Tribunale Bologna, Sez. III, Sentenza, 05/07/2023, n. 1352 – INDAGINI PRELIMINARI – ACQUISIZIONE PROVA – LIBERA VALUTAZIONE DEL GIUDICE – By Avv. Valerio Di Giorgio

Gli elementi di prova acquisiti nell’ambito delle indagini preliminari (nella specie la perizia grafologica disposta dal Pubblico Ministero e le sommarie informazioni testimoniali) costituiscono prove atipiche utilizzabili nel processo civile che il giudice può liberamente valutare e porre a base del proprio convincimento.

Il presente giudizio, introdotto da C. con atto di citazione notificato in data 01.07.2021, ha ad oggetto l’accertamento della falsità del testamento olografo apparentemente redatto, datato e sottoscritto da M. il 13.12.2020, mentre era ricoverata presso il Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, con cui la de cuius avrebbe devoluto tutto il suo patrimonio in favore di T..
Invero, il testamento in esame, pubblicato in data 30.3.2021 con atto del Notaio Dott. Seb astiano G. (Rep. n. (…) Racc. n. (…)), così dispone:
“BOLOGNA/13/12/2020 IO SOTTOSCRITTA M. NATA A *** (B.), IL -(…) E RESIDENTE A B. IN *** ***, AFFETTA DA ADENOCARCINOMA IN FASE AVANZATO E TEMENDO PER LA MIA VITA, INTENDO LASCIARE TUTTI I MIEI BENI, AL MIO COMPAGNO T., CON IL QUALE HO PASSATO QUASI TUTTA LA MIA VITA E CON IL QUALE INTENDO SPOSARMI. QUESTE SONO LE MIE VOLONTÀ. M.” (doc. n. 7 fasc. att.).
L’attore, a sostegno delle proprie domande, ha esposto in sintesi che:

