo “nomino miei eredi universali i signori A e B perché sono gli unici che mi sono stati vicini nel sostenermi nelle difficoltà di questi ultimi anni”. Indagando su questo punto è stato possibile accertare che i due eredi hanno pubblicato il testamento pochi giorni dopo la morte della loro benefattrice senza porsi troppi problemi, dopo sette anni dalla presunta consegna del documento. Ma di fronte alla prospettiva di una quasi scontata reazione degli eredi danneggiati di impugnare il documento davanti all’Autorità Giudiziaria perché la signora in accordo con i due futuri eredi non ha deciso di fare un testamento segreto affidandolo ad un notaio? In questo caso il razionale lascia il campo all’irrazionale oppure dobbiamo ragionevolmente dubitare sulla genuinità del testamento. Anche la frase “senza pressione alcuna” deve alimentare il sospetto non avendo alcun senso per una persona libera nella persona e sana di mente. Gli unici che avrebbero potuto  esercitare pressioni sulla signora sono proprio i futuri beneficiari del testamento, ma in tale ipotesi  la signora avrebbe potuto denunciarli o  più semplicemente provvedere a redigere un nuovo testamento in data successiva, tale da rendere inefficace quello nelle loro mani.

Il terzo elemento di sospetto scaturisce dalla mancata indicazione nel testamento del patrimonio oggetto dell’eredità. La signora alla data di sottoscrizione del suddetto atto non aveva beni immobili ma solo il ricavato della vendita di un’abitazione che aveva versato sul suo conto corrente, ma di tutto ciò stranamente non vi era alcuna menzione.

Quello che è certo, è che dopo sette anni i due eredi nell’arco di sei giorni dalla notizia della morte della signora pubblicano il testamento accettando l’eredità senza ricorrere al beneficio dell’inventario, talmente erano sicuri dell’attivo patrimoniale. Infatti con l’accettazione dell’eredità non solo i crediti ma anche i debiti si trasferiscono agli eredi e si fa fatica a credere che degli estranei siano così idioti da rischiare di pagare il conto al defunto. Anche questo indizio ci induce a dubitare fortemente della genuinità del testamento ivi compresa la data di sottoscrizione.

Il quarto elemento di sospetto viene fornito ancora dalla lettura del testamento ove si legge che “..è l’unico ultimo atto con il quale si annullano i precedenti qualora fossero stati scritti”. Tale affermazione appare illogica e incoerente con quella precedente in cui dichiara il pieno possesso delle facoltà mentali e fisiche. Siamo di fronte a frasi incomprensibili se riferite ad una persona peraltro in possesso di un livello di istruzione superiore alla media. E’ notorio infatti che qualora una persona abbia scritto più testamenti nel corso della propria esistenza, l’ultimo in ordine cronologico sarà quello valido ed efficace per cui precisare qualcosa di superfluo serve solo per conferire una forza apparente ad un atto privo di una qualsiasi ragione di esistere.

Il quinto indizio   è costituito dai numerosi errori  di ortografia che non si addicono al livello di istruzione della de cuius e che soprattutto potevano essere eliminati riscrivendo il testamento su di un altro foglio, atteso che la signora non era in fin di vita, ne in precarie condizioni di salute.

In conclusione ritenendo di aver aperto una finestra sull’ampio panorama offerto dagli indizi extragrafici  è altrettanto opportuno rammentare come questi vadano letti e utilizzati in perfetta sintonia con il responso del grafologo giudiziario. Infatti una consulenza grafologica che attesti con assoluta certezza l’autenticità delle disposizioni testamentarie ovvero che siano state scritte di proprio pugno dal de cuius e la contemporanea presenza della tipologia di indizi sopra descritti dovrà indurre ad orientare le indagini in altre direzioni quali ad esempio i delitti di circonvenzione d’incapace ed estorsione.

riflessioni sul testamento olografo

A cura di Patrizia Belloni

Anche in questo numero di Dicembre, ho scelto di parlare del testamento olografo, vale a dire, quello vergato interamente dalla mano di un soggetto –testatore – che decide in autonomia, e nel pieno delle proprie facoltà fisiche e mentali ( elementi imprescindibili per la validità della scheda testamentaria) di scrivere le proprie ultime volontà.

