Le sorti della scrittura nell’era del digitale.

Claudia Ducci

Claudia Ducci

Scrivere o digitare? Sembra essere ormai questo il nuovo “dilemma” dei nostri giorni. Il caso che ha fatto discutere è stata la decisione della Finlandia di abolire il corsivo da Agosto 2016, favorendo la diffusione dello stampatello, considerato metodo più veloce ed anche più facile. Tale forma di scrittura è più simile alle lettere delle tastiere degli strumenti tecnologici e quindi può facilitare l’apprendimento, da parte dei bambini, dell’uso degli strumenti digitali. E’ una decisione che, al momento, suscita eco e pone dubbi e discussioni. La Finlandia è senza dubbio uno dei paesi con un sistema educativo e scolastico tra i migliori e pone sempre molta attenzione riguardo lo sviluppo dei bambini. Come interpretare quindi tale decisione? Sicuramente è una scelta che guarda al futuro, alle nuove generazioni ed al loro inserimento in una società ormai altamente informatizzata. E’ quindi necessario dare ai ragazzi in formazione, le capacità di padroneggiare le moderne tecnologie ormai entrate non solo nel mercato del lavoro ma anche nell’uso quotidiano. Sarà quindi il tempo a darci la risposta, a indicarci se la strada intrapresa sia quella giusta. Per compensare quelle capacità che, all’aumentare della scrittura digitale a scapito di quella tradizionale, andranno scemando, la Finlandia ha affiancato attività manuali ausiliarie e di supporto, come il disegno, la pittura ed altri attività manuali. Speriamo che tali attività siano sufficienti a compensare quelle capacità, come già detto, che potrebbero subire un progressivo decadimento. Vari studi eseguiti da ricercatori nel campo delle neuro scienze, negli Stati Uniti ed anche in Italia, hanno messo in relazione la diminuzione della capacità grafo motoria ad una diminuzione della memoria, delle capacità di orientamento spaziale e della percezione delle relazioni temporali. Si potrebbe quasi dire che il flusso del pensiero proveniente dal cervello e che si tramuta in azione, subisca una interruzione.

L’altra faccia del problema è rappresentata, ad esempio, dalla Cina dove la scrittura tradizionale non ha subito alcun ridimensionamento. Anzi, i maestri di calligrafia contano molti allievi e , tra di essi, anche molti bambini. Stiamo parlando della tradizionale scrittura cinese, effettuata con il pennello e decretata, dall’Unesco, patrimonio dell’umanità.

Sono quindi due decisioni in contraddizione tra loro oppure due diverse angolazioni di un medesimo problema? Forse la soluzione, come spesso avviene, è una mediazione tra gli opposti. Favorire sì l’acquisizione di capacità tecnologiche ma non perdere il patrimonio umano che ci permette di non asservirci completamente alle tecnologie.

In ultimo è da notare come proprio in questi tempi , dove tutto è informatizzato e corre veloce, ci siano richieste e bisogni completamente diversi. Crescono infatti i corsi di disegno, di calligrafia, di scrittura in base alla domanda di persone che ricercano la loro natura profonda, cercando di riappropriarsi di qualcosa di unico ed insostituibile: un segno, un disegno, una traccia di colore che già altri hanno lasciato prima di noi per comunicarci la loro esistenza. Per noi ciò rappresenta la continuità, il filo dell’esistenza che ci lega e ci tiene uniti. Forse per questo motivo anche noi sentiamo un bisogno imperioso di lasciare un segno, una traccia per poter testimoniare: “Io c’ero!”

Claudia Ducci

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