  • in data 15.1.2021 M. è deceduta a Bologna, presso l’Ospedale Sant’Orsola Malpighi (doc. n. 3), all’età di 72 anni, dopo essere stata ivi ricoverata ininterrottamente dal 4.12.2020;
  • l’unico congiunto ed eredelegittimo di M. è il fratello C., essendodeceduti entrambi i genitori (doc. n. 4).
  • M., peraltro, non era mai stata sposata, né aveva mai avuto figli (doc. n. 5);
  • fin dal 4.12.2020 e per tutto il ricovero M. non aveva mai avuto contatti con familiari o amici, se non telefonicamente, perché le visite e qualsiasi contatto con persone esterne erano impediti dalle stringenti norme Covid 19 in vigore in Ospedale;
  • durante la degenza, il T. aveva effettuato alcune commissioni per M. in supportodella cugina della de cuius, …, la quale assisteva da tempo e in maniera continuativa la parente malata;
  • M. aveva intrattenuto un semplice rapporto di amicizia con T., ma non vi era stato alcun legame amoroso stabile e duraturo tra i due, né una convivenza, neppure una frequentazione abituale, né tanto più un’assunzione spontanea e volontaria reciproca di impegni di assistenza morale e materiale, né una comunanza di vita, tant’è che il T. era stato sposato fino al 1986 con la defunta …(doc. n. 30), matrimonio da cui ha avuto anche un figlio, e da circa 20 anni ha una compagna stabile, tale A.
    L’attore ha, quindi, sostenuto che il T. ha strumentalizzato la situazione e, viste le condizioni di salute di M., ha tentato di profittare dello stato di debolezza fisica e psichica per impossessarsi del cospicuo patrimonio della stessa (avente un valore di 2/3 milioni di Euro) mentre era ancora in vita.
    Ha allegato che anche i medici del Sant’Orsola avevano messo in guardia i familiari circa la possibilità che il T. stesse circuendo M.. Difatti, risulta all’attore che, in data 7.1.2021, T. ha richiesto all’Ospedale certificazione sullo stato di salute di M. da produrre in Comune ai fini di matrimonio. M., interpellata dal medico (Dott.ssa…) circa la sua volontà di rilascio di detto certificato, aveva categoricamente negato il consenso e chiesto che non venisse data alcuna informazione al T..
    Inoltre l’attore ha prodotto, unitamente all’atto di citazione, la perizia grafologica commissionata alla grafologa Dott.ssa…che è pervenuta alle seguenti conclusioni: “la scheda testamentaria olografa non è stata redatta in tutte le sue parti (data, testo e sottoscrizione) dalla de cuius M. con alto grado di probabilità. La certezza tecnica attributiva verrà confermata alla visione degli originali” (doc. n. 8).
    In tesi attorea, dunque, T. avrebbe provveduto ad una postuma artificiosa creazione del testamento. E ciò, sulla scorta di quanto valutato dal perito grafologo e delle ulteriori seguenti comprovate circostanze:
  • precedenti rapporti sentimentali di M.;
  • stabile relazione di T. con tale A. e precedente matrimonio con E. L.;
  • assenza di rapporto sentimentale con T. stabile e duraturo, né di frequentazione abituale, o convivenza;
  • fermo diniego di M. di consegnare a T. le chiavi del suo appartamento;
  • rifiuto di M. di fornire a T. documentazione sanitaria al fine di matrimonio, mentre era ricoverata;
  • rifiuto di M. a fornire al T. informazioni sul suo stato di salute;
  • concessione della delega bancariaalla cugina piuttosto che al presunto compagno, nonostante nello stesso periodo (secondo controparte) avesse devoluto a lui tutta l’eredità;
  • assenza di T. durante la convalescenza di M. nell’ottobre/novembre 2020;
  • mancata risposta di M. alla domanda precisa di T. di volerla sposare;
  • mancate risposte di M. a tutti i messaggi Whatsapp inviati da T..
    Si è costituito in giudizio T. contestando la ricostruzione attorea dei rapporti tra la de cuius ed il convenuto.
    In particolare, il convenuto ha inteso smentire l’affermazione attorea secondo la quale tra M. e T. non vi fosse mai stato alcun rapporto sentimentale.
    A prova del fatto che, invece, tra i due vi fosse un legame amoroso e sentimentale iniziato nel 1983 fino alla morte della de cuius ha prodotto i seguenti documenti:
  • il certificato delle pubblicazioni di matrimonio del mese di dicembre 1993, in cui risulta che T. e M. volevano contrarre matrimonio (doc. 1);
    -il certificato del PRA in cui risulta che T. e M. avevano in comproprietà un’autovettura targata …dal 1993 al 2005 (doc. 2);
  • il certificato storico di famiglia rilasciato dal Comune di Cervia, in cui risulta che la coppia dal 1992 viveva nella stessa abitazione a Cervia in viale…;
  • n. 3 certificati di residenza del Comune di Bologna, in cui si certifica che T. abitante in Strada M. n.46 è residente a B. dal 18/05/1995, proveniente da Cervia. L’appartamento di strada Maggiore n.46 è quello di proprietà di M..
    Il convenuto ha, quindi, allegato che tra T. e M., dal 1983 e fino alla morte di quest’ultima, vi è sempre stato un legame amoroso. Non corrisponderebbe, dunque, al vero che M. durante la sua vita avesse avuto stretti legami sentimentali con altre persone, perché era sempre stata legata sentimentalmente solo con il T..
    Inoltre il convenuto ha dedotto che sin dal 2015, quando M. aveva scoperto di essere gravemente malata, era stato solo ed esclusivamenteil T. a prendersi cura della sua compagna. Anche durante l’ultimo ricovero, il T. si recava tutti i giorni in ospedale a portare la biancheria pulita che consegnava agli infermieri e ritirava quella da lavare.
    L’attore ha, altresì, esposto che durante tale ricovero M. ricevette sia da T. che dalla cugina S. dei block notes e penne, affinché la stessa potessescrivere le sue ultime volontà. Poiché M. voleva fare la cura del Dott. D.B., avendo già effettuato una visita nel mese di settembre presso il suddetto medico, la stessa chiedeva al T., che prontamente soddisfaceva la richiesta, di avere tutto il fascicolo del suo percorso clinico. Dopo il giorno 13.12.2020 gli infermieri dell’ospedale riconsegnavano al T. il suddettofascicolo contenete tutta la documentazione medica. Il 14.12.2020 il medico del reparto consegnava al T. la certificazione per il rinnovo del codice 48, cioè l’esenzione ticket e dopo pochi giorni il T. la riconsegnava con il ticket già rinnovato. Successivamente il T. si adoperava per allertare l’Associazione A.N.T. che si trovava al piano primo dell’ospedale Malpighi di Bologna.
    Il convenuto ha affermato che il testamentoper cui è causa veniva trovato dal Tiziodentroil fascicolo sanitario che lo stesso aveva fatto avere a M. e poi restituitogli.
    Conseguentemente, ha concluso domandando, in via principale e nel merito, di rigettare la domanda di parte attrice perché infondata in fatto ed in diritto e di dichiarare valido a tutti gli effetti di legge il testamento olografo datato il 13.12.2020 e pubblicato il 30.03.2021 per atto Notaio Dott…., Rep. n. (…), Racc. n. (…).
    Con la memoria ex art. 183, comma VI, n. 1), c.p.c., l’attore ha sostenuto che le deduzioni di parte convenuta e le relative produzioni documentali (cfr. doc.ti nn. 2,3 e 9 fasc. conv.) sono del tutto inconsistenti perché né i certificati di residenza, né le pubblicazioni di matrimonio del dicembre 1993, né il certificato di proprietà dell’autovettura, sono documenti idonei a comprovare l’esistenza di una relazione stabile tra il T. e M., durata dal 1983 e fino alla morte di quest’ultima.
    Parte attrice ha osservato, come dedotto nell’atto introduttivo e non smentito dal convenuto, che M. ha intrattenuto molteplici relazioni sentimentali con diversi uomini dal 1984.
    Ne consegue che non vi può essere stato alcun legame stabile e duraturo con il T., quantomeno non negli ultimi 20 anni, anche perché lo stesso risulta sentimentalmente legato da un rapporto sentimentale e di convivenza con A. M., come risulta dalla relata di notifica dell’atto di citazione (depositata in atti) redatta dall’Ufficiale Giudiziario, ove la stessa M. – presente presso l’appartamento del T. al momento della notifica – si qualifica come “compagna”.