Il tema mi è stato suggerito dalle tante richieste di perizie su testamenti olografi

Purtroppo, sempre più persone tentano di imitare la scrittura di un parente, genitore, o conoscente benestante, attraverso una emulazione pedissequa della forma delle singole lettere.

La forma, infatti, è l’aspetto più appariscente della scrittura, ma, niente più di un disegno.

Quando si falsifica un manoscritto, dare forma alle lettere,non è più un gesto spontaneo, un movimento dettato dalla libertà, dove non si riscontra niente di rigido e stereotipato, ma diventa una solida “costruzione”,quindi, avremo una conformazione rigida e sclerotizzata, non trasportata da un gesto scrittorio fluido e scorrevole.

Saranno evidenti i numerosi arresti e riprese, tremori nelle lettere che si innalzano, tipo la “t” “l”, la scrittura dell’imitatore diverrà più grande rispetto a quella originale, gli spazi tra le parole e le righe saranno più ampi, e tanti altri aspetti da valutare nel corso dell’analisi grafologica.

Anche se i falsari puntano molto sull’aspetto morfologico della scrittura, lo studio scrupoloso, del grafologo esperto, consentirà di far emergere una serie di elementi grafici, sfuggiti alla mano di chi sta falsificando un documento, poiché è molto difficile reprimere del tutto le proprie abitudini scrittorie, che emergeranno inevitabilmente via via, nel percorso grafico.

Come ad esempio i gesti “fuggitivi”

Sono quei segni graficirientra in questa categoria anche la firma, che sfuggono al controllo, infatti vengono vergati d’istinto, come ad esempio apporre un accento, oppure mettere i puntini sulle lettere “i”, virgole ed apostrofi, non tutti li eseguono allo stesso modo, di conseguenza sono un segno distintivo.

Vi è ad esempio, chi al posto del punto, al termine di una frase o periodo, appone un trattino, oppure chi non apostrofa, un altro elemento, di grande importanza che non può sfuggire al grafologo esperto, è l’impostazione spaziale, cioè come viene gestito lo spazio nel foglio, rapporto bianco-nero- tracciato grafico.

La firma sul testamento, è di fondamentale importanza, spesso,il falsario appone la firma, dove è abituato, ad es: se di solito colloca la sua firma in basso a destra, continuerà a farlo anche se sta falsificando, mentre invece, il testatore ad esempio era abituato a scriverla a sinistra del foglio e non tanto in basso.

Per chi analizza un manoscritto, specialmente se trattasi di testamento olografo, quelli sopra elencati, sono elementi di fondamentale importanza, perché, anche da tutto ciò si riesce a capire se il testo è originale, autentico, quindi spontaneo e naturale, oppure ci troviamo di fronte ad una falsificazione.

Naturalmente, per arrivare ad una conclusione certa di autografia o apocrifia, sono inevitabili le scritture di comparazione, indispensabili, per poter effettuare un confronto, che saranno fornite da chi decide di impugnare il testamento.In questo modo fornirà al grafologo la possibilità di sapere come scrive il soggetto in questione, non possiamo attribuire uno scritto, per esempio a Giovanni se non conosciamo la scrittura di Giovanni.

Immagino che tale precisazione potrà apparire superflua, ma purtroppo non lo è sempre.

Questi documenti, o schede testamentarie, per legge, devono essere scritti interamente dal testatore, non vi possono essere interferenze ,ovvero correzioni, aggiustamenti, da una mano diversa, a volte anche un numero, una data, una piccola frase, possono far invalidare un testamento se vergati da una mano estranea.

Tutti i miei articoli, come ho già ricordato, sono il frutto di esperienze professionali, la mia preparazione grafologica e successivamente peritale, come di molti altri colleghi, consente di risolvere casi, a volte anche difficili, spinosi, dove, soltanto con il confronto della forma delle singole lettere, difficilmente si arriva alla corretta conclusione.

