Le pareti dei bagni pubblici, ovunque questi si trovino, presentano il comune fenomeno delle scritte anonime, lasciate da diversi autori e con vari intenti che confidano di rimanere nella totale oscurità, in ragione della più assoluta riservatezza del luogo.
Insomma una zona franca dai sistemi di videosorveglianza e da altre forme di vigilanza diretta.
Si tratta di un vero fenomeno sociale che non risparmia alcuna area territoriale da nord a sud, da est a ovest.
In alcuni casi la scritta o il disegno per quanto volgari e censurabili per l’evidente danno arrecato ai rivestimenti dei servizi igienici, non sono destinati ad offendere qualcuno in maniera mirata, rimanendo quale testimonianza di malcostume e inciviltà.
In altri casi l’autore dell’anonima scrittura, ben consapevole di poter arrecare un serio danno al bersaglio prescelto, lascia in una o più occasioni, in uno o più bagni pubblici, frasi ingiuriose dell’altrui reputazione.
Questi ultimi casi rivestono, senza alcun dubbio, rilevanza penale e le conseguenze per la vita delle vittime delle scritte diffamatorie, possono andare ben oltre al danno alla reputazione e all’immagine della persona.
A chi non è capitato, viaggiando in auto, di doversi fermare in un’area di servizio, per fruire dei servizi igienici e di trovare scritte vergate a mano, in cui si fa credere che il diretto interessato, abbia lasciato un proprio annuncio pubblicitario, per prestazioni di carattere sessuale, con l’indicazione del recapito telefonico per essere contattato?
Solo una visione superficiale, può liquidare la questione come uno scherzo di pessimo gusto.
No, non si può pensare di definire il fatto così sbrigativamente, perché tra le migliaia di persone che si serviranno di quella toilette, ve ne saranno immancabilmente alcune che chiameranno quel numero, ritenendo di trovarsi di fronte ad un annuncio, lasciato dall’intestatario dell’utenza telefonica.
Lo dimostrano alcune delle vicende giudiziarie sviluppatesi in seguito alle denunce di simili episodi, approdate sino ai giudici della Corte di Cassazione.
Le vittime perloppiù donne, dopo la comparsa dell’anonimo annuncio a sfondo sessuale, sono state contattate ripetutamente, da uomini che senza alcun problema gli hanno riferito di aver trovato il recapito telefonico, in un bagno pubblico posto all’interno di un’area di servizio.
Ma ci si può difendere efficacemente da simili fatti? Ed è possibile risalire al colpevole?
Proverò a fornire delle risposte che possano tornare utili in caso di bisogno.
E’ bene chiarire che scrivere falsi annunci in forma anonima sulle pareti dei bagni pubblici, facendo credere che l’intestataria dell’utenza telefonica sia una prostituta o una persona dedita ad altre attività licenziose, integra diverse ipotesi di reato, quali la diffamazione, art. 595 c.p.; il trattamento illecito di dati, art. 167 codice privacy; gli atti persecutori, art. 612 bis c.p.; molestia o disturbo alle persone, art. 660 c.p.
Da quanto detto ne deriva che la persona offesa anche da uno solo dei suddetti reati può rivolgersi all’Autorità giudiziaria per chiedere l’identificazione e la punizione del responsabile.
Gli atti tipici previsti dal codice di procedura penale per mettere in moto il sistema giudiziario, attraverso le indagini preliminari, sono la denuncia e la querela che la parte offesa può presentare direttamente o per tramite di un procuratore speciale, presso la Procura della Repubblica territorialmente competente o in qualsiasi commissariato della polizia di Stato o comando Stazione carabinieri.
La proposizione della denuncia o della querela è l’unico modo per ottenere dei risultati concreti per evitare il protrarsi dello stato di impunità agli autori delle telefonate moleste, individuare esattamente il luogo ove sono comparse le scritte diffamatorie, acquisirle come elemento di prova e rimuoverle in maniera definitiva.
La localizzazione delle scritture anonime e la loro acquisizione è di fondamentale importanza nella ricerca del responsabile del reato, risultando risolutivo in alcuni episodi in cui oltre alle scritture anonime, si è potuto disporre delle scritture comparative, appartenenti al sospettato che spesso coincide, con la persona con la quale si è avuta una relazione sentimentale o di amicizia, conclusasi negativamente.
Come citato, poc’anzi, l’acquisizione della scrittura anonima può consentire ad un grafologo giudiziario di poter dare un nome al suo autore, a condizione di avere scritture comparative di una o più persone sospettate.
Roberto Colasanti
Criminologo investigativo e della sicurezza