    Inoltre ha rilevato che il documento prodotto, costituito dalle pubblicazioni di matrimonio del dicembre 1993 tra T. e M., non scalfisce la circostanza dedotta da parte attrice secondo cui tra M. e T. non vi è stato un rapporto sentimentale stabile e duraturo. Anzi, proprio il fatto che alle pubblicazioni non sia seguito il matrimonio conferma la mancanza di serietà nel presunto legame tra i due e, comunque, il venir meno della volontà degli stessi di assumere reciprocamente gli impegni derivanti da un legame stabile e duraturo come il matrimonio, che implica comunanza di vita e reciproca assistenza morale e materiale.
    Del resto, se effettivamente l’intenzione di M. e di T. era quella di trascorrere la vita insieme uniti dai vincoli del matrimonio non si vede perché alle pubblicazioni non è seguita effettivamente la celebrazione dello sposalizio e perché, neppure negli anni successivi, i due abbiamo mai nuovamente avviato le procedure in tal senso.
    Ancora l’attore ha smentito che già dal 1983 il T. frequentasse M., dal momento che lo stesso risultava sposato e lei invece era legata a tale X, imprenditore di Napoli, con cui ha intrattenuto una relazione di 10 anni circa e con il quale ha convissuto trasferendosi a Napoli.
    L’attore ha, dunque, sostenuto che quanto dedotto dal convenuto non è idoneo a comprovare e giustificare la frase riportata nel testamento, secondo cui T. sarebbe stato il “compagno” di M. di “quasi tutta” la vita, in quanto potrebbe comprovare solamente che i contatti tra i due sarebbero eventualmente rimasti circoscritti ad un periodo molto breve e risalente (1992 / 1995) e che sia prima che dopo M. ha avuto altri rapporti sentimentali.
    Pertanto, ha continuato a sostenere con forza che risulta incredibile e inverosimile che anche un eventuale rapporto di pochissimi anni e molto risalente nel tempo (circa 30 anni prima) possa aver condotto M. a devolvere il patrimonio in favore di T..
    Con la memoria ex art. 183, comma VI, n. 1), c.p.c. T. ha, innanzitutto, dedotto che le conclusioni di cui alla perizia grafologica di parte attorea sono state raggiunte dopo un confronto tra la “copia” del testamento in parola e altri documenti della de cuius, e che, pertanto, tali conclusioni non sono attendibili, in quanto, come noto, perché un esame grafico risulti affidabile e credibile, occorre che venga condotto sull’originale del documento in questione e non già su una copia fotostatica di quest’ultimo, giacchè l’analisi della sola copia non consente di cogliere con precisione i segni grafici relativi allo scrivente.
    Il convenuto ha, inoltre, rilevato che tra la de cuius e C. non correvano buoni rapporti, fortemente incisi dalla battaglia legale insorta tra i due fratelli anni addietro in relazione all’eredità materna, tant’è che il M., nell’atto introduttivo del presente giudizio, mai ha dichiarato di essere stato accanto alla sorella che, dal mese di dicembre dell’anno 2015, pativa una patologia tumorale per il peggioramento della quale veniva ricoverata nel mese di dicembre del 2020 fino al decesso. Dunque, in tesi di parte convenuta, non deve stupire una simile volontà della de cuius poiché il T. si è occupato di offrire la dovuta assistenza alla de cuius durante le sofferenze provocate dalla patologia tumorale e, inoltre, aveva anche prestato il proprio contribuito economico durante gli anni vissuti con la propria compagna.
    Con la memoria ex art. 183, comma VI, n. 2) c.p.c. l’attore ha formulato le proprie istanze istruttorie consistenti in plurime richieste di ordine di esibizioneafferenti l’originaledel testamento e di copiosa documentazione da offrire in comparazione, nonché nell’istanza di una CTU grafologica e, infine, nella richiesta di prova testimoniale su tutte le circostanze dedotte nei propri atti difensivi.
    Il convenuto, con la propria memoria istruttoria, ha domandato l’interrogatorio formale di C. e l’ammissione di prova testimoniale.
    Con la memoria ex art. 183, comma VI, n. 3), c.p.c. l’attore ha dato atto che, successivamente alla scadenza del termine per il deposito dellamemoria istruttoria ex art. 183, comma VI, n. 2) c.p.c., sono emersi, nello speculare procedimento penale instaurato a carico di T. (n. 11089/2021 R.G.N.R./Mod. 21 – P.M. Dott.ssa Caruso), fatti e documenti rilevanti ai fini di causa, che ha esposto e prodotto in questa sede, anche in replica alle istanze istruttorie avversarie.
    In particolare, risulta documentato dall’attore che, in data 5.5.2022 è stato notificato all’indagato T. “Avviso di chiusura delle Indagini Preliminari ex art. 415 bis c.p.c.” per il reato di cui all’art. 491 c.p. (Falsità in testamento olografo), “perché al fine di arrecare a sé o ad altri un vantaggio e di recare ad altri un danno, formava un testamento olografo falsoa firma apparente di M.D., datato 13.12.2020 e pubblicato, su sua richiesta, in data 30.3.2021 con rogito Notaio …di B.” (doc. n. 38 fasc. att.).
    In data 18.5.2022, a seguito di richiesta del difensore di C. nel procedimento penale, il PM Dott.ssa Caruso ha autorizzato il legale a prendere visione ed estrarre copia degli atti del fascicolo delle indagini (doc. n. 39).
    In data 19.5.2022, il legale di C. ha preso visione ed estratto copia del fascicolo relativo al procedimento citato a carico di T. (doc. n. 40), sicchè solo in epoca successiva alla seconda memoria istruttoria, l’attorte è venuto a conoscenza dei rilevanti esiti delle indagini espletate nel procedimento penale, di seguito indicate.
    In data 26.10.2021 il PM ha disposto l’esecuzione di una Consulenza Tecnica Grafologica sul testamento olografo di M., nominando all’uopo la dott.ssa B. di G., la quale ha depositato perizia in data 27.12.2021 (doc. n. 41 fasc. att.).
    Con Provv. del 27 dicembre 2021 il PM ha disposto l’integrazione dell’indagine tecnico grafologica, dandoincarico alla CT di provvedere ad “acquisizionedi un saggio grafico della persona sottoposta alle indagini, ad ulteriormente accertare, anche alla luce di tale acquisizione, se il testamento olografo a firma di M. …. sia compatibile con la grafia della stesa M., nonché con quella dell’indagato” (doc. n. 42).
    Dopo aver provveduto all’acquisizione del saggio grafico di T. (cfr. doc. n. 41 pagine da 174 a 184 del file pdf), la CT dott.ssa … ha così concluso: “il testamento olografo a firma di M. datato 13.12.2020, pubblicato il 30.03.2021, di cui al verbale di sequestro del 15.10.2021 non è compatibile con la grafia della stessa M. ma è interamente riferibile alla mano scrivente dell’indagato T.” (cfr. doc. n. 41, pag. 173 del pdf e pag. 35 della perizia integrativa).
    Dall’accesso al citato fascicolo è, inoltre, emerso che la Polizia Giudiziaria ha sentito a sommarie informazioni testimoniali …(doc. n. 43 fasc. att.), i quali hanno confermato quanto sostenuto dalla difesa dell’attore circa i rapporti tra M. e T..
    All’udienza in data 26.01.2023 la difesa attorea ha dato atto di aver depositato la copia del fascicolo penale contenente la perizia grafologica che ha disconosciuto la sottoscrizione di M. e ha chiesto, in forza di tale acquisizione, la fissazione di udienza ex art. 281 sexies c.p.c. per la decisione. In via subordinata, ha insistito per le richieste istruttorie.
    La difesa di parte convenuta ha insistito per l’ammissione di tutti i mezzi istruttori richiesti nella comparsa e nella memoria ex art. 183, comma VI, n. 2), c.p.c..
    Il Giudice si è riservato sulle istanze delle parti.