La preparazione grafo-psicologica della scrittura è indispensabile, specialmente quando dobbiamo analizzare un testamento olografo redatto da una persona molto anziana, magari con gravi patologie, ma grazie a queste conoscenze, quindi non soltanto tecniche, possiamo veramente conoscere la vera essenza del soggetto, e capire se il testamento è autentico oppure no.

Concentrarsi troppo, soltanto sulla forma –  è innegabile che sia uno degli otto generi della scrittura molto importante – ma deve essere contestualizzata, non ci si può fossilizzare soltanto sull’aspetto esteriore, come un bell’abito, può risultare un lavoro superficiale e per molti versi lacunoso.

Non si può svolgere una perizia giudiziaria, rilevando delle piccole analogie, con un altro scritto di comparazione, sottovalutando le divergenze importanti, quindi, ignorando le disomogeneità dinamiche, le differenze nella continuità, che spesso sono la prova di falsità, specialmente se ci sono soste e riprese nella firma, che è per eccellenza il gesto grafico più naturale e spontaneo.

Infatti, la prima valutazione, la prova “regina”, va condotta alla ricerca della naturalezza e spontaneità del tracciato grafico di un testamento, ancor prima di procedere con il confronto di altri scritti della persona in questione, partendo dal presupposto che, la presenza di questi due elementi, è già una premessa utile al fine della dimostrazione di autenticità, oppure, in caso contrario di apocrifia.

Sono in molti a pensare che naturalezza e spontaneità siano la stessa cosa, ma non è così, la scrittura naturale significa che fa parte di noi, della nostra naturalità, ma si può scrivere in modo naturale anche se in qualche modo si è vittima di pressione da parte di persone terze, quindi da un condizionamento esterno, in quel caso la scrittura sarà naturale ma non spontanea.

Spontanea, invece significa scrivere senza alcun tipo di condizionamento, né esterno, ovvero da terze persone, né interno, cioè di natura soggettiva, psicologica come i sensi di colpa.

Spesso, le persone anziane benestanti sono il bersaglio di qualcuno che esercita su di loro una circonvenzione, ovvero che vengono compiute azioni disoneste per procurarsi un illecito profitto, come ad esempio far scrivere all’anziano, ovviamente facoltoso, un testamento sotto la minaccia di percosse, purtroppo avviene anche questo.

Tutto ciò, il grafologo è in grado di scoprirlo, attraverso uno studio attento e scrupoloso, scevro da altri condizionamenti, avendo come unico obiettivo, quello di far valere le ultime vere volontà di chi non c’è più.

Dalla grafologia suggerimenti per la tutela delle persone anziane in difficoltà

a cura di Roberto Colasanti 

Criminologo investigativo e della sicurezza

 Colonnello dei carabinieri in congedo

Alcuni casi giudiziari di cui mi sono occupato in qualità di consulente forense hanno riguardato le disposizioni testamentarie di persone ultraottantenni che in seguito al decesso sono state impugnate da parte degli eredi perché ritenute false o lesive della quota di legittima.  In un caso si trattava di un testamento pubblico in cui le volontà erano state dettate direttamente al notaio che le aveva ricevute e dattiloscritte lasciando al testatore il compito di firmarle per conferma, in un altro caso si trattava di un testamento olografo quindi interamente manoscritto dalla mano del presunto testatore e successivamente pubblicato dal notaio a richiesta dell’erede. Per entrambi i testamenti la valutazione del grafologo giudiziario è stata di falsità ovvero di non riconducibilità degli scritti e/o delle firme al de cuius e ciò in virtù di un approfondito e particolareggiato studio effettuato sulle scritture e firme comparative del defunto.

Ma è proprio dall’esame delle scritture autentiche delle due persone ultraottantenni che il consulente grafologo ha colto gli indici sintomatici dello stato di sofferenza fisico e/o psichico, rilevabili dalle componenti del gesto scrittorio, successivamente confermati da informazioni acquisite in seno alla cerchia familiare. Continua a leggere