    Nelle more, in data 12.04.2023, la difesa di parte attrice ha depositato “Foglio di produzione” per C. nel quale ha dato conto di avere avuto accesso, nei giorni immediatamente precedenti, e per la prima volta, al fascicolo del P.M. e la possibilità di estrarne gli atti.
    Dalla visione del citato fascicolo è emerso che T. in data 9.6.2022 ha reso interrogatorio nel quale ha confessato di aver falsificato il testamento, testualmente dichiarando: “Ammetto l’addebito che mi viene contestato. Non intendo trovare alcuna minima scusa ma soltanto spiegare quale è stato il rapporto che ho intrattenuto nel corso di tanti anni con la Sig.ra M. (…)”.
    Ciò posto la difesa attorea, stante l’importanza e rilevanza di detta confessione nel giudizio civile e la sopravvenienza rispetto al termine delle memorie istruttorie, ha prodotto il verbale di interrogatorio di T. del 9.6.2022 (doc. 46), e ha chiesto l’acquisizione dello stesso nel materiale probatorio del giudizio ai fini della decisione.
    Con Ordinanza riservata del 05.05.2023 il Giudice, preso atto del contenuto del verbale di interrogatorio reso dal convenuto in data 09.06.2022, riversato da parte attrice in atti, nel quale T. ha ammesso la commissione del reato di cui all’art. 491 c.p.; ritenuta l’ammissibilità della produzione attorea del predetto verbale trattandosi di documento formatosi successivamente alla scadenza dei termini istruttori; ritenuta, pure, la piena utilizzabilità ai fini probatori delle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio da T., che, peraltro, confermanoquanto già emerso nell’ambitodella perizia grafologica disposta dalla Procura della Repubblica; ritenuta, dunque, la causa matura per la decisione senza necessità di ulteriori atti istruttori in ambito civile, ha fissato udienza per la precisazione delle conclusioni.
    All’udienza in data 18.05.2023 parte attrice ha precisato le conclusioni come da memoria ex art. 183, comma VI, n. 1), c.p.c. insistendo, dunque, per la declaratoria di nullità del testamento; parte convenuta ha aderito alle conclusioni di parte attrice, rimettendosi a giustizia sulle spese di lite. I procuratori delle parti hanno rinunziato ai termini ex art. 190 c.p.c..
    La domanda dell’attore deve, evidentemente, essere accolta, alla stregua del materiale probatorio acquisito in atti e della sostanziale adesione alla domanda attorea da parte dello stesso convenuto in giudizio.
    Giova ricordare che secondo la costantegiurisprudenza di legittimità “Nell’ordinamentoprocessuale vigente manca una norma di chiusura sulla tassatività dei mezzi di prova, sicché il giudice, potendo porre a base del proprio convincimento anche prove cd. atipiche, è legittimato ad avvalersi delle risultanze derivanti dagli atti delle indagini preliminari svolte in sede penale, così come delle dichiarazioni verbalizzate dagli organi di polizia giudiziaria in sede di sommarie informazioni testimoniali” (Cass. Sez. 2 – , Sentenza n. 1593 del 20/01/2017; Cass. Civ., sez. III, ordinanza 25 settembre 2018, n. 22580).
    Nel processo civile le prove atipiche sono comunque utilizzabili “dipendendo la loro rilevanza esclusivamente in relazione alla maggiore o minore efficacia probatoria ad esse riconosciuta dal giudice di merito, non sussistendo (…) alcun vizio invalidante la formazione della prova atipica per essere stata questa assunta nel diverso processo in violazione di regole a quello esclusivamente applicabili, neppure se tale vizio integri un difetto della garanzia del contraddittorio, atteso che nel processo civile il contraddittorio sulla prova viene assicurato dalle forme e modalità “tipizzate” di introduzione della stessa in giudizio…” che assicura la discussione in contraddittorio delle parti sull’efficacia dimostrativa del mezzo atipico in ordine al fatto da provare (Cass. Civ. Sez. III, n. 8459/2020).
    Nel caso in esame parte attrice ha prodotto in giudizio gli elementi di prova acquisiti nell’ambito dell’indagine preliminare disposta dalla Procura della Repubblica di Bologna (proc. n. 11089/2021 R.G.N.R./Mod. 21) a carico del convenuto T. per il reato di cui all’art. 491 c.p.c (Falsità in testamento olografo), costituite dalla perizia grafologica disposta dal Pubblico Ministero ed affidata alla dott.ssa —- dalle cui conclusioni questo giudicante non ha motivo di discostarsi stante la correttezza e meticolosità dell’accertamento – la quale ha valutato che “il testamento olografo a firma di M. datato 13.12.2020, pubblicato il 30.03.2021, di cui al verbale di sequestro del 15.10.2021 non è compatibile con la grafia della stessa M. ma è interamente riferibile alla mano scrivente dell’indagato T.”, nonchédalle sommarieinformazioni testimoniali reseda …(doc. n. 43 fasc. att.), i quali hanno confermato quanto sostenuto dalla difesa dell’attore circa i rapporti tra M. e T..
    All’efficacia probatoria di tali emergenze, di per sé già dirimente ai fini della decisione nel presente giudizio, si è aggiunto l’esito dell’interrogatorio condotto dai Carabinieri della Sezione di P.G. su delega di indagini del Pubblico Ministero a seguito della richiesta formulata dalla difesa dello stesso T. dopo la notificazione dell’Avviso di conclusione delle indagini preliminari: il T. ha consegnato agli Ufficiali di P.G. una dichiarazione sottoscritta da considerarsi parte integrante del verbale di interrogatorio del 09.06.2022 con la quale ammette pianamente di aver commesso il fatto imputatogli, riconoscendo la temerarietà della propria condotta e chiedendo perdono a tutti (doc. 46).
    Il valore confessorio di tali dichiarazioni acquisite agli atti è stato, infine, ribadito anche in questa sede civile avendo il convenuto aderito alla domanda dell’attore all’udienza di precisazione delle conclusioni.
    Conseguentemente va dichiarata la nullità del testamento olografo di cui si discute e riconosciuto C. quale unico erede legittimo di M., con ordine a T. di rilasciare i beni ereditari e di restituire gli stessi.
    Quanto alle spese di lite, la volontà adesiva alle conclusioni formulate dall’attore, manifestata dal convenuto in sede di udienza di precisazione delle conclusioni, consente di non porre a sua carico le spese della fase decisoria del presente giudizio. Restano, invece, a carico del convenuto, stante la soccombenza, le spese delle fasi di studio, introduttiva e di trattazionedel giudizio, postoche, ancora all’udienza in data 26.01.2023 e, dunque, ad interrogatorio già avvenuto (09.06.2022), il convenuto ha insistito per l’ammissione dei mezzi istruttori; spese liquidatecome in dispositivo, in applicazione del D.M. n. 55 del 2014, aggiornato al D.M. n. 147 del 13 agosto 2022, tenuto conto dell’attività difensiva prestata.
    P.Q.M.
    Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesao assorbita, così dispone:
    1) Dichiara che il testamento olografo datato 13.12.2020 e pubblicato il 30.3.2021 dal Notaio Dott. G., Rep. n. (…) , Racc. n. (…), non è stato redatto, datato e sottoscritto da M..
    2) Accerta e dichiara la nullità del testamento olografo datato 13.12.2020 apparentemente redatto, datato e sottoscritto da M. in favore di T..
    3) Dichiara che C. è l’unico erede legittimo di M. e, conseguentemente, ordina a T. il rilascio dei beni ereditari e la restituzione degli stessi, ivi compresi gli immobili, gli importi contenuti nei conti correnti, i titoli azionari e il contenuto della cassetta di sicurezza, in favore di C..
    4) Condanna T. al pagamento, in favore di C., delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 555,89 per anticipazioni, Euro 24.358,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario spese generali ex art. 2 D.M. n. 55 del 2014, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Corte d’Appello Venezia, Sez. II, Sentenza, 21/04/2022, n. 931 – PERIZIA GRAFOLOGICA – PERIMETRO CONSISTENZA PROBATORIA – ADEGUATO CONVINCIMENTO GIUDICE – by Avv. Valerio Di Giorgio

In tema di procedimento civile, la consulenza grafologica, in quanto per sua natura non suscettiva di conclusioni obiettivamente ed assolutamente certe, è considerata un mezzo di indagine dalla “limitata consistenza probatoria”, di talché è richiesto comunque al giudice, non solo di fornire (come in ogni caso di consulenza tecnica) un’adeguata giustificazione del proprio convincimento in ordine alla condivisibilità delle conclusioni del consulente, ma anche di valutare l’autenticità o falsità della sottoscrizione dell’atto in correlazione a tutti gli altri elementi concreti sottoposti al suo esame.

Con ricorso monitorio D.R.G. ha chiesto che il Tribunale di Vicenza ingiungesse a M.B. e M.L.I. il pagamento di € 58.782,48, oltre ad interessi e spese, quale credito residuo che il ricorrente ha dedotto di vantare in forza di due mutui concessi a M.B..
In particolare il ricorrente, a sostegno delle proprie ragioni di credito, ha allegato due documenti datati, rispettivamente, 18.6.2009 e 19.2.2010:

  1. con il primo documento – sottoscritto da D.R.G., M.B. e M.L.I. – si è dato atto del prestito per € 60.000,00 concesso da D.R. a M.B. e dell’impegno del mutuatario a restituire tale somma entro il termine di un anno, con l’interesse del 6% e con la garanzia fideiussoria di M.L.I.;
  2. con il documento datato 19.2.2010 – sottoscritto da D.R.G. e M.B. – il secondo ha dichiarato di avere ricevuto dal primo l’ulteriore somma di € 12.000,00, a titolo di prestito personale.
    Nel ricorso monitorio è stato dato atto di alcuni pagamenti parziali ricevuti da D.R.G. per complessivi € 30.000,00 – che il ricorrente ha dichiarato di avere imputato al mutuo del 19.2.2010, in quanto meno garantito, e per il resto a parziale saldo del primo mutuo del 18.6.2009 – nonché del mancato riscontro dato da M.B. ai solleciti di pagamento.
    Con decreto ingiuntivo n. 797/15, notificato il 16.3.2015, il Tribunale di Vicenza ha accolto il ricorso ed intimato a M.B. e M.L.I. il pagamento della somma richiesta.
    Avverso il decreto ingiuntivo hanno proposto opposizione gli ingiunti, disconoscendo la scrittura del 19.2.2010 e l’esistenza del prestito di € 12.000,00 cui essa è riferita, nonché contestando l’imputazione dei pagamenti parziali eseguiti. Per tali ragioni gli opponenti hanno chiesto che il Tribunale di Vicenza revocasse il decreto ingiuntivo opposto e accertasse la minor somma dovuta, quale residuo del debito sorto con il mutuo del 18.6.2009.
    Costituitosi in causa, D.R.G. ha chiesto la verificazione della scrittura disconosciuta, concludendo per la conferma del decreto ingiuntivo.
    La causa è stata istruita con l’assunzione di testimoni e lo svolgimento di una CTU grafologica.
    Con la sentenza oggetto del presente appello il Tribunale di Vicenza ha rigettato l’opposizione, condannato gli opponenti a rifondere le spese di lite al convenuto opposto e diviso in quote uguali tra le parti l’onere relativo alle spese di CTU.
    Giudizio d’appello
    Avverso la sentenza del Tribunale di Vicenza propongono appello M.B. e M.L.I., insistendo per l’accoglimento delle domande già svolte in primo grado.
    D.R.G., costituendosi, ha eccepito l’inammissibilità dell’appello e ne ha chiesto comunque il rigetto.
    All’udienza del 18.1.2022 le parti hanno precisato le conclusioni. In seguito, nei termini assegnati, hanno dimesso gli scritti conclusionali.
    Parte appellata ha chiesto sia dichiarata l’inammissibilità dell’appello ex art. 342 c.p.c. L’eccezione è infondata. L’atto di appello indica con sufficiente chiarezza i passaggi della sentenza impugnata oggetto di contestazione, le divergenze rispetto alla decisione del primo giudice con riguardo alla ricostruzione del fatto, le violazioni di legge che ravvisa nella pronuncia censurata e la rilevanza di tali violazioni, connessa alla conseguente riforma che viene sollecitata.
    Motivi d’appello
    1) Con il primo motivo di gravame gli appellanti contestano la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto l’esistenza del prestito di € 12.000,00 del 19.2.2010, che M.B. ha invece negato di avere ricevuto.
    Il giudice di prime cure ha preso atto dei risultati non univoci della CTU grafologica – all’esito della quale il consulente d’ufficio, “tenuto conto dei limiti di periziabilità dell’accertamento”, ha concluso “per la non riferibilità della sottoscrizione attribuita a M.B. apposta in calce alla scrittura privata 19.2.2010 prodotta in copia come doc. 2 di parte convenuta alla mano del sig. M.B. con basso grado di confidenza tecnica” – e, considerato quanto emerso dalla prova orale, ha ritenuto adeguatamente provata anche la seconda dazione di denaro effettuata da D.R.G. in favore di M.B.. In particolare, il Tribunale ha ritenuto rilevante la deposizione della teste D.R.F., che ha assistito alla consegna della somma e alla sottoscrizione della ricognizione di debito, mentre ha valutato come non decisive le dichiarazioni rilasciate dai due testimoni indicati da parte attrice.
    Gli appellanti contestano la credibilità della teste D.R.F. sostenendo:
  • che le sue dichiarazioni conterrebbero alcune contraddizioni relative al momento in cui sarebbero avvenute la dazione del denaro e la firma della ricognizione;
  • che la testimone sarebbe comunque poco attendibile dal punto di vista soggettivo in quanto ella è sorella dell’appellato e sarebbe in cattivi rapporti con M.B., suo ex compagno ed ex datore di lavoro;
  • che la dichiarazione della teste secondo cui il prestito sarebbe servito a M.B. per il pagamento degli stipendi dei dipendenti di T.M. s.r.l. sarebbe in contrasto con la qualificazione del prestito come “personale” contenuta nel riconoscimento di debito;
  • che D.R.G. avrebbe potuto provare la veridicità di quanto sostenuto dimostrando documentalmente di avere prelevato dai propri conti bancari la somma in questione, mentre nulla ha dimesso.
    Affermano inoltre gli appellanti che la prova del mutuo non potrebbe essere fornita solo sulla base di una testimonianza, stanti i limiti posti a riguardo dagli artt. 2721 e 2726 c.c. e mettono in evidenza le dichiarazioni favorevoli a parte opponente di M.V. e di M.L.I., nonché l’anomalia costituita dalla consegna di una somma di denaro così ingente in contanti.
    Viene poi ripreso il contenuto della consulenza grafologica d’ufficio, dalla quale sarebbe emersa l’esistenza di molteplici differenze tra la scrittura in verifica ed i campioni di raffronto e di solo poche somiglianze, tanto che la consulente sarebbe giunta ad esprimere il proprio convincimento circa la non autenticità della sottoscrizione disconosciuta, seppur espresso con la cautela dovuta al fatto che trattasi di una sigla e non di una sottoscrizione completa.
    Infine gli appellanti indicano altri elementi che dovrebbero portare a conclusioni opposte a quelle cui è giunto il giudice di primo grado:
  • la condotta del debitore, il quale non ha disconosciuto entrambe le dichiarazioni di debito, ammettendo di avere sottoscritto quella datata 18.6.2009;
  • la differenza di contenuto tra la prima e la seconda dichiarazione attribuita a D.R.G. e la stranezza della presenza della firma di quest’ultimo anche in un documento, come quello del 19.2.2010, avente il contenuto di una dichiarazione unilaterale;
  • l’ulteriore anomalia costituita dal fatto che nella diffida del 17.11.2014 era stato intimato il pagamento di un importo maggiore di quello esposto nel ricorso monitorio.
    Il motivo non è fondato.
    La consulenza grafologica, in quanto per sua natura “non suscettiva di conclusioni obiettivamente ed assolutamente certe”, è considerata un mezzo di indagine dalla “limitata consistenza probatoria”, di talché la giurisprudenza di legittimità richiede comunque al giudice, non solo di fornire (come in ogni caso di consulenza tecnica) un’adeguata giustificazione del proprio convincimento in ordine alla condivisibilità delle conclusioni del consulente, ma anche di valutare l’autenticità o falsità della sottoscrizione dell’atto in correlazione a tutti gli altri elementi concreti sottoposti al suo esame (Cass. n. 9631/04, rv. 572977; n. 8881/05, rv. 584032; n. 2579/09, rv. 606453).
    Di tali principi ha fatto buon governo il giudice di primo grado. Nella fattispecie in esame, infatti, la consulente grafologa, attesa la limitatezza e peculiarità della sigla apposta da M.B. in calce al riconoscimento di debito del 19.2.2010, ha potuto solo riconoscere una parziale compatibilità tra tale sigla le due scritture di comparazione, escludendo di potere rispondere al quesito postole in termini di certezza tecnica. Il giudizio di non autenticità della sigla verificata è stato quindi espresso dalla CTU con “basso grado di confidenza tecnica”, ovvero con il più basso livello di confidenza tecnica, “dove l’evidenza analitica indica che le scritture a confronto possono avere o non avere la medesima origine”.
    La perizia grafologica quindi, già di per sé dotata di una limitata consistenza probatoria, è in questo caso ancor maggiormente incerta per l’esito cui è pervenuto l’esame del consulente, fortemente condizionato dai limiti del materiale sottoposto a verifica.
    E’ giustificata, pertanto, la scelta del Tribunale di attribuire maggior peso alla prova testimoniale assunta. La deposizione di D.R.F. è ammissibile, non solo perché nulla è stato eccepito prima dell’assunzione della prova dalla parte interessata (eccezione necessaria perché possano essere invocati i limiti legali di ammissibilità della prova testimoniale dei contratti, i quali sono stabiliti nell’interesse delle parti, sicché l’inosservanza delle dette limitazioni non può essere rilevata d’ufficio, né eccepita dalla parte dopo l’espletamento della prova; Cass. n. 3186/06, rv. 590318), ma anche perché la circostanza che il teste è stato chiamato a confermare trova riscontro nelle prove documentali in atti.
    La teste non ha saputo riferire se la dichiarazione di debito venne firmata da M. nel momento in cui ricevette il denaro o in altro momento, ma ciò non costituisce una contraddizione logica, trattandosi di un profilo non rilevante. Nemmeno può dirsi che il riferimento alla necessità del mutuatario di ottenere il prestito per pagare gli stipendi dei dipendenti di T.M. s.r.l. sia in contrasto con la natura personale del prestito riportata nell’atto ricognitivo, giacché il prestito è stato concesso a M. e non alla società. Inoltre non vi è prova dell’esistenza di ragioni di astio della teste verso l’appellante, non evincibili tout court dai pregressi rapporti tra i due, mentre il rapporto di parentela con la parte non rende di per sé la deposizione priva di credibilità.
    Deve invece confermarsi il giudizio di irrilevanza dato dal giudice di prime cure alle dichiarazioni dei soggetti introdotti come testi da parte opponente (M.V. e M.L.I., figli di M.B. ed il secondo anche parte del giudizio, benché non obbligato in relazione al mutuo disconosciuto). Essi infatti non hanno potuto escludere l’avvenuta dazione di denaro, né la sottoscrizione della dichiarazione disconosciuta, non potendosi valorizzare a tal fine il solo dato dell’abitudine del padre di portarsi un figlio come testimone nelle occasioni in cui doveva chiedere un prestito a terzi, né la circostanza (riferita dalla M. come risultante da un controllo dei dati relativi al dispositivo Telepass) che il camion e l’autovettura di M.B. risultassero, durante la giornata del 19.2.2010, impegnati in viaggi fuori città.
    La consegna in contanti di una somma abbastanza rilevante (€ 12.000,00), che parte appellante indica come anomala, può trovare in realtà diverse spiegazioni, sia in ordine alla disponibilità di tali importi liquidi nel mutuante (il quale, pertanto, potrebbe non avere avuto bisogni di prelevare la somma da un conto bancari), sia con riguardo all’interesse del mutuatario a non utilizzare metodi tracciabili di pagamento. In ogni caso anche per il primo prestito, che i M. non contestano, non vi è prova del prelievo dai conti di D.R., né del trasferimento di denaro al mutuatario tramite bonifico o assegno.
    Le altre circostanza evidenziate dagli appellanti sono prive di rilievo. Il riconoscimento del debito per € 60.000,00 non implica di per sé la fondatezza del disconoscimento del secondo mutuo, né il fatto che la seconda scrittura contenga meno elementi della prima è particolarmente significativo, potendo dipendere dal contesto nel quale l’atto è stato sottoscritto. La discordanza tra l’importo intimato in via stragiudiziale e quello riportato nel successivo ricorso monitorio può inoltre essere spiegata da un diverso meccanismo di calcolo degli interessi o dall’imputazione dei pagamenti parziali.
    2) Con il secondo motivo d’appello viene contestata l’imputazione dei pagamenti parziali operata dal mutuante. Anche ove si ritenesse l’esistenza del mutuo di € 12.000,00, sostengono gli appellanti, mancherebbe la prova della sua esigibilità, non essendo stato convenuto, nella scrittura del 19.2.2010, un termine per la restituzione del prestito.
    Il motivo è infondato.
    L’inesigibilità del credito per mancata scadenza del termine non è uno dei motivi che gli opponenti hanno formulato in primo grado e non può quindi essere eccepita in questa sede.
    In ogni modo la pretesa di D.R.G. di ottenere in restituzione anche il prestito concesso senza indicazione di un termine è giustificata, in presenza del conclamato inadempimento del debitore con riguardo al mutuo del 18.6.2009 (riguardo al quale il termine per la restituzione era, al tempo dell’iniziativa giudiziale di D.R., scaduto già da quasi cinque anni) e della conseguente insolvenza del debitore, con le conseguenze che a tale condizione ricollega l’art. 1186 c.c. Tale ultima disposizione trova applicazione anche al caso del mutuo per il quale non sia stato fissato il termine per la restituzione e non presuppone la previa fissazione giudiziale del termine per l’adempimento quando il debitore sia insolvente, essendo in tal caso il creditore abilitato ad esigere immediatamente la prestazione (Cass. n. 6984/03; n. 20042/20, rv. 659023).
    3) Con il terzo motivo di doglianza parte appellante sollecita una diversa regolazione delle spese giudiziali, come conseguenza dell’accoglimento dei motivi precedenti.
    Atteso il rigetto dei motivi relativi al merito della controversia anche il capo della pronuncia gravata attinente alle spese di lite va confermato.
    4) Con il quarto motivo d’appello viene contestato un passaggio della ricostruzione dei fatti riportata nella sentenza appellata nel quale, sostengono gli appellanti, si attribuirebbe a M.L.I. la qualifica di mutuatario, essendo egli invece mero garante con riguardo al primo dei due mutui dedotti in causa.
    Il motivo è infondato.
    La sentenza del Tribunale di Vicenza è chiara nell’esporre i fatti come dedotti dalle parti e, in particolare, nell’indicare (pagina 6) il ruolo di M.L.I. come mero garante dell’obbligo di restituzione assunto dal padre con riguardo al primo mutuo.
    Conclusioni e spese
    La sentenza appellata merita integrale conferma.
    Le spese processuali del presente grado – liquidate come in dispositivo, in correlazione con il valore e la complessità della causa – vanno poste ad integrale carico della parte appellante, atteso il rigetto dell’impugnazione.
    Segue al rigetto dell’appello l’applicazione dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002.
    P.Q.M.
    La Corte d’Appello, definitivamente decidendo, sull’appello proposto avverso la sentenza n. 448/2020, pubblicata in data 02/03/2020, del Tribunale di Vicenza:
    1) conferma la sentenza appellata;
    2) condanna M.B. e M.L.I. in solido a rifondere a D.R.G. le spese di lite del presente grado, liquidate in € 8.970,00, di cui € 7.800,00 per compensi ed il resto per rimborso forfettario, oltre ad IVA se dovuta e CPA;
    3) dà atto che sussistono i presupposti per l’applicazione dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 a carico della parte appellante.

Come giungere alla verità peritale

La verità peritale è sostenuta dalla chiarezza con la quale si svolge il lavoro, sia nella prima fase di studio dove il consulente dopo aver esaminato tutto il materiale – che gli è stato inviato dalla persona interessata a sapere appunto la verità – sia quello da verificare ma anche di tutte le scritture o firme di comparazione decide se ci siano i presupposti per consigliare ad andare avanti con il percorso oppure no.
La verità peritale non deve essere offuscata da pregiudizi di varia natura che possa ridurne il valore specialmente per coloro che credono nell’efficacia della Grafologia giudiziaria come la sottoscritta, e mettono in pratica il proprio sapere volto alla ricerca della autenticità attraverso l’analisi del movimento scrittorio che ciascuno di noi personalizza, nonché dalla naturalezza e spontaneità che deve essere riscontrata sia nel testo se ci riferiamo ad uno scritto olografo, ma soprattutto nelle firma, è chiaro che il rigore metodologico è una imprescindibile esigenza di deontologia professionale e per quanto mi riguarda soprattutto morale, ed il rigore sarà superiore quanto più il perito grafologo nel corso degli anni avrà acquisito una maggiore maturità professionale attraverso la conoscenza del metodo grafologico peritale, e quindi metterà in atto.
Spesso il perito grafologo si interfaccia con persone non esperte e di conseguenza la comunicazione con tali soggetti dovrà essere quanto più chiara possibile e far loro comprendere in modo razionale seguendo una certa logica soprattutto dimostrativa il motivo di un determinato giudizio, soprattutto specificare quali sono le condizioni indispensabili per poter effettuare una consulenza quanto più chiara ed onesta professionalmente.
Quindi è necessario che vengano forniti al consulente dalla persona che promuove la causa – parte attrice – adeguata documentazione ovvero che le scritture di comparazione siano omogenee al testo da verificare quindi se un testamento olografo è stato eseguito in corsivo anche le scritture di comparazione dovranno essere scritte con la stessa modalità, che siano coeve alla data della stesura del testamento o firma, che ci sia un numero adeguato di comparative, che siano fotocopie di qualità cioè non devono essere rovinate o sbiadite dal tempo.
Sovente mi capita di non accettare un incarico di CTP ma ciò non vuol dire che non ci sia la volontà di svolgere un lavoro oppure non essere in grado di sostenere una consulenza ma semplicemente se già dal primo approccio la persona non mi fornisce adeguata documentazione, come già accaduto, scritture molto datate tipo di venti anni prima dalla data del testamento – che anche quelle sono utili al fine di stabilire se c’è coerenza grafica – ma ci vogliono necessariamente e soprattutto quelle coeve alla data del testamento o della firma apposta su un qualsiasi documento.
Il medico di famiglia sarebbe disposto a fare una diagnosi sulla scorta di analisi cliniche che gli vengono fornite dal paziente di dieci o venti anni prima?
Anche per la perizia giudiziaria vale lo stesso discorso, è impossibile in quanto la scrittura viene proprio condizionata dallo stato di salute dello scrivente, oltre che dall’età, dallo stato psicofisico del momento in cui ha vergato – ovvero messo nero su bianco le proprie ultime volontà.

La Grafologia giudiziaria ha la peculiarità di identificare l’autore di scritture olografe attraverso anche l’analisi del tracciato personale (ductus), valuta le possibili cause di variazioni grafiche, che siano naturali (che fanno parte della natura del soggetto) come ad esempio l’anzianità, cure farmacologiche, percorso psicoterapico ecc. oppure artificiose come ad esempio imitazione di un testamento olografo ma anche dissimulazioni volte al disconoscimento della propria firma apposta su assegni o contratti di svariata natura.
L’obbiettivo principale del Grafologo giudiziario è quello di giungere ad individuare l’identità di una persona attraverso l’analisi degli scritti olografi è un compito molto complesso e non facile proprio per la varietà dei gesti grafici di ciascuno di noi, per questo motivo si richiede la collaborazione da parte del richiedente ed ovviamente una fiducia necessariamente reciproca.

Patrizia Belloni
Grafologa Giudiziaria
www.patriziabelloni.it

La Consulenza grafologica nelle indagini difensive dell’avvocato penalista

L’art. 111 Cost. sul “giusto processo” afferma il principio della parità tra accusa e difesa.
Tale principio costituzionale mira alla formazione di una verità processuale che sia il frutto della dialettica fra le parti e che si pervenga alla sentenza di condanna “al di là di ogni ragionevole dubbio” (art. 533 c.p.p.).
Sempre l’art. 111 Cost. prevede che “Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova”.
I principi del giusto processo (art. 111 Cost.) e dell’inviolabilità del diritto di difesa (art. 24 Cost.) vedono le indagini difensive dell’avvocato come un loro importante corollario.
Difatti, il difensore dell’indagato, dell’imputato, del condannato ed anche della persona offesa dal reato può svolgere attività di ricerca della prova per un procedimento già avviato ma anche in via preventiva per un eventuale procedimento penale che potrebbe instaurarsi sulla scorta determinate circostanze (si pensi, ad esempio, ad un sinistro stradale che ha visto la presenza di feriti gravi).
La Legge n. 397 del 2000 “Disposizioni in materia di indagini difensive”, ha potenziato il ruolo del difensore nel processo penale dettando nel titolo VI-bis del Codice di Procedura la disciplina delle indagini difensive.
Pertanto, il difensore può svolgere colloqui con persone informate dei fatti, effettuare l’ispezione di luoghi o cose, effettuare in rilievi ed accertamenti tecnici ed esaminare documenti amministrativi e cose sequestrate.
Tali possibilità di “indagine difensiva” hanno bilanciato la posizione del difensore rispetto al Pubblico Ministero che, come noto, si avvale della polizia giudiziaria e dei consulenti tecnici.
L’avvocato difensore, in forza dell’art. . 327 bis c.p.p., fin dal momento dell’incarico professionale che deve risultare da atto scritto, risultante da atto scritto, ha facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito e che tali attività (di investigazione difensiva) previste possono essere svolte, su incarico del difensore, dal sostituto, da investigatori privati autorizzati e, quando sono necessarie specifiche competenze, da consulenti tecnici.
Ebbene, tra i consulenti tecnici del difensore nell’ambito delle indagini difensive emerge il grafologo giudiziario che attraverso le specifiche competenze tecniche è chiamato a fornire un ausilio tecnico-specialistico per la ricerca della verità e, comunque, di elementi utili all’attività difensiva.
La grafologia giudiziaria riveste un ruolo importante nelle indagini penali che vanno dall’individuazione dell’autore della sottoscrizione di un assegno bancario e comprendono anche le ipotesi criminose che destano maggiore allarme sociale come gli atti persecutori (c.d. stalking), la violenza domestica, il sequestro di persona, l’omicidio etc. perché l’individuazione dell’autore del manoscritto o della firma nonché la verifica dell’autenticità della stessa può tanto coincidere con l’elemento costitutivo del reato stesso quanto aiutare ad individuare l’autore di un reato quale l’omicidio.
Anche nel caso del “mostro di Firenze” sono emerse lettere anonime e sono stati conferiti incarichi peritali a grafologi. Nel 1985 venne recapitata alla redazione de “La Nazione” una lettera contente la seguente frase: “In me la notte non finisce mai”.

Numerosi altri casi, anche oggetto dell’interesse mediatico, vedono gli scritti anonimi collegati ad atroci delitti cosicché la grafologia giudiziaria, anche nelle investigazioni difensive, rappresenta un’attività di rilievo per il concreto ed effettivo esercizio del diritto di difesa e per l’attuazione dei principi costituzionali del giusto processo.

Gabriele Colasanti
Avvocato
Giornalista pubblicista
e-mail: avv.gabrielecolasanti@gmail.com

La firma falsa sulla dichiarazione sostitutiva di atto notorio integra il reato di falso in atto pubblico.

La giurisprudenza di merito ha condannato l’autore di una firma falsa in calce ad una dichiarazione sostitutiva di atto notorio finalizzata al cambio di residenza del proprio nucleo familiare.
Segnatamente è stato condannato colui che ha fornito all’ufficio Anagrafe comunale una dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio a nome del proprietario dell’immobile locatogli ove quest’ultimo dichiarava che i familiari del conduttore erano autorizzati ad occupare l’immobile in quanto familiari conviventi del titolare di contratto di locazione per l’alloggio.
Integra il reato di falso materiale commesso dal privato in atto pubblico, previsto dall’art. 482 c.p., la condotta di colui che apponga una firma falsa ad una dichiarazione sostitutiva di atto notorio che l’art. 76, comma terzo, D.P.R. 28 dicembre, 2000, n. 445, equipara alle dichiarazioni rese al pubblico ufficiale, in quanto tali dirette a far fede sino a querela di falso. (tra le tante, Tribunale Gorizia, Sentenza, 10/06/2021, n. 272)

Quale responsabilità della banca in caso di pagamento di un assegno con firma apocrifa?

L’istituto di credito è tenuto a verificare la corrispondenza della firma con lo specimen di firma depositato all’atto dell’apertura del conto corrente. Tuttavia, una recente pronuncia della Cassazione ha statuito che la responsabilità della banca sussiste solo laddove la falsificazione sia palese e rilevabile “a colpo d’occhio”.
Invero, i giudici di legittimità, con l’ordinanza n. 18641 del 3 luglio 2023 hanno affermato che in caso di pagamento da parte di una banca di un assegno con sottoscrizione apocrifa, l’ente creditizio può essere ritenuto responsabile non a fronte della mera alterazione del titolo, ma solo nei casi in cui tale alterazione sia rilevabile ictu oculi, in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo.
La suddetta pronuncia si fonda sui principi di diritto espressi dalle Sezioni Unite della Cassazione che, componendo un contrasto di giurisprudenza, hanno affermato, in che la banca negoziatrice chiamata a rispondere del danno derivato, per errore nell’identificazione del legittimo portatore del titolo, dal pagamento dell’assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola non trasferibilità a persona diversa dall’effettivo beneficiario, è ammessa a provare che l’inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’art. 1176, comma 2, c.c. (Cass. Sez. U. 21 maggio 2018, n. 12477).

Falsificazione della firma per far espatriare la figlia minore senza il consenso dell’altro genitore

Considerazioni sulla scorta di un caso giudiziario e di cronaca di interesse grafologico in tema di tutela del minore.

Recentemente, a metà dicembre di quest’anno, è stata diffusa la notizia della sentenza di condanna ad otto mesi di reclusione pronunciata dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di una madre che aveva falsificato la firma del marito per ottenere il rilascio del documento valido per l’espatrio per la figlia minore e ciò al fine trasferirsi all’estero interrompendo i rapporti padre-figlia.

I fatti  risalgono al 2016 ma la tematica è di estrema attualità  perché la disgregazione della coppia genitoriale sovente sfocia nella condotta ostativa dell’uno verso l’altro genitore ed il trasferimento del figlio all’estero, quand’anche circoscritto ad un limitato arco temporale, rappresenta  la fattispecie che, in via di fatto,  recide il rapporto genitoriale con conseguenze gravi per il minore, basti pensare all’impatto nella sfera psicologica conseguente alla repentina interruzione dei contatti con uno dei genitori.

 A ben vedere,  la normativa italiana mira ad evitare tali accadimenti essendo necessario il consenso di entrambi i genitori  ai fini del rilascio  al minore del documento valido per l’espatrio, in quanto l’art. 3 della Legge n. 1185/1967 (norme sui passaporti) prevede che “non possono ottenere il passaporto” i minorenni senza l’assenso dei genitori quali esercenti la responsabilità genitoriale.

Nel caso sopra richiamato, del quale non si conoscono i dettagli processuali, evidentemente la madre della bambina è stata ritenuta responsabile di aver  falsificato la firma dell’altro genitore al fine di manifestare la sussistenza proprio di quel consenso richiesto dalla normativa in tema di documenti validi per l’espatrio che, giova evidenziarlo, è posta  a tutela dei minori.

Difatti, con la riforma di cui alla Legge n. 219/12 ed al successivo D.lgs. n. 154/13 il legislatore, includendo espressamente tra “le decisioni di maggiore interesse per i figli” anche quella riguardante l’individuazione della residenza abituale del minore, ha  stabilito che la scelta sia assunta da entrambi i genitori e che solo nei casi di insanabile disaccordo tra quest’ultimi la stessa sia rimessa al giudice (artt. 316 e 337 ter c.c.).

Anche in caso di collocamento “prevalente” del minore presso uno dei genitori, o di  affidamento esclusivo, la scelta relativa alla sua  residenza deve essere, comunque, assunta da entrambi i genitori.

D’altronde anche il diritto alla libera circolazione di cui all’art. 16 Cost. che attribuisce a ciascun cittadino il diritto di  “uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge” trova delle limitazioni a salvaguardia dei figli, nell’alveo dei principi di cui agli artt. 30 e 31 Cost. e del principio del best interest of the child  che  trova la sua prima manifestazione nella Dichiarazione Universale dei diritti del fanciullo del 1959.

La recente condanna, quindi, comporta delle riflessioni in merito all’ampia portata di  una condotta criminosa che non  solo lede  il soggetto di cui viene falsificata la firma ma anche quelli del minore coinvolto.

In tale ambito, il professionista grafologo costituisce un valido ausilio per evidenziare e portare alla luce eventuali condotte illecite di falsificazione delle firme e di sostituzione di persona.

Gabriele Colasanti

Avvocato del Foro di Roma

Tipi di testamento

Patrizia Belloni

grafologa giudiziaria

Il testamento come già ricordato è l’atto reversibile con il quale una persona dispone, per quando avrà cessato di vivere, di tutte le sostanze o parte di esse, è un atto mortis causa perché la sua funzione consiste nella determinazione della sorte dei rapporti patrimoniali in conseguenza alla morte del testatore, è un atto formale ed essenzialmente unilaterale, ovvero è sufficiente un’unica manifestazione di volontà cioè quella del testatore per essere efficace.
Il testamento si suddivide in due categorie, può essere ordinario o speciale, nell’ambito della prima categoria la legge distingue il testamento olografo (cioè scritto di proprio pugno) da quello redatto per atto notarile il quale a sua volta può essere pubblico o segreto.
I testamenti speciali rappresentano invece particolari forme di testamento pubblico riconosciute soltanto per determinate situazioni o circostanze.
“Sono consapevole di escludere da ogni diritto e titolo su ogni mio bene…. In quanto si sono sempre disinteressate ad ogni mia anche piccola esigenza, in sostanza non si sono mai curate di me”
Una frase emblematica, scritta da una signora deceduta pochi mesi or sono e di cui mi sto occupando come consulente della parte convenuta, una frase che esprime tanta solitudine, ed ogni volta che leggo nei testamenti olografi questo triste passaggio fa male anche perché spesso ciò accade anche con i figli che dimenticano i propri genitori.
Si tratta di una persona colta e benestante, nubile che si è dedicata al lavoro per tutta la vita e non avendo avuto figli le sue attenzioni quasi materne sono state dedicate alle sue nipoti figlie di una sorella, la storia si ripete, finché queste nipoti erano piccole ma anche fino all’età adolescenziale questa zia era al centro delle loro attenzioni e viceversa, viaggi, gite scolastiche, le feste di compleanno… poi a mano a mano che il tempo passa e le priorità sono altre per queste due ragazze la zia quasi non esiste più.
Ha fatto bene a diseredarle? Ha compiuto un atto vendicativo e cinico?
Certamente non possiamo giudicarla, a volte la solitudine gioca un ruolo che è difficile da accettare, ci si sente traditi ed abbandonati dalle persone più care.
Però queste due ragazze si sono ricordate di questa loro zia tanto generosa e amorevole soltanto dopo la sua morte, ed avendo appreso la triste notizia – naturalmente di essere state diseredate queste hanno pensato bene di impugnare il testamento in quanto ritenuto falso, ovviamente da loro, quindi hanno dato luogo ad un procedimento civile impiantato sul nulla.
I beneficiari dell’eredità si sono rivolti a me nominandomi consulente di parte (convenuta) e sono ben felice di questo incarico dal momento che il testamento e la firma sono autentici.
La Signora C.S. (le iniziali per la privacy) circa due anni fa decide di fare testamento, alla soglia degli ottanta anni, e si è avvalsa della modalità Testamento Segreto, in cosa consiste?
Viene scritto in privato di proprio pugno perché scrivere personalmente il contenuto sembra dare al testatore l’impressione di esprimere meglio le proprie volontà, ma poi consegnato a un Notaio in una busta chiusa, con la presenza di due testimoni, a sua volta il notaio redige una dichiarazione che quel giorno in quell’ora la Signora C.S. consegna “brevi manu” le proprie ultime volontà, il tutto viene chiuso in un’altra busta insieme al testamento e naturalmente sigillata dal Notaio – Pubblico Ufficiale.
Questa modalità è un’ottima combinazione tra testamento olografo e pubblico perché da un lato soddisfa il desiderio di scrivere personalmente il proprio testamento in tutta segretezza (come l’olografo) dall’altro lato il vantaggio di garantire tramite il deposito presso un Notaio di fiducia la conservazione dell’atto e la sua certa reperibilità al momento opportuno.
Infatti gli svantaggi del testamento olografo sono svariati, può essere smarrito o distrutto ovvero sottratto per opera di terzi interessati, può essere falsificato, la sua autenticità può essere negata, allocando all’erede testamentario l’onere probatorio.

L’apocrifia della firma apposta sui moduli per il rilascio del
passaporto per il figlio minorenne

Sulla scrivania dei grafologi vengono sottoposti, con maggiore frequenza, i casi di falsificazione delle firme apposte da uno dei genitori di figli minorenni sulla modulistica per il rilascio del passaporto o della carta di identità valida per l’espatrio.

Si deve premettere che la vigente formulazione dell’art. 3 della legge n. 1185/1967 (norme sui passaporti) prevede che “non possono ottenere il passaporto” i minorenni senza l’assenso dei genitori, quali esercenti la responsabilità genitoriale, nonché i genitori che avendo “prole minore” non abbiano l’assenso dell’altro genitore ovvero, in mancanza, l’autorizzazione del Giudice tutelare.

Analogo consenso occorre per il rilascio della carta di identità valida per l’espatrio. In concreto, per il rilascio del passaporto ad un soggetto minorenne basta la presenza di uno solo dei genitori perché il consenso dell’altro genitore se “impossibilitato a presentarsi per la dichiarazione” presso gli uffici della Questura, può essere attestato allegando alla richiesta di rilascio del passaporto una fotocopia del documento del genitore assente firmato in originale (il documento deve essere firmato per il confronto delle firme) con una dichiarazione scritta di assenso all’espatrio firmata in originale ai sensi del DPR 445 del 2000 legge Bassanini.

In tale contesto si verificano i casi di falsificazione delle firme in alcuni casi apposte dall’altro genitore interessato al rilascio del documento per l’espatrio ed in altri casi ad opera dello stesso figlio minorenne che interessato alla partenza all’estero ed incaricato di raccogliere il consenso del padre o della madre provveda esso stesso ad apporre la firma sulla modulistica.

La giurisprudenza di merito ha ravvisato la fattispecie di reato della “falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico” (art. 483 c.p.) nell’ipotesi dell’apposizione della firma apocrifa dell’altro genitore nella modulistica di rilascio del passaporto. Per contrastare tali condotte illecite ed a salvaguardia dei minori, gli uffici della Questura effettuano delle verifiche apposte tra la firma presente sulla modulistica e quella del documento di identità, in tali casi viene interpellato il genitore assente presso gli uffici e firmatario allo scopo di confermare o meno la circostanza del prestato consenso. Diversamente, la falsità commessa viene alla luce con la conoscenza del viaggio all’estero mediante la pubblicazione di fotografie, il racconto da parte di amici, conoscenti ovvero in sede di rendicontazione delle spese sostenute per il figlio minore. Si può verificare anche il disconoscimento postumo e/o comunque strumentale da parte del genitore che aveva prestato il consenso ma, facendosi forza sulla propria assenza negli uffici pubblici, ritenga di rinnegare la propria sottoscrizione.

Tralasciando i tecnicismi circa le modalità per la validità di detto disconoscimento si può concludere affermando che i contrasti genitoriali fra persone non più unite dal legame sentimentale ben può richiedere il supporto del professionista grafologo anche nelle procedure che, di primo acchito, possono sembrare di routine. Senz’altro non appare opportuno ricevere la sottoscrizione dell’altro genitore per tramite del minorenne e/o di terze persone occorrendo, invece, dialogare direttamente con il firmatario della modulistica.

Gabriele Colasanti

Avvocato del Foro di Roma